Enrico Letta: «L’UE deve completare il percorso iniziato a Maastricht»

«Stiamo entrando in una nuova era geopolitica ed economica. Un passaggio epocale, simile a quello che si verificò tra il 1989 e il 1992, tra il crollo del Muro di Berlino e il Trattato di Maastricht». Così Enrico Letta, Decano della School of Politics, Economics and Global Affairs dell’Università IE di Madrid e presidente dell’Istituto Jacques Delors, durante un’intervista condotta da Daniele Manca, vicedirettore del Corriere della Sera, in occasione del Capital Markets Day allo Studio Chiomenti di Milano.

L’Europa del futuro

«Viviamo nell’epoca degli ecosistemi. Le cose accadono perché l’ecosistema le rende possibili. Non c’è un singolo responsabile, e l’azione individuale non basta», introduce Manca. In questo contesto, secondo Letta: «Il parallelo con il periodo tra il 1989 e il 1992 è evidente. Nessuno oggi può dire quale sarà l’assetto futuro, ma è chiaro che l’ordine attuale è destinato a cambiare».

Letta osserva che oggi paghiamo uno scotto di competitività, derivato dal fatto che l’integrazione si è fermata alla moneta unica. «Il processo avviato a Maastricht è incompleto. Abbiamo realizzato una solida unione monetaria, ma non un’integrazione economica sufficiente. I nodi principali restano tre: finanza, energia e telecomunicazioni. Settori che costituiscono le fondamenta della sicurezza e della competitività. Essere 27 e non un unico attore è un problema serio».

Lo scenario globale è oggi dominato da “Paesi-continente”: gli Stati Uniti che impongono la pace tra India e Pakistan, la Cina che rafforza i legami con il Sud America sfidando i dazi statunitensi, la Russia impegnata nell’aggressione all’Ucraina. In questo contesto, l’Europa rischia di restare marginale. «Serve un’accelerazione, anche se non è scontato che le proposte contenute nel Saving and Investment Union diventino realtà. Un’opportunità importante sarà rappresentata dalla presidenza danese del Consiglio dell’UE a partire dal 1° luglio. Copenaghen, pur fuori dall’euro, si è dimostrata uno dei Paesi più europeisti dopo le minacce di Trump sulla Groenlandia».

La via dell’integrazione

Il progetto di una Saving Investment Union è, per Letta, uno strumento cruciale per favorire l’integrazione del mercato dei capitali: «Il principale freno alla competitività europea è la difficoltà ad attrarre capitali privati. Altrove, infatti, gli investimenti più rilevanti in intelligenza artificiale e nello spazio sono spinti da capitali privati. Perché? Perché là esiste un mercato finanziario unificato. In Europa, la frammentazione in 27 mercati nazionali rende tutto più lento e poco attrattivo. Da qui nasce la necessità di una Unione del risparmio».

Sul piano normativo, Letta suggerisce un cambio di paradigma: «Dovremmo superare il sistema delle direttive, che permettono interpretazioni nazionali — basti pensare alla direttiva balneare — e puntare sui regolamenti europei, direttamente applicabili. Per questo abbiamo lanciato l’Arel Single Market Lab, una rete aperta a chi vuole fare advocacy in vista del futuro del mercato unico».

Indipendenza strategica

Un segnale emblematico è arrivato da Elon Musk, quando, rivolgendosi all’Ucraina su X (ex Twitter), scrisse: «Comportatevi bene o vi stacco la spina e collassate». Letta commenta: «Quel tweet ci ha fatto capire che non possiamo più permetterci di non essere padroni di noi stessi. Dobbiamo riscoprire il valore dell’indipendenza strategica. Servono scelte politiche coraggiose, capaci di superare il nazionalismo e favorire la nascita di campioni europei».

E conclude con un esempio concreto: «Quando c’è un campione europeo, possiamo battere gli Stati Uniti. Airbus è la dimostrazione che un’Europa unita può essere competitiva a livello globale».

Ettore Saladini

Laureato in Relazioni Internazionali e Sicurezza alla LUISS di Roma con un semestre in Israele alla Reichman University (Tel Aviv). Durante il primo stage ho lavorato a Radio Mediaset, dove mi sono occupato dei giornali radio delle emittenti del gruppo. Al secondo anno ho iniziato a collaborare con Il Giorno, dove ogni settimana ho raccontato un quartiere di Milano intervistando residenti e commercianti. A giugno ho vinto il Premio Scalfari 2025 dedicato alle scuole di giornalismo. Ora mi attendono sei mesi di stage a Repubblica.

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