«Scholz? Del tutto irresponsabile». Giudizio pesante quello espresso tra 27 e 29 febbraio da alcuni politici tedeschi nei confronti di a uno degli uomini più potenti d’Europa. A scatenare la bufera attorno al cancelliere tedesco Olaf Scholz ci hanno pensato le armi. Quelle per l’Ucraina. Britanniche e francesi.
Le parole della discordia
Dopo il vertice di Parigi per il sostegno all’Ucraina di lunedì 26 febbraio, e le parole del presidente francese Emmanuel Macron sul possibile invio di truppe occidentali sul suolo ucraino, il premier della Germania ci ha tenuto a sganciarsi dall’alleato. Nulla di strano: quasi tutti i leader continentali hanno scelto di discostarsi dall’inquilino dell’Eliseo. Il problema è stato nei modi.
Il no di Scholz è stato doppio. No all’invio di soldati, come gli altri Stati. E no anche alla fornitura di missili da crociera “Taurus”, che l’Ucraina chiede da tempo per colpire bersagli a lunga distanza. I motivi dei due dinieghi sono interconnessi. Niente ordigni, perché darli a Kiev significherebbe accompagnarli con personale militare tedesco, necessario al puntamento e alla manutenzione. Per la Germania, ha detto il cancelliere, «è impossibile seguire il comportamento di Francia e Regno Unito» con i loro “Storm Shadow” (simili ai “Taurus”), rischiando di provocare un’escalation con la Russia. Sottinteso: Parigi e Londra hanno già uomini in Ucraina.
La bufera
Apriti cielo. Soprattutto dalla Gran Bretagna sono subito arrivate durissime reprimende. L’ex presidente della commissione Difesa della Camera dei Comuni, Tobias Ellwood, ha attaccato Scholz definendo le sue parole un «chiaro abuso di informazioni di intelligence, utilizzate per sviare l’attenzione dalla riluttanza tedesca a fornire le armi richieste da Kiev». Fa eco, dalla Germania, il deputato della CDU Norbert Rottgen: «le affermazioni del cancelliere sono totalmente irresponsabili».
Il leader tedesco si difende senza più citare la questione “truppe sul terreno”. La nuova linea è che i “Taurus” non possono essere dati in mano agli ucraini perché «potrebbero essere usati contro obiettivi in Russia». Un rischio inaccettabile per Berlino. Ma, di nuovo, non mancano le reprimende. Stavolta dall’interno. Dalla Bundeswehr, le forze armate tedesche: i missili, fanno sapere, potrebbero essere forniti agli ucraini con bersagli già programmati nei software oppure, come già fatto dagli americani, modificati a livello di sistemi di localizzazione per non superare determinati confini preimpostati.
Implicazioni gravissime
La pezza, quindi, si rivela peggiore del buco. Sotto fuoco incrociato, interno e estero, Scholz deve ora capire come rimediare all’unico grande danno che ha generato: rivelare al mondo intero che alcuni Paesi occidentali hanno già personale militare in Ucraina. Non che non si sospettasse, certo. Ma l’ufficialità mancava. Non tanto al mondo che quei soldati li ha inviati, quanto al “nemico”, la Russia. Una Russia sempre più agguerrita, che minaccia costantemente l’escalation. Perché, per dirla con le parole pronunciate da Vladimir Putin il 29 febbraio alla Duma (il parlamento di Mosca), «le conseguenze per gli eventuali interventisti saranno tragiche».
L’intervento, oggetto di minaccia, c’è. Solo il tempo ci dirà se sarà accompagnato da conseguenze tragiche. Nel caso, potrebbero non esserci i posteri che possano emettere “l’ardua sentenza” manzoniana sulla bufera Scholz. E quindi varrebbe il giudizio attuale: totalmente irresponsabile.