In Italia è tarda sera, mentre a Chicago è primo pomeriggio. In mezzo ci sono 8000 km di distanza e due computer. Davanti a noi, dall’altra parte dell’oceano, c’è un ragazzo italiano con le maniche corte e la parlantina frizzante di chi ha tanta voglia di raccontare. Non ci sono problemi di tempistiche, Andrea, il nostro connazionale, ha tutto il tempo da dedicarci ma nonostante questo vuole andare dritto al punto, dopo quello che ha visto il 6 gennaio scorso a Capitol Hill: «Qui ogni cosa è stata politicizzata, a partire dalla pandemia. Trump sarà anche il colpevole di questa polarizzazione violenta, ma il problema è che c’è gente che lo crede il nuovo Messia».
Andrea è un fisico e ricercatore all’università Northwestern University di Chicago e vive negli Stati Uniti da quasi tre anni. È arrivato durante l’amministrazione Trump e in questi anni ha assistito all’inasprimento del confronto tra democratici e repubblicani, sfociato poi in quello che è sembrato un tentativo di colpo di Stato al Campidoglio di Washington.
«Siamo rimasti shockati – ci dice – ma di certo non siamo rimasti stupiti, lo annunciavano su tutti i social ed era un appuntamento che gli estremisti di destra avevano preso da settimane. A stupire piuttosto è stata la mancata reazione della polizia, molti pensano che si siano volutamente fatti trovare impreparati. Ma non puoi rimanere meravigliato quando l’odio tra i democratici e i repubblicani cresce costantemente da anni».
LA GUERRA DEI MEME
«È come se i meme di internet si fossero riuniti in strada e poi avessero tentato la presa del Campidoglio», racconta il ricercatore italiano. È su internet che si è tenuto il quotidiano confronto e scontro tra democratici e repubblicani. E le armi sfoderate sono state proprio i meme identitari di una parte o dell’altra, sempre più offensivi e screditanti.
All’inizio non capiamo bene, i meme esistono anche in Italia, è l’ironia preferita dalle generazioni x, y e dai millennial. Poi ci spiega: «Qui i meme sono di un altro livello. Ci si può imbattere nella faccia di Trump photoshoppata su un dipinto rinascimentale. Oppure la faccia di Trump sul corpo di Gesù che cerca di sconfiggere qualche demone con il viso di Barack Obama o di Bernie Sanders. Agli occhi di chi è esterno possono sembrare ridicole, al limite della barzelletta, ma sono state create dai conservatori per i conservatori, che li prendono seriamente».
Il ragazzo con cui stiamo parlando si è trovato negli Stati Uniti per lavorare, ma non si è voluto chiudere nella sua bolla di ricordi dove gli manca l’Italia. Si è creato una rete di amicizie, a partire dagli americani con cui lavora e ha cercato una connessione con quelli che fanno arti marziali con lui. «Ho conosciuto per lo più democratici, sono la maggioranza all’università, ma mi è capitato di imbattermi anche in due o tre repubblicani fino all’osso. Intendo cospirazionisti folli, di quelli che non ti aspetti e poi pubblicano il frutto del peggior lavaggio del cervello sui social. Non sono così rari come si pensa».
I meme in America hanno quasi tutti una connotazione politica e spesso hanno implicite o esplicite offese violente rivolte a chi appartiene all’altra fazione politica. «Dopo l’invasione al Campidoglio di Washington il web è esploso – riprende Andrea. I democratici hanno posto la questione abbastanza evidente della reazione della polizia, specie se confrontata con quella dei movimenti di Black Lives Metter di qualche mese fa». Ci spiega che questa estate nelle reti televisive, quelle democratiche per lo più, passavano immagini in cui le forze dell’ordine reagivano aggressivamente a chi alzava semplicemente dei cartelli.
«Di contro, vederli togliere le transenne il 6 gennaio, o vedere poliziotti che si facevano selfie con chi stava devastando Capitol Hill, ha fatto male anche a me che non sono né nero, né americano».
