Moscato, Falanghina, Merlot: non è retorica affermare che sono sempre presenti sulle tavole degli italiani. Ma anche il mercato del vino, seppur meno di altri, soffre il momento storico dell’economia. Il Presidente dell’azienda vinicola Cantina Bacco, Giuseppe Combi, si racconta: «I clienti fedeli ci sono e sono tanti. Ci permettono di non chiudere, ma tra gli effetti della pandemia e l’aumento dei prezzi sono molto preoccupato».
Cantina Bacco è un’azienda vinicola del Lazio nata nel 1973 dall’unione di produttori locali della zona di Nettuno e Anzio, in provincia di Roma. L’azienda è legata con passione alla tradizione del territorio e mira a valorizzare il suo vigneto dalla storia millenaria, citato persino dallo studioso Plinio il Vecchio nel Naturalis Historia. Il prodotto il “Cacchione” è una delle etichette di punta della Cantina. L’azienda, composta da 12 soci con 40 ettari di vigneti ciascuno, ha un fatturato di circa 900 mila euro l’anno. Attualmente il numero di dipendenti va dai 6 ai 9, a seconda del periodo, in quanto durante la vendemmia c’è più necessità di mano d’opera.
Dopo la pandemia
Giuseppe Combi racconta come la produzione vinicola, sia stata condizionata dalla pandemia. «Sicuramente siamo riusciti a tener botta al Covid grazie al nostro punto vendita al centro di Nettuno, nella provincia di Roma, ma è il settore Horeca ad aver subito gravi conseguenze».
Se nel suo complesso il sistema produttivo dei vini non ha subito eccessive limitazioni, la generale difficoltà ha riguardato il canale Horeca nazionale e internazionale – il settore commerciale dell “Hotellerie-Restaurant-Café – che si è bloccato totalmente con il virus. Nel caso della Cantina Bacco «molti clienti, anche provenienti da altre città, che avevano ristoranti sono stati costretti a chiudere. Questo ha portato ad un calo di fatturato della nostra Cantina. Abbiamo dovuto stringere i denti per poter pagare soci e operai».
Inoltre, l’avvento della pandemia, ha reso impossibile organizzare eventi, che per la Cantina Bacco si aggiravano attorno ai 20 all’anno e fruttavano entrate e molta pubblicità.
Come realizzare una bottiglia
C’è un’altra questione con cui il vino italiano deve fare i conti da diversi mesi: il rincaro sulle materie prime che influisce almeno del 20% nella realizzazione del prodotto finito. Il vino c’è, ma mancano le bottiglie in cui versarlo e le etichette con cui confezionarlo. Il problema riguarda principalmente il settore di carta e cartone, legno e vetro. «Stiamo soffrendo» ammette Combi «vestire un singolo litro di vino per poterlo vendere ha un costo che include bottiglie, cartone, tappi. Tutto incide».
I primi segnali dell’aumento dei prezzi delle materie prime si stavano riscontrando già dallo scorso settembre. Si trattava più che altro di previsioni dei fornitori dovute all’arrivo di diversi prodotti dalla Cina. Vetro, cartoni, tappi: tutto sta subendo un rincaro. Bonchi afferma: «Sto aspettando a produrre il listino base dei prezzi. Considerando che il vetro subirà un aumento dei costi di circa il 12%, i tappi attorno all’8% e il cartonificio attorno al 18%, non vorrei sbilanciarmi ma ci sarà un costo aggiuntivo per produrre la bottiglia del 20%. Non so precisamente quanto l’aumento dei prezzi inciderà, ma so che inciderà molto».
C’è poi un altro fattore particolarmente determinante: le cantine di vini sono alle prese anche con l’aumento dei trasporti. Cantina Bacco ha clienti in tutta Italia e deve spostare le sue bottiglie di vino. Ad esempio per portare a Roma o a Milano il prodotto, l’azienda si è procurata dei furgoni a metano e anche questo ha subito un rincaro: «Il costo del metano è salito da 90 centesimi a 2 euro. Dunque non solo è aumentato il prezzo dei materiali per rivestire una bottiglia, ma anche il costo del suo trasporto».
Le conseguenze si ripercuoteranno sui clienti. Giuseppe Combi conclude: «Adesso con l’anno nuovo, stiamo cercando di realizzare quanto l’aumento dei prezzi ai massimi storici, porterà ad incidere sui compratori. Insomma, dobbiamo capire quanto farli pagare».