Moneta digitale, questa (s)conosciuta

Carta o moneta elettronica?

Gli italiani sono fra gli ultimi nostalgici del contante. Quale che sia la ragione di questo attaccamento alla fisicità del denaro, non si può negare che esso presenti delle potenziali ombre: una così grande diffusione del contante è terreno fertile per l’evasione fiscale. Fenomeno che, in Italia, ha raggiunto cifre astronomiche: il tax gap, ossia la differenza tra le tasse dovute e quelle effettivamente versate, ha superato i 100 miliardi l’anno. Per questo motivo l’incentivo all’uso delle carte di credito e della moneta digitale è stato uno dei punti chiave della Legge di Bilancio, che dovrà essere approvata entro la fine dell’anno dall’esecutivo giallorosso.

Nella versione iniziale erano state previste una serie di norme per limitare l’uso dei contanti, e per invogliare i consumatori a pagare cashless, ma pare che l’ultima versione sia stata non di poco smussata. Non v’è più traccia delle multe agli esercenti che si rifiutano di installare i POS, e la lotteria degli scontrini – uno dei cavalli di battaglia di questa finanziaria – slitterà da gennaio 2020 a luglio 2020. Ma il pagamento elettronico quanto è davvero diffuso in Italia? E soprattutto, cosa c’è dietro quel semplice gesto?

Qualche dato sulla diffusione della moneta elettronica

Contrariamente a quanto verrebbe naturale pensare, non è un problema di mancata innovazione nella strumentazione. L’Italia è infatti tra i Paesi più virtuosi a livello europeo sia per numero di POS installati, sia per percentuale di imprese che utilizzano la fattura elettronica. A dirlo sono i dati raccolti dalla Community Cashless Society, una piattaforma di confronto istituita da The European House – Ambrosetti nel 2015 che riunisce alcuni dei principali attori nel settore dei pagamenti per promuovere una società senza contanti, come Intesa Sanpaolo, Mastercard, Nexi, PostePay – Poste Italiane, Telepass e Visa, ma anche IBM, Sia e PayPal.

Il nostro Paese è il quarto in Europa per il numero di POS installati per ogni 1.000 abitanti, pari a 40,7 (contro una media europea di 35,1), e negli ultimi cinque anni la diffusione dei sistemi di pagamento ha avuto una crescita record, salendo del 5,1%. E quindi perché c’è ancora una certa resistenza alla moneta elettronica?

Grazie alla crescita del numero dei POS installati, passati da 26,1 ogni 1.000 abitanti nel 2013 a 40,7 nel 2017, ma anche alla diffusione delle carte contactless e dei pagamenti tramite smartphone, le transazioni pro-capite con carta di pagamento sono salite a 46,2 nel 2017 rispetto ai 43 dell’anno precedente. Una cifra ben lontana dalla media europea di 135 transazioni pro-capite.

Ma nel Rapporto annuale stilato da The European House – Ambrosetti figura anche un altro indicatore della penetrazione dei pagamenti digitali in Italia: il Cashless Society Index. Quest’ultimo, calcolato su una scala crescente da 1 a 10, si articola in 16 Key Performance Indicator raggruppati in 2 macro-aree: Fattori abilitanti” e “Stato dei pagamenti”, cui sono attribuiti pesi differenti. Il 30% del peso del punteggio finale deriva dalla macro-area “Fattori abilitanti” e il restante 70% dalla macro-area Stato dei pagamenti).

Per i “Fattori abilitanti” si intende il grado di sviluppo delle infrastrutture e dei servizi abilitanti la diffusione dei pagamenti cashless, ma anche il numero di famiglie e imprese che hanno accesso alla banda larga nel Paese. La voce “Stato dei pagamenti” invece indica il livello di propensione dei cittadini e delle imprese a pagare con moneta digitale. Come si può notare dal grafico, l’Italia è sestultima in Europa, con un punteggio di 3,68.

 

Nel 2018 e nel 2019 il numero dei pagamenti digitali secondo l’Osservatorio  Mobile Payment & Commerce della School of Management del Politecnico di Milano è salito (gli ultimi dati, quelli relativi al 2018, evidenziano una percentuale dei pagamenti elettronici pari al 37% del totale), ma c’è ancora molta strada da fare.

