Coronavirus, prove di lockdown nel mondo (I parte)

Il nuovo scontro politico sul coronavirus si gioca tutto su una parola: convivenza. Che sia il passo successivo nella vita di una coppia o lo strumento per superare il ‘blocco’ economico e sociale dato dalla pandemia, il termine – come al solito – spaventa e, in questo caso, alimenta polemiche. In Italia, in particolar modo. Da quando il Governo si è mostrato disponibile a ridurre le restrizioni del lockdown, molti Governatori – soprattutto quelli del Sud – si sono mostrati contrari e decisi a chiudere i loro confini da un possibile rientro dal Nord dei propri conterranei. E, se nel nostro Paese la convivenza con il virus è terreno fertile per un nuovo scontro tra Nord e Sud, in altri Stati sembrerebbe avere ottimi risultati. Dalla Germania alla Grecia, sono diversi i territori che stanno avendo una buona ripresa. Ma fuori dai confini europei cosa sta succedendo? Tra chi ancora sottovaluta la pandemia e chi adotta aspre e dure misure, il mondo è diviso. Il covid-19 si lascerà alle spalle un numero enorme di vittime. Il rischio è che per alcuni Stati – soprattutto quelli più poveri – non se ne esca tanto presto e che questa, causata anche dall’assenza (per una volta giustificata) di finanziamenti da parte dei Paesi più ricchi, si trasformi nella peggiore ecatombe sociale ed economica degli ultimi decenni.

L’Europa

Partiamo dal nostro continente. In Spagna, il 13 aprile, sono entrate in vigore le prime misure di alleggerimento delle restrizioni. Alcune aziende, in settori considerati non essenziali per l’economia, hanno riaperto mentre dal 27 aprile le restrizioni che riguardano i bambini saranno ammorbidite. Situazione diversa per bar, ristoranti, scuole ed enti culturali che rimarranno chiusi. Per loro, Sanchez chiederà al Parlamento un allungamento delle restrizioni almeno fino al 9 maggio per poi essere progressivamente allentate dall’11 maggio. Le misure volute dal governo spagnolo hanno alimentato, come in Italia, dure critiche nei confronti del primo ministro Pedro Sanchez, già accusato di essersi mosso male e in ritardo in un Paese che attualmente conta quasi 200mila contagi e 20mila morti.

In Grecia sono stati rilevati meno di 2mila casi. A favorire il Paese è la bassa densità di popolazione e l’adozione tempestiva di misure restrittive. Le scuole infatti hanno chiuso prima che avvenisse la prima morte e fino al 27 aprile sono stati sospesi gli spostamenti tra le isole. Inoltre, in vista della celebrazione della Pasqua ortodossa, avvenuta oggi 19 aprile, sono stati inaspriti i controlli di strade, porti e ferrovie. Alla popolazione è stato chiesto di spostarsi solo per motivi di estrema necessità. Il problema più grande sarà la crisi economica che, secondo alcuni, potrebbe costare dai 3 ai 5 miliardi di euro considerata la debolezza del sistema economico greco.

In Germania, dove si contano più di 130mila contagi, il distanziamento sociale sarà attenuato dal 3 maggio. Dal 4 maggio infatti riapriranno le scuole, dando la priorità agli studenti che dovranno sostenere gli esami. Già dal 20 aprile però riapriranno i negozi con dimensioni fino a 800 metri quadri. Sospesi comunque i raduni pubblici almeno fino alla fine di agosto.

In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha annunciato che le restrizioni – simili a quelle italiane – saranno valide fino all’11 maggio. Da quella data, se i contagi saranno diminuiti, sarà possibile riaprire le scuole e le università, ma rimarranno chiusi i bar, i ristoranti, gli alberghi e i musei.

