Milano è la prima città in Italia per capacità di attrarre talenti. È quanto emerso dall’edizione 2020 del Global Talent Competitiveness Index, presentata a Davos. Il capoluogo lombardo si è classificato 41esimo, rientrando di diritto nella “top 50” delle città su scala mondiale.
Uno dei punti di forza segnalati dal rapporto è il tasso di iscrizioni all’università per chi ha un diploma di scuola secondaria, che raggiunge quasi il 60%. Il capoluogo lombardo si posiziona così 13esimo nella classifica creata tenendo in considerazione tale parametro.
Ma non è tutto. Milano è arrivata anche 52esima nella classifica delle città premiate per posti di lavoro, creati grazie a investimenti stranieri diretti. Si tratta di un indicatore particolarmente rilevante perché permette di valutare quanto sia attrattiva una città per gli investitori.
La città meneghina, però, riporta un risultato negativo per la qualità dell’ambiente, attestandosi all’87esimo posto. Tuttavia la lotta all’inquinamento è un tema molto caro al sindaco della città, Giuseppe Sala, che ha formulato il piano Qualità Aria. Di recente ha annunciato due delle misure presenti nel piano: divieto di fumare sigarette all’aperto e alle fermate degli autobus e divieto di fumare allo stadio. Entrambi le misure saranno adottate entro il 2030. Il problema dell’aria e dello smog a Milano è «una delle questioni più frustranti per me» ha ammesso di recente il primo cittadino milanese.
Le altre classificate
Nella classifica di città mondiali che sono capaci di attrarre talenti si è aggiudicata il primo posto New York, seguita da Londra, Singapore e San Francisco. A rientrare tra le prime dieci anche alcune città europee come Parigi, che è riuscita a conquistare il settimo posto e Monaco che, invece, è arrivata decima.
Deludono le altre città italiane: Roma arriva 70esima, seguita da Bologna, 74esima, e Torino, 99esima.
L’Italia, però, è riuscita a conquistare l’ottavo posto al mondo per l’uso di robot negli stabilimenti industriali e produttivi.
Talenti che fuggono dall’Italia
Il risultato positivo ottenuto da Milano nella Global Talent Competitiveness Index è in controtendenza rispetto al crescente esodo dei laureati italiani.
I dati Istat indicano, infatti, una crescita del numero dei giovani che lasciano l’Italia alla ricerca di un posto di lavoro. Nell’ultimo decennio i giovani laureati che hanno abbandonato il nostro Paese sono stati 182mila.
Significativa anche l’età che tende ad abbassarsi. L’età media di chi decide di andare a vivere o a lavorare all’estero è attorno ai 30 anni. Ma due su quattro hanno tra i 20 e i 49 anni.
I giovani italiani che vanno all’estero approdano soprattutto in Gran Bretagna. Ma è tutta l’Europa, soprattutto centrale, ad accogliere i giovani italiani con un alto titolo di studio. In Germania, l’anno scorso, sono arrivati 18mila ragazzi, mentre 14mila sono migrati in Francia, poco meno di 10mila in Svizzera e 7mila in Spagna.