In Ecuador ha vinto la piazza. Dopo dodici giorni di protesta, la delegazione degli indigeni è riuscita a ottenere dal presidente Lenin Moreno il ritiro della proposta che prevedeva l’eliminazione del sussidio statale sul carburante. Il 4 ottobre il presidente Moreno ha dichiarato lo stato d’emergenza, della durata di due mesi dopo che, il 1 ottobre, durante lo sciopero nazionale contro il piano di riforma economica annunciato dal governo, c’erano stati diversi scontri tra la polizia e i manifestanti e ha trasferito le attività di governo dalla capitale Quito alla città costiera di Guayaquil. La riforma, richiesta al governo dal Fondo Monetario Internazionale in cambio di un credito da 4,2 miliardi di dollari per aiutare l’economia del paese, prevedeva il taglio dei sussidi che mantenevano bassi i prezzi del carburante contestato duramente da tassisti, camionisti e autisti di autobus.
Centinaia di persone delle comunità indigene, durante i giorni di fuoco, sono riuscite a fare irruzione nella sede dell’Assemblea nazionale a Quito, prendendone il controllo. Sulle proteste in Ecuador ha aleggiato, secondo Moreno, lo spirito di Maduro. In un discorso televisivo il presidente ha accusato i suoi oppositori, sostenuti dal presidente del Venezuela Nicolas Maduro, di stare organizzando un colpo di stato. Ha attaccato particolarmente l’ex presidente e l’ex alleato Rafael Correa. Le proteste di questi giorni sono state le più grosse e le più violenti negli ultimi anni e sono state guidate dalla popolazione indigena. In pochissimi giorni sono state arrestate più di duemila persone e oltre 3mila persone sono state accolte dai salesiani.
Le cause
Il mutuo del Fondo Monetario Internazionale è la causa della crisi in Ecuador. L’ultimatum del Fmi ha reso complicata la relazione tra Moreno e il popolo. Il prestito prevede una condizione dura: introdurre delle misure economiche severe nel Paese. Le conseguenze sono state devastanti nello Stato con incendi, cinque morti, 200 feriti feriti, arresti, coprifuoco e cancellazione di voli interni. Oltre il coprifuoco, era stata prevista la militarizzazione nel distretto metropolitano di Quito per aiutare le forze di sicurezza a sedare le violente proteste. Durante uno degli assalti era stato bruciato l’archivio del fisco posto all’interno del ministero delle Finanze. Quanto accaduto in Ecuador ha scatenato numerose polemiche, tra cui quella del premio Nobel Joseph Stiglitz che ha accusato il Fondo di essere manovrato da poteri economici e politici del Nord del mondo incapace di ascoltare le condizioni dei Paesi più poveri e favorire quelli in via di sviluppo.
La risoluzione
Dopo quattro ore di trattative è stato raggiunto all’alba un accordo tra la delegazione degli indigeni ecuadoriani (Conaie) e il presidente Moreno. Il capo del governo ha deciso di cedere alle pressioni e revocare il decreto con il quale cancellava il contributo statale per il carburante. Il prezzo di benzina e diesel scenderà ai livelli pre-crisi e il decreto 883 sarà sostituito con un nuovo provvedimento. In base all’accordo sarà creata una commissione a cui parteciperanno il governo e i rappresentanti dei manifestanti, per concordare nuovi interventi in materia di politica economica.