In Danimarca, dove sono stati registrati più di 6mila casi e circa 300 morti, il 15 aprile i bambini fino a 11 anni sono tornati a scuola. Il governo danese è stato il primo ad allentare le restrizioni sulla scuola e il primo a imporre il blocco – avvenuto il 12 marzo – in tutto il Paese. I numeri sono diminuiti parecchio, ma nonostante questo per alcuni la scelta di riaprire le scuole è considerata rischiosa.

In Belgio, lo Stato europeo che negli ultimi giorni ha registrato il più alto livello di letalità, sono stati aumentati i tamponi tra gli ospiti e il personale di tutte le case di cura per anziani. Anche qui dal 18 marzo sono state imposte restrizioni simili a quelle italiane. Il governo belga non è stato comunque risparmiato dalle polemiche. Secondo alcuni, infatti, l’esecutivo ha dato una risposta tardiva all’emergenza.

Il Portogallo, che conta meno di 20mila contagi e poco più di 600 morti, è il Paese europeo che se la sta cavando meglio di tutti gli altri. Nonostante il sistema sanitario sia pessimo e il numero dei posti letto in terapia intensiva inferiore alla media europeo, lo Stato guidato da Antonio Costa ha reagito bene all’epidemia. Secondo alcuni, questo è dovuto sia all’adozione tempestiva delle restrizioni agli spostamenti, sia dal fermo rispetto delle regole da parte della popolazione. Anche se la risposta sanitaria è stata ottima, il Portogallo – che ha una delle economie più deboli dell’Europa – sarà costretto a subire la conseguente crisi economica.

In Regno Unito, il governo ha deciso di prolungare il lockdown fino all’8 maggio. Dopo un primo momento di incertezza anche in Gran Bretagna sono state imposte misure simili a quelle italiane. Il premier Boris Johnson è stato colpito dal coronavirus ed è stato ricoverato in terapia intensiva. Questo ha favorito l’adozione di misure più stringenti e in grado di contenere il contagio. Anche in Irlanda, dal 27 marzo sono state assunte misure simili a quelle italiane. Chiusura di scuole, bar, ristoranti e attività commerciali e uscite solo per motivi comprovati.

In Svizzera, il governo allenterà le misure dal 27 aprile. In una prima fase riapriranno le strutture che prevedono un numero limitato di contatti diretti. Gli ospedali potranno effettuare tutti gli interventi e riapriranno gli studi medici ambulatoriali, i parrucchieri, i saloni per massaggi, i centri estetici, i negozi per il fai da te e il giardinaggio e i fiorai. Nella seconda e terza fase (previste per l’inizio di giugno) riapriranno le scuole, gli altri negozi, le strutture ricreative, i musei, le biblioteche, i giardini e i mercati.

Fuori dal coro europeo, la risposta svedese. La Svezia, che ha aspramente attaccato i giornali italiani, ha lasciato aperto quasi tutte le attività comprese le scuole. Tra le ragioni portate avanti dal governo, c’è quella relativa al fatto che la quarantena non può essere imposta per periodi troppo lunghi. Inoltre lo Stato, oltre ad avere registrato casi più tardi rispetto a Italia o Spagna, è uno dei territori con la densità di abitanti più bassa d’Europa. A favorire la decisione, sembrerebbe essere per alcuni, anche un fattore culturale. Il governo ha fornito suggerimenti e raccomandazioni più che imposizioni e obblighi. E la popolazione ha colto con favore questi consigli. Nel territorio infatti si sono ridotti gli spostamenti, gli assembramenti e molti lavorano da casa. Ma nonostante questo, numerosi virologi, epidemiologi, medici e insegnanti criticano la linea intrapresa fino a ora dal governo considerato che i casi accertati sono più di 10mila e i morti più mille.

In Turchia il presidente Recep Tayyip Erdogan ha assunto i pieni poteri e vietato il cambio di sesso. Inoltre ha invitato la popolazione, visto che i gel disinfettanti sono andati a ruba, a utilizzare l’acqua di colonia – che ha un’elevata concentrazione alcolica – per disinfettare le mani. Già a marzo il governo ha cancellato i voli internazionali, chiuso le scuole e le università, sospeso gli eventi sportivi e la preghiera nelle moschee. Inoltre, ha imposto alle persone con più di 65 anni e meno di 20 di rimanere a casa.