Il popolo conservatore invece si è diviso. C’è chi ha condannato l’insurrezione, ci racconta Andrea. Molti tra i repubblicani si vergognano per quello che è successo: «Hanno il mito di essere la nazione miglior del mondo. Alcune volte si ha l’impressione che pensino di aver inventato tutto, tra cui la democrazia. Quello che è successo è fortemente antiamericano, dicono, e succede solo negli Stati di serie B». Dall’altra parte però c’è anche una nutrita schiera di conservatori che stava aspettando una rivoluzione, ‘la tempesta che avrebbe spazzato la palude’, così la chiamano. Quindi chi ha girato le spalle a Donald Trump proprio adesso è stato considerato un traditore.
DIMMI CHE TG GUARDI E TI DIRò CHI SEI
Anche i canali web stessi sono schierati, Twitter e Reddit sono prevalentemente per democratici, per fare alcuni esempi, mentre i conservatori usano molto 4chan e Parler e accusano altri social di essere comunisti e faziosi.
Se QAnon e altri gruppi estremisti di destra devono utilizzare un social di sinistra si chiudono in gruppi dove chi non la pensa come loro non può commentare. Non si dialoga con il nemico, il mantra è alzare i muri e chiudersi nella propria bolla. Ma ad amplificare questa polarizzazione, il ‘Noi contro Loro’, sono le Tv stesse.
«In Italia i telegiornali hanno tagli e indirizzi differenti, ma non si spingono oltre. Mentre i telegiornali statunitensi sono propaganda pura», ci rivela ancora il ricercatore italiano. «Qui si esprimono senza mezzi termini. ‘Trump ha fatto la cosa giusta’, oppure ‘Trump è un imbecille’».
Se infatti la Cnn e il Washington Post sono pro democratici e hanno sempre attaccato Trump, Fox news lo ha invece sempre appoggiato. «Dire però che Fox news abbia sostenuto Trump è riduttivo», precisa Andrea, ricordandosi del periodo delle proteste del movimento del Black Lives Matter, durante le quali Fox news ha tenuto una linea molto dura, accusando i partecipanti alle proteste, in modo esplicito. «Li hanno definiti delinquenti, facinorosi, criminali che protestavano con il solo intento di distruggere i valori americani. Agli occhi di un democratico pare ovvio: pensi che manchino di serietà e sei molto propenso a cambiare canale. Di contro se sei repubblicano non hai piacere a sentir che la Cnn etichetta chi ha votato Trump come ‘uno a cui manca il cervello’. Ti offendi e torni in quella bolla dove ti assicurano che sei un vero patriota».
LA MASCHERINA DELLA DISCORDIA
È così che la polarizzazione ha alzato l’asticella del conflitto fino a farlo diventare odio. Un goccia costante che logora l’equilibrio tra i due più grandi partiti americani. A questo si aggiunge la pandemia. «In America non funziona come da noi in Italia. Qui un governo che ti dice cosa fare viene percepito come una grossa limitazione alle proprie libertà. Non importa se ti salva la vita». Una questione culturale che Andrea ha riscontrato in questi tre anni di vita vissuti sul territorio statunitense.
Ma oltre all’imprinting c’è di più, visto che Trump ha sin da subito strumentalizzato il Covid-19. «Anche la mascherina è diventata una faccenda politica. ‘Se sei un vero uomo la mascherina non te la metti’, il Presidente non ha mai pronunciato esplicitamente queste parole, ma alle orecchie di molti conservatori è arrivato questo messaggio». E legate a questo ci sono una serie di connotazioni politiche che sono sempre state presenti in questo periodo: «Non piegarsi davanti al virus significa non piegarsi davanti alla Cina, perché il virus è cinese».
E quindi anche qui ci si odia. Negli Stati Uniti non era mai capitato che solo scendendo in strada tu potessi riconoscere al primo sguardo chi è conservatore e chi è democratico. Adesso però se non porti la mascherina sei pro Trump, non credi alla menzogna della pandemia globale; altrimenti sei democratico. Semplice. Due fazioni, l’una che chiama antiamericana e antipatriottica l’altra. E guai a chiedere a quella – quasi – metà della popolazione di mettersi la mascherina, conclude Andrea, ti diranno che loro non credono alle fake news delle lobby farmaceutiche.