In questi giorni si parla spesso di Global Compact, non tutti però sanno di cosa si tratta. Il documento dell’ONU, la cui dicitura completa è Global Compact for Migration, stabilisce alcune linee guida nella gestione dell’immigrazione e dell’accoglienza dei richiedenti asilo. Il tutto sulla base delle ultime indicazioni di studiosi, operatori e funzionari.
Ma cosa comprende l’intesa nata nell’aprile 2017? All’interno del documento ci sono 23 obiettivi, molti dei quali già previsti come norme dal diritto internazionale. Tra questi: direttive su «come affrontare e ridurre le vulnerabilità dei migranti», «combattere il traffico degli esseri umani» e «cooperare per agevolare il ritorno sicuro e dignitoso e la riammissione, nonché la reintegrazione sostenibile». Punti cardine del testo sono la lotta alla xenofobia, il contrasto del traffico illegale dei migranti, l’assistenza umanitaria e la definizione di procedure di frontiera che rispettino la Convenzione sui rifugiati del 1951. I Paesi firmatari devono inoltre «promuovere il riconoscimento e l’incoraggiamento degli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati allo sviluppo sociale».
Si tratta di un testo non vincolante e, come tale, l’Italia ha deciso quest’anno di non sottoscriverlo. A discapito della parola data dall’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi e, dall’attuale ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, il Paese ha fatto un passo indietro. «Il Global Migration Compact è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini. Riteniamo opportuno, pertanto, parlamentarizzare il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione», ha spiegato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha di conseguenza disertato il summit a Marrakech (Marocco) in programma per il 10 e l’11 dicembre. L’Italia ha dunque seguito la scia di del cosiddetto gruppo Visegrad: Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia, Polonia non rientrano infatti nel patto. Ma non solo, perché la lista si allunga di giorno in giorno. Ora anche Austria, Bulgaria, Croazia, Israele, Svizzera e Australia dicono «no» al Global Compact.