In Islanda, dopo un mese dal primo contagio, è stata imposta la chiusura di bar, musei e piscine. Rispetto agli altri Paesi sono rimaste aperte le scuole e alcuni ristoranti purché rispettino il distanziamento sociale. Nessuna restrizione poi per i turisti provenienti dall’estero. I 14 giorni di quarantena sono richiesti solo agli islandesi che rientrano da territori con un alto numero di casi da covid-19. Probabilmente la contenuta diffusione del coronavirus è stata favorita da un ampio numero di test. Questo ha fatto sì che l’Islanda si classificasse come il Paese con il più alto numero di tamponi. A essere sottoposti, oltre coloro che presentano lievi sintomi, anche il personale sanitario. Tutti i cittadini possono comunque richiederne uno così da facilitare e isolare i famigerati asintomatici. Nonostante il successo del caso islandese non mancano le critiche da parte di chi ritiene che il Paese abbia preso misure troppo leggere. Lo Stato è stato probabilmente favorito sia dalla bassa densità di popolazione che dall’età dei suoi cittadini che, a differenza di Italia e Giappone, si attesta intorno ai 40 anni.

Il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, ha rifiutato di prendere qualsiasi misura contro il coronavirus. La Bielorussia è l’unico paese europeo dove si continuano a giocare le partite di calcio professionistico a porte aperte, con gli spettatori sugli spalti. Il ministro della Salute ha bocciato qualsiasi idea di imporre restrizioni o quarantene alla popolazione. Il presidente Lukashenko ha suggerito ai bielorussi di farsi una sauna «due o tre volte a settimana», sostenendo che il virus non sopravviva alle alte temperature; ha detto di «lavarsi le mani più spesso, fare colazione in orario, pranzare e cenare»; ha previsto che il virus sparirà del tutto entro Pasqua, che quest’anno le chiese ortodosse celebrano il 19 aprile, e ha sostenuto che «saranno di più le persone che moriranno per la disoccupazione e la fame, che per il coronavirus».

In Austria il cancelliere federale Sebastian Kurz ha presentato un piano che prevede una graduale ripresa delle attività nel rispetto di alcune precauzioni. Dal 14 aprile potranno riaprire i piccoli negozi, i self service e i vivai, e dal primo maggio anche i parrucchieri e altre attività ritenute a basso rischio. Sarà prevista anche una riapertura di bar e ristoranti a metà maggio mentre gli eventi saranno vietati fino a luglio. L’obbligo di indossare le mascherine, che ora vale solo all’interno dei negozi, verrà esteso anche ai mezzi pubblici.

La Repubblica Ceca è stato uno dei primi paesi in Europa a imporre misure molto restrittive a inizio marzo, quando ancora aveva meno di 200 casi accertati. Alcuni negozi hanno riaperto prima di Pasqua e altri dopo le festività. È stata consentita anche l’attività fisica all’aperto, ma a distanza di sicurezza. La Repubblica Ceca sta inoltre valutando di condurre dei test a campione nella popolazione, per avere dei dati della diffusione effettiva del contagio su cui basare le prossime mosse.

In Norvegia asili e scuole materne riapriranno tra il 20 e il 27 aprile, e dal 27 aprile ripartiranno anche le scuole primarie dal primo al quarto anno. Dal 20 aprile i norvegesi che lo vorranno, potranno spostarsi dalla città per raggiungere le case di montagna. I lavoratori invece continueranno a farlo da casa il più possibile.

