Al di là di Edirne, la città turca di frontiera con Grecia e Bulgaria, ci sono loro: migliaia di profughi siriani in cerca di raggiungere l’Europa. “Parliamo di 130.000 persone” – secondo il ministro dell’Interno turco Suleyman Soylu – una cifra dieci volte superiore a quella riferita dal governo di Atene, un’orda di rifugiati in cammino verso il vecchio Continente.
L’altra zona calda della crisi dei migranti è sul fiume Evros, al confine Greco – Turco, laddove fra campi e arbusti si annidano siriani, afghani, pachistani. Qualcuno prova a guadare le acque del fiume a nuoto o su un canotto, ma chi riesce a passare viene accolto dai manganelli e dai lacrimogeni dei militari. A Kastanies il fiume è più facile da attraversare, mentre a nord c’è la Bulgaria con le sue montagne.
Un’altra terra di confine, situata alle porte dell’Asia minore, è l’isola di Lesbo, ora terra dove finisce l’Europa, in cui i militari presidiano strade e spiagge, e luogo della prima vittima dell’esodo: un bambino siriano di sei anni che viaggiava su gommone rovesciatosi a pochi chilometri dalla riva.
EU throws support behind Greece in refugee conflict with Turkey https://t.co/NHzrMOuzNl pic.twitter.com/xx0PaHFb4v
— Al Jazeera Breaking News (@AJENews) March 3, 2020
L’intervento della Ue
Con l’intensificarsi dei flussi migratori, i vertici dell’Unione europea, hanno raggiunto, nella mattinata di oggi, martedì 3 marzo, il distretto greco in cui avvengono i “respingimenti”. “Manterremo la linea e la nostra unità prevarrà. È tempo per un’azione concertata, basata sui nostri valori, e per il sangue freddo. La Turchia non è un nemico e le persone non sono mezzi per raggiungere un obiettivo. Faremo meglio a ricordarci di entrambi nei giorni a venire” – parole forti quelle della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen – “grazie alla Grecia per essere il nostro scudo”.
Intanto l’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrell, insieme al commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarcic, sono in visita in Turchia per valutare la situazione. Ma il Governo greco ha sospeso per un mese l’esame delle domande di protezione internazionale, senza alcuna preventiva consultazione con Bruxelles.
Domani sera è prevista una riunione straordinaria dei ministri dell’Interno della Ue, mentre i ministri degli Esteri si riuniranno venerdì 6 marzo a Zagabria, sempre su richiesta di Josep Borrell. L’Unione europea esamina la questione migratoria auspicando il conseguimento di un nuovo accordo con Recep Tayyip Erdogan, dopo il rifiuto di un miliardo di euro offerto da Bruxelles.
Nonostante vi sia in atto un’emergenza umanitaria tiene banco il rimpallo di responsabilità fra gli stati interessati: così i turchi accusano i greci di aver ucciso due migranti, mentre Atene, intenta nel fermare una vero esodo, rimprovera Ankara di minare la sicurezza nazionale dei greci, e ancora, i militari turchi aiuterebbero i profughi a tagliare le recisioni fornendogli delle tenaglie.
Starting my visit to #Greece to assess efforts to protect the border. Flying along the Evros river to inspect the situation on the Greek-Turkish border along with 🇬🇷 PM @kmitsotakis, @EP_President David Sassoli, @eucopresident Charles Michel and 🇭🇷 PM @AndrejPlenkovic. pic.twitter.com/CFboLsSUsr
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 3, 2020
Gli accordi precedenti
L’ondata migratoria non è paragonabile a quella del 2015, quando la Germania accolse un milione di profughi, ma è allo stesso modo preoccupante. Nel 2016 la Turchia raggiunse l’intesa con la Ue per il contenimento dei flussi migratori in cambio di aiuti per 6 miliardi di euro.
“L’Ue non ha rispettato la sua parte dell’accordo” per contenere i migranti in territorio turco “e continua ad applicare il doppio standard”, così Erdogan non sembrerebbe intenzionato a limitare l’esodo, puntando ad alzare il prezzo di un eventuale cooperazione, ““l’onere per i migranti” non è stato condiviso”, aggiunge. Forse una possibile svolta potrebbe esserci il 5 marzo a Mosca, nel vertice fra Putin e il leader Turco.