La nuova frontiera del marketing si chiama Branded Entertainment (BE) ed è la pratica con cui le aziende creano contenuti d’intrattenimento, per aumentare la consapevolezza di un marchio e condividerne i valori con i fruitori. «Possiamo dire che il BE è una forma di comunicazione che inserisce il racconto dei valori del brand in contenuti editoriali di intrattenimento, al contrario del push advertising che interrompe il contenuto», spiega Laura Gusmeroli, Client Director di Show Reel Media Group, una digital media company tra le più inserite nel panorama italiano del Be.
«Il Branded Entertainment», prosegue, «rientra nel mondo del content marketing e, talvolta, si fa coincidere con il branded content. Con quest’ultimo termine si intende un contenuto brandizzato in cui lo storytelling viene costruito intorno ai valori condivisi dal marchio. Il brand/prodotto assume un ruolo nella storia, fino a diventarne protagonista attivo, che va oltre la riconoscibilità e crea una connessione con uno specifico target all’interno di una community basata su valori condivisi, entrando quindi nella sua sfera d’interesse. Il branded content ben riuscito è quello in cui la storia narrata è un prodotto d’intrattenimento godibile a prescindere dalla presenza del brand”.
I progetti vengono interamente o parzialmente finanziati dai brand, il cui scopo è coinvolgere le persone e condividere con loro la propria identità. Film, cortometraggi, serie televisive, podcast e molto altro. Il mondo del BE spazia in tutti i campi e stravolge le regole della pubblicità tradizionale: per i marchi non conta più imprimere nella testa del consumatore un determinato messaggio, è molto meglio trasmettergli la propria etica senza annoiarlo.
Un’altra caratteristica del BE è la versatilità, perché i prodotti sono talmente eterogenei che hanno bisogno di differenti canali di diffusione: il cinema, la TV, il web e gli eventi dal vivo. Tra i pionieri di questo nuovo formato bisogna ricordare BMW, che nel 2001 ha lanciato The Hire, una serie di otto puntate. La storia narra le vicende di un pilota (interpretato da Clive Owen) che viaggia da un posto all’altro a bordo di diverse automobili dell’azienda tedesca. Un altro esempio è Killer in Red, diretto da Paolo Sorrentino per Campari. Il cortometraggio è basato su una storia originale di J. Walter Thompson. Per concludere, è importante sottolineare un aspetto: il Branded Entertainment viene percepito dal consumatore come un dono, non come l’interruzione di un’attività. Questo grazie all’esperienza innovativa che il marchio regala allo spettatore, con lo scopo di raccontargli la propria storia e i propri valori invece di limitarsi a comunicare un prodotto.
Il BE inserisce il racconto dei valori del brand in contenuti editoriali d’intrattenimento
I DIVERSI SETTORI CHE UTILIZZANO IL BE
Il Branded Entertainment coinvolge tanti settori che vogliono trasmettere alle persone i propri valori e la propria identità attraverso prodotti d’intrattenimento. Sono molti gli ambiti nei quali si fa uso di questa innovativa pratica pubblicitaria; food and beverage, moda e aziende produttrici di automobili sono solo alcuni di questi. Ogni settore utilizza poi il BE in maniera diversa, perché ogni marchio ha obiettivi specifici e differenti.
Food and beverages
CAMPARI, “The Legend of Red Hand”
Per esempio, Campari ha realizzato The Legend of Red Hand. Il cortometraggio è stato diretto da Stefano Sollima, con la partecipazione di Zoe Saldana (protagonista di Guardiani della Galassia e di Avatar). Lo short movie narra le avventure di Mia Parc, anagramma di Campari, che parte da Milano alla ricerca dell’artigiano dei migliori cocktail del mondo, tutti realizzati con lo stesso ingrediente di base: la rossa e iconica bevanda alcolica. Campari viene presentato come la componente essenziale per preparare un drink perfetto, ma da solo non basta. Come ha sottolineato il regista: “ciò che conta è l’arte della miscelazione. Il vero segreto è nascosto nelle Red Hand, è quello l’elemento che fa la differenza”.