America del Nord

Negli Stati Uniti la situazione continua a essere particolarmente angosciante. Questa però non sembrerebbe intimorire il presidente Donald Trump che già venerdì 17 aprile ha presentato ai governatori un documento con delle direttive non vincolanti per la riapertura graduale di negozi e scuole. Spaventato dalla crisi economica, che potrebbe essere la più grande dal ’29 considerato che più di 20 milioni di persone hanno richiesto il sussidio di disoccupazione, l’inquilino della Casa Bianca preme per una riapertura. Il testo prevede che la ripresa progressiva, suddivisa in tre fasi, potrà essere attuata immediatamente – se i governatori lo considerano opportuno – o in alternativa dal primo maggio.

Nella prima fase è previsto il distanziamento sociale, l’incentivo dello smart working e il divieto di raduni pubblici. Scuole, negozi, bar, ristoranti e teatri rimarranno chiusi. Nella seconda fase riapriranno le scuole e si potrà riprendere a viaggiare. Nella terza, invece, si potrà tornare alla normalità. Le linee guida suggeriscono di passare dall’una all’altra fase dopo un periodo di 14 giorni che decorrerà quando si registrerà un basso numero di casi e un abbassamento dei ricoveri in terapia intensiva. I governatori vengono incentivati a fare test e, nel documento, sono previste anche alcune linee guida per i negozi come misurare la temperatura e disinfettare i locali. Le persone più esposte ai problemi respiratori dovranno rimanere a casa ed evitare contatti finché la zona in cui si abita non arriverà all’ultima fase.

Il documento ha sollevato diverse polemiche. Per il senatore Lindsey Graham e il candidato democratico Joe Biden, la difficoltà più grande è la scarsa disponibilità di test. Secondo il New York Times, invece, il testo di Trump mira a favorire gli Stati repubblicani, meno colpiti dall’epidemia, a non prevedere un programma di test e a incentivare riaperture troppo rapide. Alcuni governatori hanno già messo a punto i loro piani di ripresa economica mentre altri, come Andrew Cuomo governatore dello Stato di New York (al momento il più colpito) hanno inasprito le misure di quarantena. Cuomo ha infatti affermato che queste proseguiranno almeno fino al 19 maggio.

Asia

In Israele, il governo guidato dal primo ministro uscente Benjamin Netanyahu ha fatto molto affidamento sui servizi segreti per prevenire l’epidemia da coronavirus. Si sarebbe rivolto al Mossad (servizio segreto per l’estero) e allo Shin Bet (servizio segreto per l’interno), per comprare test da paesi con cui Israele non ha rapporti diplomatici e per usare strumenti impiegati nell’anti-terrorismo per sorvegliare i propri cittadini e imporre così l’isolamento. Fin dall’inizio, l’obiettivo è stato quello di fare più tamponi possibili e individuare le persone entrate in contatto con i positivi. E, approfittando di questo motivo, lo Shin Bet ha iniziato a usare i dati dei cellulari delle persone infette per identificare tutti quelli che erano entrati in contatto con loro e che potrebbero avere il covid-19.

Nonostante la riduzione dei servizi di trasporto pubblico, il divieto di assembramento e le forti limitazioni agli spostamenti; i cittadini sono riusciti a radunarsi in piazza Rabin a Tel Aviv, per protestare contro il primo ministro accusato di aver approvato misure antidemocratiche con la scusa dell’epidemia e di cercare di piegare le regole democratiche per evitare il processo per le accuse di corruzione e truffa.

I manifestanti sono scesi in piazza mantenendo la distanza di sicurezza di due metri e indossando mascherine protettive, in linea con le regole sul distanziamento sociale previste per contenere l’epidemia. Agli organizzatori sarebbe stato imposto di fornire le mascherine ai partecipanti e di spostare la manifestazione da una piazza più piccola a piazza Rabin, così che potessero essere rispettate le misure di sicurezza.