Come funzionano i pagamenti cashless?

Probabilmente uno dei problemi legati alla lenta diffusione dei pagamenti in moneta elettronica è la sua mancata materialità. Il contante si tocca, si consegna fisicamente all’esercente e non viene restituito, mentre visivamente la carta di credito, il pagamento tramite smartphone et similia è meno visibile. Porgiamo il nostro strumento al negoziante, e dopo qualche secondo lo riceviamo indietro. Ma cosa accade in quegli istanti in cui la carta viene strisciata nel POS (o avvicinata, nel caso dei modelli più nuovi)?

Comprare su un e-commerce e pagare con la carta prepagata

Gli e-commerce sono una realtà sempre più diffusa, soprattutto tra Millennials e Generazione Z. Comprare un vestito restando comodamente seduti sul divano, ordinare la spesa e farsela portare a casa: quello che oggi pare una possibilità tra le tante, fino a qualche anno fa era una vera rarità. Ma come avviene nel dettaglio la transazione su un sito online? Il cliente accede al sito e-commerce di un esercente, seleziona i prodotti da acquistare, li inserisce nel carrello e avvia il pagamento tramite carta. Viene così reindirizzato in una pagina dedicata e sicura e procede all’inserimento dei dati della carta richiesti. Su alcuni siti, viene effettuata un’ulteriore verifica del titolare della carta (ad esempio tramite mobile token, il dispositivo di sicurezza che consente di generare password).

I dati inseriti vengono inoltrati alla banca dell’esercente, che a sua volta invia la richiesta di pagamento al processor (ovvero società specializzate nella gestione dei pagamenti come Sia o Nexi). Il processor la inoltra al circuito della carta (come Visa, Mastercard o American Express), che spedisce la richiesta alla banca del cliente che, previa verifica della disponibilità, autorizza l’operazione.

Sul sito appare così al cliente un messaggio che indica l’esito della transazione. Il giorno seguente il circuito accredita e addebita la cifra alle due banche. L’importo verrà poi addebitato al cliente nella data concordata il mese successivo.

Pagare il biglietto della metro a Milano senza spiccioli

A Milano è possibile comprare il biglietto della metro «on the go», senza (quasi) fermarsi al tornello. Basta avere a portata di mano una carta di credito contactless. Il passeggero dovrà semplicemente avvicinare la carta al lettore del tornello della metro, che aprirà il varco per poter entrare. In quei pochi secondi, il lettore invia i dati della carta al processor (come Nexi o Sia). La società che gestisce il pagamento chiede, per conto della banca dell’azienda dei trasporti, l’autorizzazione al circuito della carta (Visa, Mastercard o American Express), che la manda a sua volta alla banca del passeggero per verificarne la validità.

Una volta che il passeggero ha concluso la corsa sulla metro, avvicinerà nuovamente la carta contactless al lettore per poter uscire dalla stazione. Al termine della giornata il sistema informativo dell’azienda di trasporto calcola la miglior tariffa dopo aver ricevuto dal processor i tragitti effettuati dal passeggero. Sempre il processor inoltra la richiesta di autorizzazione dell’importo al circuito della carta, che invia alla banca del passeggero la domanda per l’ok al pagamento.

Dopo una verifica della disponibilità dei fondi del conto del passeggero, la banca autorizza la transazione. L’addebito effettivo sul conto corrente del passeggero avviene poi secondo gli accordi che sono stati definiti tra il cliente e la sua banca.

 

N.b. Parte della mia inchiesta finale è stata anche pubblicata sull’inserto speciale del Corriere della Sera dedicato ai Pagamenti digitali, in edicola il 6 novembre 2019, e sul sito online del Corriere.

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Alice Scaglioni

Ho frequentato il Master di Giornalismo IULM. Mi occupo principalmente di economia, tecnologia ed esteri. Scrivo per il Corriere della Sera, redazione Economia, PrimaOnline e D la Repubblica, nella sezione DYoung. Fan di Twitter, dove condivido tutto quello che scrivo (@alliscaglioni)

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