weekenDarte | EP.23: la Milano di Dino Buzzati

Quest’anno si celebra il cinquantesimo anniversario dalla morte di Dino Buzzati: lo scrittore “dell’assurdo-reale”, colui che ha estraniato la letteratura dalla storia, trasformandola in sogno.

L’autore nasce nel 1906 a San Pellegrino di Belluno, ma nella località veneta ha sempre trascorso solamente i periodi estivi. Il suo cuore apparteneva a Milano, dove trascorse l’ intera esistenza. Lui stesso ha dichiarato:

“A Milano sono sempre vissuto, la quasi totalità dei miei ricordi di ogni genere appartiene a Milano, è logico quindi che qui mi trovi a mio agio, che Milano sia per me la città più ricca di significati”.

Milano infatti è una città letteraria che può essere visitata anche sfogliando i suoi testi.  Scrittore ironico, non aveva mezze misure, è uno dei più importanti autori della letteratura italiana del Novecento. Esiste una Milano di Dino Buzzati, fatta di scorci immortalati nelle sue opere. Non solo: anche di luoghi della sua vita quotidiana che lo ricordano e lo celebrano.

La sua prima abitazione è in via San Marco, al 12. Lì passava un naviglio che si congiungeva alla Martesana. Giovanissimo, Dino Buzzati abitava nell’appartamento al primo piano.  L’aveva scelto sua madre: lo scorcio la riportava a Venezia. 

“E cosa c’è nella camera della Tata anno 1913 primo piano via San Marco 12 illuminata a gas acetilene e quelle ombre degli angoli di novembre, il misterioso cassetto diviso in tanti scomparti con matasse rocchetti aghi spilli ditali che raccontavano tante storie di matrimoni vacanze soirées!”.

La famiglia dello scrittore de “Il deserto dei Tartari” si è trasferita poi in Piazza Castello 28. L’autore guardando fuori dalla finestra immaginava la piazza come una pista di corse automobilistiche ed è in questo periodo che compone i primi racconti rimasti inediti e purtroppo andati perduti, che secondo alcune ricerche pare fossero ispirati al mondo dell’automobilismo. 

Per più di quarant’anni Buzzati ha lavorato nella storica sede del Corriere della Sera in Via Solferino: la collaborazione iniziò, gratuita, nel 1932. Il direttore Aldo Borelli vide nel giovane grandi potenzialità e nel giro di un anno lo assunse a tempo pieno. Buzzati vi lavorò per 43 anni.

“Ero ancora studente quando feci una rispettosa domanda per entrare al Corriere della Sera. L’accettarono e fui assunto come cronista. Cominciai la carriera giornalistica dal gradino più umile, raccogliendo notizie nei commissariati di polizia (…). Penso che parecchi miei colleghi mi stimassero poco meno che un cretino”.

La Milano di Buzzati è una città in trasformazione, fatta di tinte misteriose e buie. La ritroviamo nelle sue pagine scritte, ma anche in quelle dipinte. Dino Buzzati non è solamente scrittore e giornalista, ma anche pittore. Milano torna spesso nei suoi quadri, ne sono immortalate le vie: Piazza Duomo, i Giardini di Porta Venezia, via Moscova, Brera, Piazza Missori ed è nel 1958 che inaugura la sua prima personale presso la Galleria Re Magi in via Boito dal titolo Le Storie Dipinte che otterrà un grande successo di pubblico e di critica. Buzzati era un’instancabile camminatore, amava spesso passeggiare per Milano e i luoghi da lui privilegiati erano il Cimitero Monumentale e lo zoo dei Giardini di Porta Venezia.

Il Duomo dipinto da Dino Buzzati

Ed è proprio ai Giardini di Porta Venezia, precisamente vicino alla fontana, che Buzzati incontra Almerina Antoniazzi. È estate, e lei viene chiamata per posare come modella in un servizio fotografico per la Domenica del Corriere, di cui Buzzati è vice-direttore. Diventerà sua moglie poco tempo dopo.

Negli ultimi anni della sua vita, Buzzati si trasferisce in Via Vittorio Veneto 24. È nella zona di Porta Venezia: qui Buzzati ha vissuto gli ultimi trent’anni della sua vita, qui è nato il romanzo “Un amore“. È stata la sua quinta casa, fino al giorno della sua morte: il 28 gennaio del 1972, cinquant’anni fa.

 

 

Buzzati e il suo dipinto

 

Priscilla Bruno

Romana, classe ‘96. I libri sono da sempre la mia costante: ricordo come da bambina la mia eroina fosse Jo March, la protagonista di Piccole Donne che usava la sua penna come arma contro qualsiasi pregiudizio.

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