Dalla Liguria alla Sardegna: dove sono le nostre terre rare

La soluzione al problema della dipendenza mineraria potrebbe essere già sotto i nostri piedi. Con gli accordi sulle forniture ucraine da rivedere e l’Europa in affanno per aprire nuove miniere e ridurre l’import dall’estero, l’Italia emerge come un potenziale serbatoio di terre rare e metalli strategici. Sì, perché nel sottosuolo della Penisola si trovano 15 dei 34 critical raw materials ritenuti essenziali dall’Unione Europea. Dalla Liguria al Piemonte, passando per Lazio, Sardegna e Calabria, diverse regioni italiane custodiscono giacimenti preziosi di materie prime che, però, restano inutilizzati.

La mappa delle materie prime in Italia

Un tempo il cobalto aveva un ruolo marginale. I cellulari non esistevano, non si parlava di pannelli fotovoltaici, né di auto elettriche. Così i giacimenti presenti in Piemonte, a Punta Corna, ma anche nel Lazio e in Liguria, sono stati brevemente sfruttati per poi essere abbandonati. Oggi, con la crescente necessità di materiali per la transizione energetica, quelle riserve assumono una nuova rilevanza. 

In Liguria si trova anche uno dei tesori più preziosi del sottosuolo italiano: il Parco Nazionale del Beigua, tra Genova e Savona, custodisce la più grande riserva europea di titanio. Un’area protetta dall’UNESCO e quindi intoccabile ma che, adottando tutte le misure necessarie per la tutela ambientale, potrebbe essere sfruttata. 

Nel frattempo, in Sardegna, dopo 12 anni di attesa, è arrivata l’autorizzazione per l’estrazione di 3 milioni di tonnellate di fluorite a Silius, vicino a Cagliari. Il litio è invece presente nell’alto Lazio e in Campania. Tra il Lago di Bracciano e i Campi Flegrei, si trovano infatti diversi giacimenti di questo materiale, essenziale per la produzione delle nuove tecnologie. A Gorno, vicino a Bergamo, lo zinco veniva estratto fino agli anni ’80, oggi, con l’evoluzione del mercato, potrebbe essere economicamente vantaggioso riprendere l’attività.

E l’elenco continua. Il manganese è presente in Liguria e Toscana, il tungsteno si trova in Calabria, Sardegna e nelle Alpi centro-orientali, spesso associato a piombo e zinco. In Sardegna, nei pressi di Sassari, le bauxiti di Olmedo potrebbero contenere quantità sfruttabili di terre rare. La grafite, essenziale per le batterie di nuova generazione, è abbondante nel torinese, nel savonese e nella Sila. Anche materiali critici non metalliferi, come la barite, fondamentale per l’industria cartaria, chimica e meccanica, sono presenti in quantità significative tra Bergamo, Brescia e il Trentino.

La mappa mostra le principali materie prime "critiche" presenti sul suolo italiano | Fonte: Corriere della Sera
Le materie prime presenti sul territorio | Fonte: Corriere della Sera
Feldspato e fluorite, le uniche materie estratte 

Anche l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, riconosce la presenza sul territorio di un vasto patrimonio minerario che, però, l’Italia non utilizza, dipendendo «completamente dai mercati esteri». Depositi di materie prime da rivalutare «alla luce delle nuove tecniche di esplorazione e dell’andamento dei prezzi».  

Attualmente, secondo il database GeMMA (Geologico, Minerario, Museale e Ambientale), in Italia sono attive 76 miniere, di cui 22 legate a materiali rientranti nella lista delle 34 materie prime critiche europee. Tra queste, però, solo il feldspato – essenziale per l’industria ceramica – e la fluorite – impiegata nella produzione di acciaio, alluminio, vetro, elettronica e refrigerazione – vengono effettivamente estratti.  

Tornando al deposito di Silius, la miniera di Genna Tres Montis, una volta ristrutturata, diventerà una delle più importanti d’Europa. Considerando anche che i prezzi attuali della fluorite sono quadruplicati rispetto al 1990, molte delle 91 miniere di questo materiale attive in passato potrebbero essere riaperte, soprattutto nel bergamasco, nel bresciano, in Trentino e nelle storiche aree estrattive del Lazio e della Sardegna. Insomma, i permessi di ricerca in corso, insieme ai dati sulle miniere attive in passato e ai risultati delle indagini geologiche confermano il potenziale del sottosuolo italiano, aprendo uno scenario interessante per il futuro minerario nazionale.  

La miniera di Genna Tres Montis in Sardegna
La miniera di Genna Tres Montis in Sardegna
Riutilizzare i rifiuti estrattivi 

L’approccio per l’indipendenza energetica non si deve limitare all’apertura di nuove miniere o alla ripresa dell’attività in quelle chiuse, ma deve anche guardare al riutilizzo dei rifiuti estrattivi. Si stima infatti che siano circa 150 milioni di metri cubi gli scarti di lavorazione presenti sul territorio e provenienti da miniere ormai dismesse, spesso conservati in depositi obsoleti e poco sicuri. È quindi essenziale puntare sul recupero di questi materiali attraverso una strategia che valorizzi il riciclo e l’economia circolare. Secondo le proiezioni del governo italiano, entro il 2040 il riciclo potrebbe coprire fino a un terzo del fabbisogno nazionale di materie prime critiche, riducendo la dipendenza dalle importazioni e limitando l’impatto ambientale dell’estrazione.  

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