UniCredit annuncia 8mila tagli nel personale e la chiusura di 500 filiali in 4 anni. Il giro di vite fa parte del piano “Team 2023”, che ha tra i suoi scopi principali una significativa riduzione dei costi. Nel mirino dei tagli al personale, il triangolo Italia-Germania-Austria.
Saremo noi, tuttavia, a pagare il conto più salato: in percentuale, il 78% dei costi di integrazione colpirà le risorse umane impiegate nel nostro Paese. I sindacati stimano tagli pari a 5.500 addetti e la chiusura di 450 filiali. L’ad di UniCredit Jean Pierre Mustier non ha dato dettagli su dove, nello specifico, verranno fatti tagli. Ha però indicato il piano precedentemente attuato per ricordare “il modo socialmente responsabile” con cui ha operato.
SINDACATI SUL PIEDE DI GUERRA
Il precedente messo in evidenza da Lando Maria Sileoni della Fabi, invece, tiene conto dei 26.650 posti di lavoro che UniCredit ha già tagliato a partire dal 2007 e dei 1.381 sportelli chiusi. Giuliano Calcagni della Fisac Cgil ha sottolineato come il numero di esuberi sia sproporzionato rispetto agli obiettivi del piano. «Non è credibile – dice -, che un così netto taglio degli organici venga giustificato da un piano industriale di crescita organica». Il sospetto è che il piano “Team 2023” sia animato da una spinta centrifuga che allontani l’istituto di credito dalla sfera di influenza italiana, con alla porta lo spettro di aggregazioni europee.
Il Governo, nelle parole del ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, promette di seguire la vicenda per carpire quali siano le intenzioni della banca. Il sospetto è che l’ad di UniCredit non abbia realizzato un piano che punti alla crescita, ma solo alla riduzione dei costi mettendo in evidenza utili che non riuscirebbe invece a produrre industrialmente. Per come è stato presentato al Capital Markets Day di Londra, il piano di UniCredit punta a creare 16 miliardi di valore per gli azionisti nell’arco del piano 2020-2023 e ad aumentare al 40% la distribuzione di capitale per il 2019.
LA BANCA DEL FUTURO
I tagli del piano “Team2023” fa il paio con una decisa sterzata in campo organizzativo. Il lavoro verrà ripartito in team crossfunzionali composti dalle funzioni del gruppo: in stanze cosiddette “end-to-end” i comparti business, IT e supporto lavoreranno insieme. L’ottimizzazione dei processi operativi passerà attraverso sei customer journeys: conti correnti, prodotti d’investimento, mutui residenziali, consumer finance, carte e banking per le pmi. I bancari del gruppo accompagneranno i clienti nella conversione dall’esperienza in filiale a quella digitale: saranno riprogettate l’offerta di prodotti e servizi per i privati attraverso miglioramenti dei modelli di servizio e distribuzione. Previsto un aumento dal 45% al 60% in quattro anni dell’impiego dei canali digitali.
Previsti risparmi di costo per oltre 150 milioni entro il 2023 dalla dematerializzazione dei processi che porterà alla banca cosiddetta “retail paperless”. Attese transazioni più veloci con l’eliminazione della carta, implementata dallo straight-through processing, che consentirà lo scambio di documenti digitali. Sarà l’Italia la prima testimone di questo cambiamento, a metà 2020. In coda Germania e Austria, nel 2021, e l’intera regione europea per il 2023.