In Russia si inizia a dare più attenzione all’epidemia. Dopo averla sottovalutata per diverso tempo, Vladimir Putin ha iniziato ad adottare le prime restrizioni. Sembrerebbe con scarsi risultati. La popolazione infatti, secondo alcuni, si starebbe ammorbidendo e per questo motivo, è stata approvata una legge che prevede 7 anni di carcere per chi è malato di covid-19 e viola la quarantena. Non appare ancora chiaro quanto il contagio stia penetrando nel territorio russo. Secondo gli ultimi dati forniti dalle fonti nazionali, i contagi sarebbero meno di 20mila ma, per alcuni, i numeri sarebbero molto più elevati. Intanto, il governo sembrerebbe essere spaventato dalla possibilità di non avere abbastanza risorse sanitarie per fronteggiare la crisi.

Fin dall’inizio, uno dei paesi più colpiti è stato l’Iran. Nonostante i sospetti sul fatto che il regime guidato dalla Guida suprema Ali Khamenei continui a nascondere i dati reali sui contagiati e soprattutto sui morti, la situazione è comunque tra le peggiori. Anche il sistema sanitario è ben sviluppato, lo Stato non sembrerebbe riuscire a reggere l’impatto del covid-19 sulla popolazione. Secondo alcune immagini satellitari ottenute dal New York Times e dal Guardian, in Iran sono state scavate diverse fosse comuni che sembrerebbero indicare che la situazione continui a peggiore giorno dopo giorno. Purtroppo, si sa molto poco di come il paese stia gestendo la crisi considerato che l’apparato di sicurezza lavora per bloccare la diffusione di informazioni.

Dal 17 aprile, il Giappone ha esteso lo stato d’emergenza a tutto il Paese. Questo rimarrà in vigore fino al 6 maggio. Il governo ha dato agli amministratori locali la possibilità di imporre la chiusura di tutte le attività e di lasciare attivi solo i trasporti pubblici.

Il Vietnam ha imposto la misura di chiusura delle scuole e il divieto di voli per la Cina già da febbraio. Il lockdown totale è arrivato invece il primo aprile. Sul contenimento dell’epidemia però le notizie sono piuttosto incerte. Alcuni hanno elogiato il Paese per la risposta rapida e per aver incentivato il tracciamento dei contagi. Altri lo hanno aspramente criticato per alcune dure misure di contenimento. Sembrerebbe infatti che chi viola le misure o non metta le mascherine rischi fino a 12 anni di carcere. Inoltre secondo alcuni, la recente legge contro la diffusione delle fake news per il coronavirus sembrerebbe essere un modo per acuire il controllo sociale del governo sul popolo.

In Iraq, gli ospedali del Paese non sono in grado di gestire l’epidemia e molti cittadini non sembrerebbero rispettare le restrizioni imposte. Non è ben chiaro quanti contagi effettivamente ci siano dato che, secondo un’inchiesta dell’agenzia Reuters, questi sono molto più alti di quanto dichiarato. Intanto il coronavirus si somma agli altri problemi che lo Stato con fatica stava cercando di affrontare. Prima di tutto il calo del prezzo del petrolio, causato dall’aumento della produzione dell’oro nero da parte dell’Arabia Saudita e ovviamente dal crollo della domanda causata dal covid. Per far fronte all’emergenza, l’Opec ha deciso di diminuire la produzione nei mesi di maggio e giugno per provare ad arrestare il calo del prezzo. Ad aggravare la situazione economica – l’economia dell’Iraq dipende quasi totalmente dalla produzione di petrolio – c’è quella politica. Dopo le proteste dello scorso autunno contro l’allora primo ministro Adel Abdul Mahdi, che hanno portato alle sue dimissioni, si è provato a formare un nuovo governo per portare il Paese a elezioni anticipate. Il tutto con scarsi risultati. Il primo tentativo è fallito perché Muhammed Allawi non aveva avuto l’appoggio dei partiti dei musulmani sciiti e delle milizie. Il secondo perché Adnan Zurfi, sostenuto dagli Stati Uniti, non era gradito alle forze vicine all’Iran. Il 9 aprile è stato quindi nominato Mustafa al Kadhimi, che dovrebbe avere maggiori possibilità, e che dovrà entro 30 giorni presentare una squadra di ministri e avere la fiducia. Il terzo problema è dato dalla crisi tra Stati Uniti e Iran, nella quale il Paese si trova in mezzo, e dal fatto che l’Isis potrebbe approfittare di questo stato confusionale per incrementare il suo potere.