LAVAZZA, “Basement Café”
Anche la famosa azienda che produce caffè e cialde ha voluto scoprire il mondo del Branded Entertainment. Il progetto si chiama Basement Café, è alla sua terza edizione, ed è in collaborazione con Chili e Esse Magazine, la rivista di musica urban. L’idea iniziale era realizzare una serie di interviste con artisti della scena rap italiana e contemporanea. In ciascuna puntata il direttore di Esse Magazine, Antonio Dikele Distefano intervistava due rapper del calibro di Marracash, Fabri Fibra, Gemitaiz, Madman e molti altri. Lo scopo era (ed è) rivolgersi ai giovani, attraverso la musica e la cultura rap. Per la terza edizione l’azienda ha deciso di alzare il tiro, affrontando temi di interesse socio-culturale per i ragazzi. L’argomento è il futuro e il format è lo stesso. A cambiare sono gli intervistati, che appartengono a diversi contesti. Gli aspetti analizzati riguardano la moralità, il mondo digitale e reale, la politica, l’arte, l’ambiente. Tutte le puntate sono condotte dalla youtuber Sofia Viscardi e tra gli ospiti figurano Achille Lauro e la giornalista Francesca Barra, la giovane digital creator Camihawke e la sociologa Silvia Semezin (promotrice della legge contro il revenge porn). Ci sono poi il giornalista Gad Lerner e Myss Keta, la street artist Jorit e la scrittrice Michela Murgia, l’astronauta Paolo Nespoli e la cantautrice Francesca Michielin.
Moda
BULGARI, “Mai Troppo”
Anche la moda non ha saputo resistere al richiamo del BE e Bulgari ha lanciato la campagna pubblicitaria Mai Troppo. Il film è un inno alla vita, una celebrazione di Roma, città che ha ispirato la società di gioielli di lusso fin dalla sua fondazione nel 1884. Il regista è lo svedese Johan Renck, che dirige le attrici Naomi Scott e Zendaya, oltre alla top model Lily Aldridge. In questa campagna ambientata nella Città Eterna, il fascino delle protagoniste viene accentuato dai loro abiti eleganti e dai bellissimi gioielli che indossano. Tutti rigorosamente targati Bulgari.
GUCCI, “Ouverture of Something That Never Ended”
Un altro progetto particolarmente interessante è Ouverture of Something that Never Ended, la serie di sette puntate realizzata da Gucci. Gli episodi sono stati girati dal regista americano Gus Van Sant, insieme al direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele. L’iniziativa è nata dalla difficoltà di organizzare le sfilate durante l’emergenza sanitaria, e si è da subito contraddistinta per la sua originalità. La protagonista è Silvia Calderoni (già modella per Gucci) che rappresenta l’eleganza, la bellezza e la freddezza. Per quanto riguarda la trama, non esiste. Non c’è una storia, vengono semplicemente ripresi eventi sconnessi tra loro, senza un filo logico. L’unica cosa importante sono i messaggi che trasmette Calderoni, che racchiudono l’essenza della nuova collezione della famosa casa di moda: abiti senza tempo che vestono corpi. Non c’è più una distinzione tra stagioni e generi, estate e inverno e donna e uomo.
Motori
MINI Italia, “Quella Svolta Che”
I podcast affascinano anche il settore delle automobili, tanto che Mini ha deciso di cominciare a produrne di propri. Lo scopo era selezionare una serie di caratteristiche dell’auto (come il go kart feeling o il design) per realizzarci intorno una mappa di attributo-valore. Dopodiché sono state individuate delle storie vere, in grado di esprimere quel momento che, per i protagonisti, ha rappresentato una vera e propria svolta nella vita. Così è nato Quella Svolta Che, composto da 7 episodi che raccontano le storie di Manolo Zanolla, l’inventore del free climbing, quella di Mauro Morandi, unico abitante dell’isola di Budelli… e tante altre.
BMW, “The Small Escape”
Invece, la grande azienda tedesca sembra preferire i cortometraggi, e ha realizzato The Small Escape. Il corto è stato prodotto dal regista Alex Feil, dal cameraman Khaled Mohtaseb e dallo scenografo Erwin Prieb. La storia raccontata è quella della BMW Isetta (piccola e storica auto del marchio) che negli anni ’60 fu utilizzata per una fuga a Berlino. La vettura trasportò nove persone da est a ovest della capitale tedesca. L’Isetta è diventata un’icona, perché è la macchina più piccola a essere mai stata utilizzata per fuggire. L’auto è stata scelta proprio per le sue dimensioni ridotte: non avrebbe insospettito i soldati di frontiera, perché sembrava impossibile poterci nascondere al suo interno così tante persone.
Il BE, un mercato da 500 milioni di euro
La domanda di contenuti d’intrattenimento aumenta ogni giorno. Le persone (soprattutto i giovani) vogliono storie e esperienze di facile fruizione. Inoltre, l’emergenza sanitaria e il lockdown hanno contribuito alla crescita dell’utilizzo delle piattaforme streaming. In questo contesto, il settore del Branded Entertainment si sta sempre più espandendo: secondo una ricerca condotta da Nielsen, questo mercato nel 2019 ha stimato un valore complessivo di 549 milioni di euro, rispetto ai 506 milioni preventivati. Ciò corrisponde a un incremento del 24% rispetto al 2018.
