Luiz Inacio Lula da Silva è nuovamente eleggibile. Le condanne pendenti sulla testa dell’ex presidente brasiliano sono state tutte annullate dal Tribunale Supremo Federale del Brasile, l’organo che, fungendo sia da Corte d’appello che da Corte costituzionale, detiene il potere giudiziario nel Paese. Grazie a questa sentenza Lula ha recuperato i suoi diritti politici, il che gli permetterebbe di candidarsi nuovamente per le presidenziali brasiliane del 2022. Le stesse nelle quali l’attuale presidente Jair Bolsonaro conta di poter rinnovare il suo mandato.
Lava Jato: la Tangentopoli brasiliana
Lula era stato condannato nel 2017 in seguito all’inchiesta Lava Jato – letteralmente “lavare a getto”, poiché le indagini erano partite da un autolavaggio di Curitiba. Durata oltre 4 anni, Lava Jato, con oltre 500 persone coinvolte, è stata la più grande indagine anti-corruzione mai realizzata in America Latina. L’inchiesta ha chiamato in causa industriali, operatori finanziari, parlamentari federali e due Presidenti della Repubblica: Lula e Dilma Rousseff, destituita dalla sua carica nel 2016 per aver falsificato i dati sul deficit di bilancio annuale – accusa che poi dopo due anni risultò infondata. Un caso giudiziario che ha sconvolto il Brasile e che in pochi anni ha portato il Paese a passare da un governo progressista ad uno dei più conservatori che avesse mai conosciuto, quello del presidente Bolsonaro.
Lula aveva sempre respinto le accuse del pool di magistrati di Curitiba. Il leader del Partido dos Trabalhadores – Partito dei Lavoratori – si è sempre dichiarato innocente e vittima di una persecuzione politica portata avanti dall’ex giudice Sergio Moro, poi diventato Ministro della Giustizia del governo di Jair Bolsonaro fino al 24 aprile 2020, quando ha rassegnato le sue dimissioni.
La decisione di annullare le condanne
Il Tribunale Supremo Federale del Brasile, attraverso una nota, ha spiegato che con questa decisione di annullare le condanne di Lula «sono state dichiarate nulle tutte le sentenze emesse dalle 13/a sezione federale di Curitiba e gli atti saranno trasmessi al tribunale del Distretto federale». La decisione è stata presa dal giudice supremo Edson Fachin e non prevede l’obbligo di dover essere ratificata in sessione plenaria.
Lo scorso 9 febbraio, la Corte suprema aveva concesso ai legali di Lula di accedere agli incartamenti contenenti i messaggi scambiati tra i magistrati di Curitiba e Moro. Con quattro voti a uno, la seconda sezione della Corte suprema ha respinto il ricorso dei procuratori della Lava Jato. La difesa di Lula ha potuto così esaminare i messaggi emersi nel 2019 durante l’operazione Spoofing, l’inchiesta sull’hackeraggio dei telefoni e degli account di Telegram di Moro e degli altri esponenti della procura che in quel periodo stavano indagando su Lula, cercando di dimostrare quella che per loro era la reale motivazione dell’inchiesta: la persecuzione politica.
Bolsonaro: tra ricorsi ed emergenza Covid
Dal canto suo, Bolsonaro ha replicato alla decisione del Tribunale Supremo Federale accusando il magistrato Fachin di voler favorire il rientro in politica di Lula: «Il giudice era legato al Partito di lavoratori» ha dichiarato. Nel frattempo, mentre la Procura generale studia le contromosse da opporre alla sentenza di Fachin, il Paese continua ad essere travolto dall’emergenza Covid-19. Secondo i conteggi della Johns Hopkins University, ad oggi il Brasile ha superato quota 11 milioni di infezioni dall’inizio della pandemia. Nel mondo, solo Stati Uniti ed India hanno registrato più contagi. Molto alto anche il conto delle vittime: secondo l’Università americana sono 266 mila. Dato che colloca il Brasile al secondo posto per numero di decessi nel mondo dopo gli Stati Uniti.