Domenica 6 gennaio il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo ha firmato la concessione di autocefalia per la Chiesa ortodossa ucraina, un passaggio storico che le garantisce l’indipendenza rispetto al Patriarcato di Mosca. Il metropolita di Kiev, il 39enne Epifanio, ha ricevuto a Istanbul il Tomos, il libro simbolo dell’autocefalia nel mondo ortodosso. Insieme a lui nella Cattedrale di San Giorgio era presente anche il leader ucraino Petro Poroshenko, alla vigilia del Natale ortodosso, il primo festeggiato dagli ucraini liberi dal dominio di Mosca secondo la lettura più politica e antirussa di questa vicenda. «Quasi uno scisma», l’ha definita L’Avvenire. Ma alcuni esperti restano cauti sulla terminologia visto che l’autocefalia rientra tra le possibilità all’interno del mondo ortodosso. «Mosca fu la prima a ottenerla nel 1586. Con quella di Kiev, le chiese diventano in tutto 15». Per quanto religiosa, secondo Cesare La Mantia, professore di Storia dell’Europa Orientale all’Università degli Studi di Trieste, la scelta ucraina peggiorerà i rapporti con la Russia.
Politica e chiesa nazionale
Il ruolo attivo di Poroshenko per l’ottenimento dell’autocefalia ha avuto e avrà un peso nella campagna elettorale in corso per le elezioni presidenziali di fine marzo. Poche settimane dopo i fatti del Mare d’Azov, con il sequestro delle navi ucraine da parte di Mosca e la conseguente entrata in vigore della legge marziale decisa da Kiev, il leader ha allargato così lo scontro con il presidente russo Vladimir Putin giocando sul terreno della fede. «Rispetto al mondo cattolico – spiega il professor La Mantia – quello ortodosso non vede l’impegno di un politico come un’invasione di campo. È l’idea della chiesa nazionale che nel cattolicesimo vediamo marcata soltanto in Polonia».
Il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, l’autorità ecclesiastica più importante del mondo ortodosso, ha auspicato che la consegna del Tomos al metropolita Epifanio non generasse conflitto tra le chiese. «La storia della Chiesa Ortodossa – ha detto – è storia di libertà e salvezza. Valorizzate, dunque, questo Tomos di autocefalia come elemento di carità sacrificale e non come base per instaurare un potere ecclesiale secolarizzato». L’immediata reazione del Patriarcato di Mosca, che da secoli nominava il metropolita di Kiev, è stata però dura. «Lo stesso vescovo della cattedrale di Kiev, vicino alla Russia, – spiega La Mantia – è stato invitato da Bartolomeo a lasciare il posto e ad accettare l’autocefalia». A cui però si sono dichiarati contrari non soltanto i russi, ma anche gli ortodossi polacchi, cecoslovacchi e serbi.
Religione come strumento di potere e soprattutto arma per la politica estera. «La più importante di queste è la Gazprom (la più grande compagnia energetica russa, ndr), ma anche la religione ortodossa è fondamentale per il potere politico, in Russia soprattutto. Poco dopo il crollo dell’Unione Sovietica – ricorda l’esperto – Mosca volle da subito riavvicinarsi alla religione ortodossa». Motivi storici che giustificano, nell’ottica di Mosca, la condanna di questo scisma che potrebbe portare conseguenze nel mondo ortodosso.
Mosca: la terza Roma
Con MasterX ha parlato anche Giovanni Codevilla, tra i più importanti esperti italiani di Russia. «Quello che Mosca riteneva come un legittimo controllo sulla chiesa ucraina, in realtà è il frutto di un permesso temporaneo di nomina del metropolita di Kiev stabilito nel 1686. Il Paese ha sempre avuto la tendenza a rivendicare il dominio su territori non propri». E così la religione nel paese con il maggior numero di ortodossi viene dunque intesa come uno strumento di potere? «C’è un rapporto di do ut des – precisa il professor Codevilla – con il nuovo “zar” Putin che riconosce come dominante la Chiesa del Patriarca Kirill e in cambio ottiene una legittimazione del suo regime».
E ora cosa succederà nel mondo ortodosso? «Il Patriarca di Mosca ha fatto il giro del mondo per impedire che la Chiesa ortodossa ucraina ottenesse l’autocefalia. Kirill – ricorda Codevilla – alla fine ha definito eretica la decisione presa a Costantinopoli». Pesa infine sul dibattito anche la dottrina della Mosca come terza Roma. «Sin dalla caduta dell’impero bizantino è parte del dna dei russi. Ecco perché pretendono di ospitare sul proprio territorio la chiesa madre del mondo ortodosso».