È però importante sottolineare che questa crescita ha subito un calo nell’ultimo anno, a causa del coronavirus. L’intero comparto pubblicitario sta vivendo un periodo di crisi e per il 2020 è prevista una riduzione del 9% per quanto riguardano gli investimenti nel Branded Entertainment. Queste somme si aggirano dunque intorno ai 497 milioni. Ciò non toglie che il BE sia in continua espansione rispetto al product placement, con una quota del 74% contro il 26% del 2018 e dell’80% contro il 20% del 2019. Infatti, nonostante la pandemia abbia causato un freno per gli investimenti nel settore pubblicitario, ha aumentato il consumo di contenuti digitali.
Nel 2019 il valore complessivo del mercato del BE è stato stimato a 549 milioni di euro
BE: il 6% degli investimenti in ambito pubblicitario
La ricerca rileva inoltre che, in Italia, la quota complessiva impiegata in ambito pubblicitario è di poco inferiore agli 8,8 miliardi di euro. Di questi, circa il 6% viene utilizzato per il BE e di solito il valore dell’investimento dichiarato più frequentemente si aggira tra i 100mila e i 300mila euro. Solitamente il 43% di queste somme viene utilizzato per la creazione di contenuti, mentre il 57% viene impiegato per la distribuzione e la promozione.
«Siamo in un momento storico in cui la pubblicità, in particolare quella digitale, è vissuta dagli utenti come invasiva», spiega Francesca Moraldi, «si presenta quindi la necessità per i brand di trovare nuove leve di comunicazione, da integrare a quelle più tradizionali on e offline, per poter coinvolgere attivamente il proprio target. Il branded content è una soluzione».
Il futuro del BE: il 40% delle aziende vuole investire di più
Nonostante i numeri non siano ancora alti, il settore del Branded Entertainment sembra destinato a crescere. Se nel 2019 l’89% degli inserzionisti hanno dichiarato di aver raggiunto i propri obiettivi di marketing, è anche vero che nel 2020 si è assistito a una frenata degli investimenti da parte del 49% degli intervistati. Rimane comunque una buona percentuale (il 40%) che crede nel potenziale di questa nuova pratica pubblicitaria e che ha dichiarato di voler investire di più nel Branded Entertainment.
CHI PRODUCE I CONTENUTI E DOVE TROVARLI
Show Reel Media Group, la holding di Luca Leoni
La holding Show Reel Media Group è una digital media company fondata nel 2019 da Luca Leoni. Come holding, Show Reel Media Group coordina due main company: Show Reel Agency e Show Reel Factory. L’azienda fornisce una consulenza strategica per i marchi che vogliono creare contenuti brandizzati. Il ruolo della social media company è quello di studiare e suggerire ai brand metodi comunicativi più efficaci in grado di catturare l’attenzione del fruitore dei contenuti. Per quanto riguarda i talent, il contributo di Show Reel Media Group consiste in una consulenza sui contenuti più efficaci per l’intrattenimento, sulla creazione di format identificativi e sul linguaggio adatto al target di riferimento. «La comunicazione digitale è efficace solo se risulta interessante e innesca conversazioni rilevanti per community a cui il racconto vuole rivolgersi», ha aggiunto Gusmeroli.
SHOWME, LE “STORIE” DEI GRANDI MARCHI IN UN UNICO POSTO
In questo clima di espansione del BE è nato il progetto editoriale Showme, da un’idea di Andrea Bellati, studente universitario di Strategic Communication presso l’università di lingue e Comunicazione IULM di Milano. Si tratta di una piattaforma che raccoglie in un unico posto tutti i principali contenuti d’intrattenimento creati dai marchi: Film, web serie, cortometraggi, articoli, podcast e molto altro. Il portale ha molteplici funzionalità e si rivolge a un pubblico eterogeneo di tutte le età. «Per gli utenti la ricerca dei contenuti brandizzati richiede un certo impegno», spiega Bellati, «devono conoscere i brand e andare a cercarsi uno alla volta i video su internet. Con la nostra piattaforma questo problema sparisce, perché noi li mettiamo in un unico posto e chiunque li può consultare gratuitamente da qualunque dispositivo». L’idea è semplice: i link dei singoli contenuti vengono presi da YouTube e caricati sul sito di Showme. I diversi prodotti vengono poi suddivisi per categoria (cibo, motori, sport natura, intrattenimento, avventura, fiction, action) e per formato (serie tv, podcast, articoli, documentari). «Lo spirito col quale è nata la piattaforma», continua Bellati, «è mettere al centro il brand e offrirgli un luogo unico nel suo genere, in cui può esibire la propria cultura e i propri valori in modo esclusivo. Lo spettatore, in una versione più avanzata del progetto, oltre a poter usufruire dei contenuti d’intrattenimento, potrà interagire con il brand che li ha realizzati».