In India, le misure restrittive – entrate in vigore lo scorso 25 marzo – saranno estese fino al 3 maggio. Dopo aver imposto un coprifuoco dalle sette di mattina alle nove di sera della domenica, il primo ministro Narendra Modi ha annunciato, oltre alla chiusura di tutte le attività commerciali, che nessuno avrebbe potuto più uscire dalle proprie abitazioni se non per comprovate esigenze.

Famosa per aver fatto tamponi on the road, la Corea del Sud ha deciso di non fermare la vita politica consentendo addirittura le elezioni. La popolazione è andata a votare, costretta però a mantenere le distanze di sicurezza. Prima di entrare nelle cabine, gli elettori hanno dovuto disinfettarsi le mani, mettere guanti di plastica e misurare la temperatura. Anche chi è risultato positivo, ha potuto votare in seggi allestiti nei centri per pazienti che presentano sintomi da coronavirus.

In Indonesia non sono state sospese tutte le attività commerciali per non dare una battuta d’arresto all’economia. Purtroppo però, nonostante i dati comunicati, la situazione sembrerebbe essere più grave del previsto considerato che il sistema sanitario è piuttosto precario. I contagi registrati a Giacarta, superiori a quelli delle altre città, hanno portato il governo a inasprire le misure di restrizione e la comunità internazionale a dubitare del numero complessivo dei casi comunicati dallo Stato, che risulterebbe inferiore a quello della singola città. A metà marzo sono state chiuse le scuole e chiesto alle persone di rispettare le distanze e le norme igieniche, ma non sono stati impediti gli spostamenti all’interno del Paese. Solo a Giacarta sono state imposte restrizioni più dure che vedono la chiusura di negozi e la riduzione della mobilità.

In Arabia Saudita è stato chiesto ai musulmani di non programmare viaggi per lo Hajj, il pellegrinaggio annuale rituale alla Mecca. Ancora non è stato sospeso ufficialmente, come invece è successo con la ʿUmra, il pellegrinaggio minore che si può svolgere anche in altri periodi dell’anno. Inoltre, per contenere la diffusione del virus, il governo saudita ha sospeso tutti i voli internazionali verso il paese e ha vietato di uscire ed entrare in alcune città, tra cui La Mecca e Medina.

La Corea del Nord ha più volte dichiarato di essere fuori pericolo e non aver mai avuto problemi con il coronavirus. Per molti è difficile crederlo considerato il controllo del regime sulle comunicazioni e sulla vita dei suoi cittadini. Tra chi sostiene che i contagiati vengano chiusi in strutture a cui poi si dà fuoco e chi afferma che i casi sospetti vengano sparati a vista, il Paese ha chiuso fin da subito i confini. Cosa starà realmente accadendo?

Ilaria Quattrone

Mi chiamo Ilaria Quattrone e sono nata a Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, il 6 agosto del 1992. Dopo la laurea in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali all’Università di Messina, ho collaborato con il giornale online StrettoWeb dove mi sono occupata di cronaca e politica locale e grazie al quale ho ottenuto il tesserino come giornalista pubblicista. Mi sono laureata in Metodi e Linguaggi del Giornalismo dell'Università di Messina con il massimo dei voti e poi ho iniziato il master in giornalismo alla IULM. Da settembre a ottobre 2019 ho realizzato uno stage nella redazione dell'agenzia di stampa Adnkronos dove mi sono occupata di economia, politica e cronaca. Ho una passione per la cronaca giudiziaria e la politica, ma grazie al master ho iniziato a interessarmi al mondo del videogiornalismo e dei web reportage. Il mio sogno è di diventare giornalista d'inchiesta.

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