Una potenza mondiale che non riesce a garantire ai suoi cittadini il rispetto di un diritto costituzionale. È questa la contraddizione emersa dalle parole di due giudici della Corte Suprema indiana. Il 25 novembre hanno ingiunto al governo e ai rappresentanti delle amministrazioni degli stati confinanti con New Delhi di risarcire i propri cittadini se non riescono a fornire l’accesso ad aria e ad acqua pulite.
Punjab, Delhi e Haryana sono infatti considerati responsabili dell’elevato inquinamento della capitale indiana. Danni alla salute di 20 milioni di persone e traffico aereo nazionale e internazionale in tilt sono i risultati della fitta nube di smog che ha avvolto Nuova Delhi per giorni. «Questo è un narak, un inferno: piuttosto che continuare così, in una camera a gas, perché non prendete 20 pacchi di esplosivo e non li sterminate tutti, in una sola volta?», queste le dure parole utilizzate dai giudici della Corte Suprema indiana, Arun Mishra e Deepak Gupta.
La sentenza arriva all’indomani di un periodo critico per la capitale. Agli inizi di novembre il Comitato di esperti nominato dalla Corte Suprema indiana ha parlato di emergenza per la salute pubblica. L’indice che misura le particelle velenose presenti nell’aria (AQI, Air Quality Index) aveva raggiunto il limite di 480 alle 13 ora locale, oltre 200 punti in più rispetto al limite entro il quale l’aria non è considerata pericolosa, fissato a 200. L’Epca, organismo per la prevenzione e il controllo dell’inquinamento, aveva bloccato in quell’occasione i cantieri e i lavori di costruzione nella capitale, nel tentativo di limitare le emissioni inquinanti. A metà novembre la media di AQI era pari a 560.
L’incapacità dell’India di limitare l’inquinamento è emersa nelle drammatiche parole pronunciate dal giudice Mishra durante l’udienza: «Il governo non può garantire aria e acqua pulita ai suoi cittadini nella capitale. Allora a cosa serve tutto questo sviluppo? Che senso ha essere una potenza mondiale? Ci siamo coperti di ridicolo, tutto il mondo ci deride per la nostra incapacità».
Entro sei settimane gli Stati confinanti con la capitale dovranno fornire un resoconto dettagliato delle misure adottate per combattere il fenomeno dell’inquinamento.