Era il 1979 quando a Campi Bisenzio, Firenze, Domenico Montuoro ebbe l’idea di fondare la Gamont S.r.l., un’azienda specializzata in minuterie e accessori metallici per il comparto moda. Un’intuizione, quella di entrare nella filiera del fashion, che risultò vincente fin da subito, riuscendo a cavalcare, negli anni successivi, la grande espansione del settore, sia sul territorio toscano che a livello internazionale.
La collaborazione con i grandi brand dell’alta moda traina l’aumento del fatturato
«Un punto di svolta è stato legarsi direttamente ad un brand importante come Gucci, negli anni Novanta», spiega Marco Montuoro, figlio del presidente e fondatore Domenico e direttore di produzione per Gamont. «Inizialmente lavoravamo con i fornitori dei grandi brand, poi iniziammo ad avere un rapporto diretto con le grandi marche, realizzando per loro prodotti finiti, da applicare direttamente sugli accessori, come la pelletteria ad esempio».
Una crescita costante per la Gamont, che vide una netta accelerazione a partire da metà degli anni Duemila: la collaborazione con Ferragamo prima e l’avvio della partnership con il gruppo del lusso Kering poi – di cui fanno parte maisons prestigiose come Gucci, Saint Laurent e Balenciaga – hanno collocato l’azienda in una posizione di prestigio nella filiera produttiva dell’accessoristica dell’alta moda.
«Il rapporto con Balenciaga ha portato grande beneficio all’azienda», racconta Marco Mountuoro, «ad oggi rappresenta circa il 70% del nostro fatturato», che per il 2021 è stato di 5,5 milioni di euro. Una cifra rilevantemente più alta rispetto a quella degli anni passati, che segue la crescita della Gamont negli ultimi mesi. Nel 2019, ultimo anno prima dello scoppio della pandemia, l’azienda è scresciuta del 20%, per poi subire una leggera flessione nel 2020, -7%, ampiamente recuperata nel 2021, dove la Gamont ha registrato un +45%.
Il costo delle materie prime e i problemi di approvvigionamento
Un dato che trova giustificazione negli investimenti fatti dall’azienda a partire dal 2015 – il trasferimento nello stabilimento di Calenzano, un nuovo spazio da 5 mila metri quadri, e gli interventi migliorativi su macchinari e personale specializzato – ma anche nell’aumento generalizzato dei costi, che ha conseguentemente alzato il fatturato. «Nel 2017, una materia prima come il palladio costava 27 euro al grammo, oggi si è stabilizzato intorno ai 60 euro, dopo aver toccato punte anche da 80 euro». Nel primo semestre successivo allo scoppio della pandemia i prezzi sono rimasti tutto sommato stabili, poi la carenza di materiale si è resa evidente, andando ad impattare in modo decisivo sui costi.
È cambiato anche il metodo di lavoro. Prima, per ottenere la materia prima necessaria a rispondere alla richiesta di un cliente, l’azienda aveva rapporti quotidiani con i fornitori. A seconda della commessa veniva effettuato un ordine al fornitore, il quale, entro due giorni, lo recapitava allo stabilimento produttivo. Ora non è più possibile impostare il flusso di lavoro in questo modo. «Le consegne delle materie prime sono passate dall’essere all’ordine del giorno, all’ordine del mese. Per essere sicuri di poter rispondere ad una eventuale commessa di un cliente, che potrebbe o non potrebbe arrivare, e che deve essere completata magari in 5-6 giorni, è necessario comprare scorte di materia prima da tenere in magazzino, pronte per essere utilizzate, altrimenti ci vogliono settimane per ottenerle». Un cambiamento nella metodologia di lavoro che, oltre ad impegnare da un punto di vista economico, crea problemi di spazio e di logistica.
Dall’inizio dell’emergenza sanitaria è difficile tenere stabili i prezzi
Amministrare questi grandi ordini preventivi è ancora più complesso alla luce dell’emergenza sanitaria in atto, causa di costanti defezioni tra il personale. Su un totale di 20 dipendenti – erano 25 pre-Covid, ma la crisi ha fatto sì che, dopo quasi un anno di cassa integrazione anticipata dall’azienda, alcuni contratti a termine non venissero rinnovati -, nelle ultime settimane l’organico si è trovato sottodimensionato di circa il 20%, costringendo l’azienda ad avvalersi di collaborazioni esterne e di contratti temporanei, ottenuti attraverso le cooperative.
«È difficile anche mantenere il prezzo stabile per i clienti», spiega ancora Montuoro. Dopo anni in cui l’azienda è riuscita a mantenere il prezzario pressoché fisso, poiché il costo delle materie prime era solito variare nell’ordine del 2-3%, ora è costretta ad aggiornarlo quotidianamente, per rimanere competitiva conservando dei margini adeguati. Queste variazioni di costi presentati al cliente, però, non hanno un grande impatto sul prezzo del prodotto finale venduto dal brand. Il mondo della moda ha marginalità piuttosto alte. «I marchi di alta moda, più che stare attenti al prezzo, sono concentrati sui tempi di consegna e sugli standard qualitativi. Chi decide di risparmiare, diminuendo la qualità, lo paga negli anni successivi».
E adesso arrivano anche i rincari dell’energia
All’orizzonte, inoltre, c’è l’aumento dei costi dell’energia. «Le prime bollette esagerate stanno arrivando adesso, raddoppiate rispetto al solito. A marzo sarà necessario rivedere un po’ i costi generali dell’azienda». Non ha molto impatto, al contrario, l’aumento dei costi della logistica: lavorando principalmente con clienti della zona, per l’impresa è stato facile rispettare le scadenze senza pesare sul bilancio. Anzi, la crisi della logistica internazionale ha favorito Gamont, che ha tra i suoi competitors molte ditte cinesi. Dopo aver avuto, negli anni passati, un calo di lavoro a causa della concorrenza cinese a basso costo, negli ultimi mesi il panorama che si è venuto a creare nella logistica, con l’aumento dei prezzi e dei tempi per le spedizioni internazionali, ha reso le aziende locali, come la Gamont, più competitive. «La filiera italiana si è dimostrata molto forte», continua Montuoro, «i brand hanno richieste che richiedono risposte veloci, dalla Cina invece i tempi si solo allungati».
Il rimbalzo del settore dopo il crollo del 2020
Un 2021 che testimonia, quindi, una crescita generalizzata per il comparto alta moda. Resta da verificare quanto l’aumento generale dei costi abbia gonfiato i fatturati e quanto sarà, invece, l’utile effettivo da segnare a marzo nel bilancio. Il rimbalzo dopo il 2020 era certamente auspicato. Un anno di crisi, quello dello scoppio della pandemia, che per alcune aziende del settore ha significato un crollo del fatturato del 40%.