Dieci milioni di esseri umani pesano. E pesano anche i grattacieli di cui va orgogliosa Giacarta, la perla dell’Indonesia, capitale della nazione islamica più popolosa del mondo. Costruita su un bassopiano a soli sette metri sul livello del mare, la megalopoli affonda ogni giorno di più sotto il proprio peso. Grandi settori urbani, soprattutto a nord, sono già scesi sotto il livello marino. Risultato: inquinamento delle falde acquifere e, per effetto dell’orografia, una propensione alle inondazioni ormai preoccupante anche per un Paese abituato a tifoni e altri disastri. Secondo le rilevazioni del Bandung Institute of Technology, entro il 2050 il 95% dell’area della capitale, che sorge sull’isola di Giava, verrà sommerso.
Il progetto (scartato) del muro
Questa volta, l’ennesimo muro sarebbe stato costruito non per tener fuori delle persone, ma le acque dell’oceano pacifico. L’idea era quella di innalzarlo a partire dai fondali di fronte alla città, con isole e ponti che avrebbero ampliato notevolmente la superficie urbana. Il progetto avrebbe potuto essere realizzato entro il 2025, ma presentava dei punti deboli, a cominciare dai rischi per l’ambiente: danni all’ecosistema (per esempio alla barriera corallina), alterazione di correnti e conseguenti minacce alle isole naturali dell’area.
Traslocare la capitale
Il presidente indonesiano Joko Widodo ha proposto di traslocare la capitale «nel Borneo». «Vi chiedo il permesso di spostare la nostra capitale nazionale nella provincia di Kalimantan – ha detto Widodo in Parlamento, in un discorso tenuto in occasione del 74esimo anniversario dell’indipendenza dall’Olanda (17 agosto) – Una capitale non è soltanto il simbolo dell’identità nazionale ma anche la proiezione del progresso del Paese. Dunque questo passo serve per raggiungere maggiore equità economica e sociale». Joko Widodo, che ad aprile è stato rieletto per un secondo mandato, è da poco rientrato da un viaggio proprio nel Borneo, isola che l’Indonesia condivide con la Malaysia e il piccolo sultanato del Brunei.
Il Borneo è noto per le sue foreste pluviali, gli oranghi, le miniere di carbone e le molte tribù primitive che vivono nella giungla. Nel complesso ha 16 milioni di abitanti, pochi più della sola Giacarta, e una vita relativamente tranquilla. L’Indonesia invece, oltre 17 mila isole e 270 milioni di cittadini, soffre in gran parte per la sovrappopolazione e i frequenti terremoti-maremoti e le eruzioni vulcaniche.
Naturalmente, costruire una nuova capitale non sarà una cosa semplice. Il ministro della Pianificazione Bambang Brodjonegoro ha stimato nell’equivalente di 33 miliardi di dollari i costi del progetto. I lavori per realizzare il nuovo centro politico-amministrativo del Paese, che si collocherà tra le città esistenti di Balikpapan e Samarinda, dovrebbero iniziare nel 2021 per concludersi nel 2024.
Il timore è che, per risolvere un disastro ambientale, se ne causi uno nuovo. Preoccupano la deforestazione, che in Borneo è già aumentata per fare posto a piantagioni di palme, e il futuro della fauna (gli oranghi sono una specie in via di estinzione). E poi: che ne sarà di Giacarta? Domande a cui Widodo deve trovare una risposta, mentre cerca un nome per la sua nuova capitale.