Ex deputato della Repubblica Italiana, Enzo Ciconte è docente di Storia delle mafie italiane al Collegio Santa Caterina dell’Università degli Studi di Pavia. È stato consulente per la Commissione parlamentare antimafia dal 1997 al 2008 e di nuovo a tempo parziale fino al 2010. Autore di saggi sulla criminalità organizzata, è stato il primo a pubblicare un libro sulla storia della ‘Ndrangheta nel 1992 e tra i pochi che già in quegli anni denunciava la presenza delle mafie anche nel nord Italia. Numerosi i suoi studi sul meccanismo di penetrazione delle organizzazioni criminali in tutto il settentrione.
Quali sono i clan più presenti in Lombardia?
La ‘Ndrangheta è quella più presente perché Cosa nostra non ha mai pensato di radicarsi al nord. Le presenze siciliane sono più sporadiche: concluso l’affare tornano in Sicilia. La famiglia Fidanzati è l’unica che è riuscita a stabilirsi in Lombardia. Anche quando Luciano Liggio è stato catturato a Milano, in via Ripamonti, non aveva il controllo di quel territorio. Dopo le stragi del ’92, Cosa nostra è entrata in fortissima difficoltà. Grazie ai collaboratori di giustizia, che hanno cominciato a parlare, sono stati catturati i capi. Di conseguenza, la mafia siciliana ha giocato in difesa, pensando a come sopravvivere. Per questo motivo è presente al Nord, ma in minima parte.
Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, come si riorganizzerà Cosa nostra?
La mafia ha preso un brutto colpo perché lui era ancora operativo. Il problema dei mafiosi siciliani è che non hanno una classe dirigente. Essere mafioso significa dover uccidere anche donne e bambini, esercitare violenza su persone inermi e loro hanno da sempre una discussione interna, tra chi vuole usare la violenza e chi dice che fare scrusciu (rumore) non conviene.
Chi sono gli uomini cerniera che mettono in contatto il mondo criminale e il mondo legale?
Sono figure professionali, come consulenti finanziari e commercialisti. Ad esempio, in Emilia-Romagna, nella maxi operazione del 2015 (Aemilia), fu arrestata anche una consulente che aveva accolto nel suo studio il boss Nicolino Grande Aracri, capo del clan di Cutro. Questa è una chiara figura di cerniera tra il mondo legale e il mondo mafioso.
Nei suoi libri lei spiega che le organizzazioni criminali in genere non combattono tra loro, cercano l’accordo…
In nessuna epoca storica Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra si sono fatte la guerra. La collaborazione tra i diversi clan è iniziata durante la stagione del contrabbando delle sigarette e continua per il traffico di stupefacenti. Perché non dovrebbero collaborare? È normale che sia così perché hanno tutto l’interesse a farlo.
Quali sono i settori economici più importanti del business malavitoso al nord?
L’elenco è sterminato, ai mafiosi nessuna attività è preclusa. Si sono inseriti persino nel commercio dei fiori e nella gestione dei funerali.
Che idea si è fatto dell’arresto di Messina Denaro?
Bisogna smontare la mitologia costruita intorno ai mafiosi. Ad esempio, dire che si è consegnato è una sciocchezza clamorosa perché dietro questa affermazione si nasconde l’idea che il mafioso sia invincibile e non ceda mai. Matteo Messina Denaro è un uomo come noi. La differenza tra lui e gli altri sta solo nella scelta di compiere azioni criminali oppure vivere nella legalità.