Geopod Ep.9 – Il mercato delle armi

Il commercio mondiale di armi, negli ultimi anni, ha visto aumentare il suo valore. Da una parte la guerra in Europa accelera la corsa agli armamenti in diversi Paesi, dall’altra, però, la diffusione di armi, sia per usi militari che privati, era in crescita già da prima e ha sicuramente altre origini.

Che sia per scopi militari o per uso personale le armi giocano sempre un ruolo importante nella geopolitica mondiale e nell’economia dei Paesi, sia in tempi di pace che di guerra. Tra il 2016 e il 2020, per esempio, Stati Uniti, Russia Francia, Germania e Cina hanno coperto da sole il 76% del volume totale delle esportazioni globali. Anche l’Italia è tra i primi 10 esportatoti. Nello stesso periodo ha coperto il 2,2% del totale esportato e, dopo una breve flessione dovuta alla pandemia, l’industria italiana delle armi ha ripreso la crescita. Il governo italiano ha autorizzato nel 2021 l’esportazione di materiale bellico per un totale di 4,661 miliardi di euro e l’importazione per un totale di 679 milioni.

I Paesi che invece hanno importato più armi sono Arabia Saudita, India, Egitto, Australia e Cina. Il più importante cliente dell’industria bellica italiana nel 2021 è stato il Qatar con 813,5 milioni di euro spesi, seguito dagli Stati Uniti, con una spesa di 762 milioni.

Al comparto militare va sommato quello sportivo e commerciale. Secondo l’Associazione nazionale dei produttori di armi e munizioni sportive e civili, il comparto di armi a uso sportivo rappresenta in Italia una parte importante delle esportazioni del settore. Saremmo, infatti, il più importante Paese esportatore al mondo di armi sportive e commerciali e di munizioni, nonché i primi produttori in Europa di armi per lo sport e per la caccia, coprendo da soli circa il 60% dell’intera offerta europea. In particolare, il 45% di quello che viene prodotto per questo settore andrebbe verso gli Stati Uniti.

Il mercato americano è inondato di armamenti di ogni genere. Nel rapporto interministeriale stilato a fine maggio, il primo di questo genere negli Stati Uniti, è emerso che tra il 2000 e il 2020 il Paese ha importato 71 milioni di armi da fuoco, mentre ne ha esportate solo 7,5 milioni, quindi è aumentato ulteriormente il quantitativo già disponibile sul mercato statunitense. Parallelamente il numero di aziende operative nell’industria delle armi si è moltiplicato per sette. Di conseguenza la produzione annua di armi da fuoco destinate alla vendita commerciale è cresciuta del 205%. Se si combinano, poi, questi dati con quello degli omicidi si capisce perché l’amministrazione Biden stia cercando di correre ai ripari. Secondo il rapporto governativo il numero di omicidi ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 25 anni. Nel 2020, per esempio, sono stati censiti 19.350 omicidi, segnando un aumento del 35% rispetto al 2019.

Il problema principale risiede nella facilità con cui si può ottenere un’arma. Sebbene a Washington si sia raggiunto un accordo per aumentare i controlli sugli acquirenti di armi, procurarsene una potrebbe non essere così complicato neppure in futuro. Il rapporto ha sottolineato la crescente diffusione di armi in kit, cioè fatte di pezzi che possono essere assemblati in casa, al costo di poche centinaia di dollari. Ad aprile il presidente Joe Biden ha rafforzato la regolamentazione sulla loro vendita, obbligando i rivenditori a verificare tutti i precedenti degli acquirenti e a inserire un numero di serie sulle varie parti da assemblare, ma c’è da considerare che molti di questi pezzi vengono facilmente acquistati anche online e sarà comunque consentito possederli anche senza porto d’armi.

Gli Stati Uniti sono anche il Paese in cui si spende di più per il settore militare. Nel 2021 hanno investito il 3,7% del loro Pil, oltre 800 miliardi di dollari, ossia il 38% della spesa militare di tutto il mondo. Anche negli altri Paesi aumenta l’investimento nella difesa. La Cina ha previsto per il 2022 un aumento del 7,1% della propria spesa militare. Alzano il budget militare anche Giappone, che segna così un nuovo record, e la Gran Bretagna, che arricchisce la sua dotazione di 260 testate nucleari. Persino la Germania e la Svezia spenderanno di più. La prima investirà per la difesa 100 miliardi di euro in tre anni, mentre la Svezia ha annunciato che aumenterà la sua spesa del 50%, per arrivare a investire il 2% del Pil come richiesto dalla Nato, in vista di una possibile adesione.

Nel 2014, infatti, la Nato ha chiesto a tutti gli Stati membri di portare la spesa militare al 2% del Pil entro il 2024. La spesa militare italiana nel 2021 è stata di circa l’1,5% del Pil, sfiorando i 25 miliardi di euro. Il nostro Paese però, così come la Germania, ha annunciato la sua adesione alla richiesta della Nato subito dopo l’invasione dell’Ucraina, affermando che l’obiettivo verrà raggiunto, anche se con un po’ di ritardo, nel 2028.

In conclusione, abbiamo visto che nonostante si sia parlato molto in questi giorni delle conseguenze legate alla diffusione delle armi, il mercato è in espansione, trainato sia dalle spese militari che dall’uso di armi da parte dei comuni cittadini.

Puoi ascoltare qui le altre puntate di Geopod, il podcast di geopolitica.

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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