La morte di Neil Armstrong, avvenuta il 25 agosto 2012 ha commosso il mondo intero. Il primo uomo sulla Luna si è spento in un ospedale di Cincinnati, due settimane dopo aver subito un intervento chirurgico al cuore. La famiglia del più famoso astronauta statunitense lo aveva ricordato con un commovente tributo, rivolgendosi a tutti gli ammiratori di un uomo che ha fatto la storia. «Onorate il suo esempio di servizio, realizzazione e modestia» recita il passaggio più saliente in memoria del primo essere umano che ha camminato sul suolo lunare. «La prossima volta che andrete fuori in una notte limpida e vedrete la luna che vi sorride, pensate a Neil Armstrong e fategli l’occhiolino».
E se davanti alla telecamere c’è stata solo emozione, a riflettori spenti non è stato lo stesso. La reazione della famiglia di Armstrong alla sua morte a 82 anni, infatti, è stata molto più dura. I suoi due figli Mark e Rick hanno avviato una battaglia contro l’istituto sanitario americano, sostenendo che le cure post-chirurgiche del Mercy Health – Fairfield Hospital erano state inadeguate, risultando poi letali per la vita dell’ex astronauta. «Complicazioni derivanti da procedure cardiovascolari» fu il primo commento della famiglia sulla causa della morte.
Questa controversa vicenda medica, rimasta segreta fino ad ora, è venuta alla luce proprio nei giorni del 50° anniversario della passeggiata lunare di Armstrong a bordo dell’Apollo 11, riaccendendo quella fiamma nostalgica che avvolgeva l’impresa del 1969. L’inchiesta parte dal New York Times, che riporta di aver ricevuto da un mittente sconosciuto 93 pagine di documenti relativi al trattamento dell’astronauta e al susseguente caso legale, compreso l’acceso dibattito degli esperti delle due parti coinvolte. I documenti, pur essendo contrassegnati come “archiviati sotto sigillo”, sono autentici. A corredo del plico di fogli una nota non firmata dal mittente che spera di salvare altre vite grazie a queste informazioni.
Attraverso le carte, rese note dal quotidiano statunitense, emerge la ricostruzione dell’intricata vicenda Armstrong. Non si sa perché lui, o la sua famiglia, abbiano preferito Fairfield al centro medico universitario di Cincinnati, decisamente più attrezzato. Ricoverato con i sintomi di una malattia cardiaca, l’ex astronauta fu subito sottoposto ai primi test dopo i quali si decise di intervenire chirurgicamente con un bypass. L’equipe medica impiantò fili temporanei per aiutare l’accelerazione del battito cardiaco, come prevede la procedura. Ma quando un’infermiera rimosse quei fili, Armstrong iniziò a sanguinare internamente con un repentino abbassamento della pressione. Dopo aver drenato un po’ di sangue dal cuore, per evitare che venisse oppresso dal fluido accumulato, Armstrong fu portato in un laboratorio di cateterismo e solo successivamente in sala operatoria. Al vaglio di una commissione di esperti è stata proprio la decisione di portare Armstrong nel laboratorio invece che direttamente in sala.
Dal canto suo, l’ospedale ha difeso il proprio operato. Pagando però alla famiglia del primo uomo sulla Luna 6 milioni di dollari per risolvere la questione in privato ed evitare una pubblicità devastante. Una ricompensa a dir poco redditizia per i suoi familiari. La maggior parte degli introiti sono stati divisi equamente tra i due figli mentre la parte restante è stata spartita tra il fratello e la sorella di Armstrong e i suoi sei nipoti. La vedova Carola, sua seconda moglie, ha deciso invece di non prendere parte all’accordo. Tutto doveva restare in segreto, sia i documenti delle denunce che il sostanzioso risarcimento economico.
Neil Armstrong ha spesso evitato le luci della ribalta, non godendosi mai fino in fondo quella fama che gli spettava di diritto. Ma questa appendice aggiunge un pizzico di tristezza alla storia di uno degli uomini più grandi di sempre. E dimostra come la straordinaria popolarità di una figura come la sua, uno degli eroi d’America, possa diventare un elemento determinate in qualsiasi negoziazione.