Più di 2 milioni di italiani lasciano il posto di lavoro ogni anno per cercare lidi migliori. Il 23 novembre 2023 la Cisl Lombardia, in collaborazione con Bibliolavoro e l’Ufficio Vertenze Lombardia Sindacare, ha evidenziato un’ondata di dimissioni che scuote il mercato del lavoro. Quasi due milioni di dimissioni volontarie nel 2021 e un incremento a 2,2 milioni nel 2022.
Un chiaro segnale di malcontento. In Lombardia, cuore economico d’Italia, il fenomeno è ancora più marcato: 420.000 dimissioni nel 2021 e 566.000 nel 2022. Vale a dire il 12% del totale dei lavoratori lombardi. Vediamo quali sono le cause e quali gli effetti sul tessuto economico italiano.
Un mercato in movimento
Il report della Cisl sfata il mito che le dimissioni siano solo il risultato di opportunità lavorative già sicure. Il 35,5% lascia il posto senza avere in vista un nuovo impiego. Questo sottolinea una ricerca di qualità di vita più che di sicurezza economica.
Le cause principali di abbandono, come identificato dallo studio, includono in particolare lo stress correlato al lavoro (36%). Ma anche climi aziendali tossici (34,9%), ricerca di miglioramento economico (29,5%) e desiderio di una vita più bilanciata (26,2%).
Un altro tema caro ai lavoratori è quello della sicurezza. Come ha dichiarato Roberta Vaia, Segretaria Regionale CISL Lombardia: «non dimentichiamoci che da inizio anno abbiamo superato le 100 persone che sono morte sul lavoro; bisogna parlare di prevenzione e non soltanto quando capitano questi eventi gravissimi»
La mobilità inter-settoriale dimostra anche una tendenza alla diversificazione. Ad esempio nel commercio e nella ristorazione, meno della metà è rimasta nello stesso settore, preferendo trasferirsi verso l’industria metalmeccanica, i servizi o altre aree. Il cambiamento si riflette nel desiderio di maggior riconoscimento delle competenze, autonomia e possibilità di carriera.
L’impatto delle scelte individuali
La precarietà può accompagnare una scelta simile. Circa 3 lavoratori su quattro lasciano il posto a tempo indeterminato. Di questi, il 57,3% non troveranno un lavoro altrettando stabile. Insomma, la ricerca di un miglioramento qualitativo nella propria vita è una tendenza prevalente.
Questo slancio verso l’autonomia e il riconoscimento si sta trasformando in un vero e proprio esodo. Ed è interessante notare come il 93% degli intervistati dichiara che rifarebbe la propria scelta. Le dimissioni volontarie aprono quindi un dibattito più ampio su come le esigenze personali e le strutture aziendali possano trovare un punto d’incontro equilibrato.
Le dimissioni volontarie nel nostro Paese forse rappresentano un tentativo dal basso di rinegoziare nuovi spazi e condizioni di lavoro più soddisfacenti in un mercato in continua trasformazione.