weekenDarte: al PAC la mostra di Tania Bruguera, “La verità anche a scapito del mondo”

Il vero pregio di una mostra o di un progetto artistico si compie nel momento in cui il messaggio, di cui si fa partecipe l’artista, non è solo arte. È politica, socialità, pensiero critico. Tania Bruguera, al PAC di Milano, fa questo. Elimina la distanza che esiste tra arte e vita, quel confine che sposta su due piani diversi l’estetica e l’urgenza del racconto quotidiano. 

Tra le artiste più influenti del nuovo secolo, l’attivista cubana porta in Italia, nello spazio del Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, la dimensione politica dell’arte.

L’artista Tania Bruguera di fronte alla sua opera Estadística

Attraverso numerose performance, curate dal conservatore del PAC Diego Sileo, Bruguera mette i visitatori di fronte ad una visione ben precisa della storia e della società, a partire dal titolo della mostra, “La verità anche a scapito del mondo”. La citazione è tratta da un’intervista a Hannah Arendt, filosofa tedesca e fonte di ispirazione per il lavoro dell’artista cubana. «Quello che lega tutte le opere e le installazioni presenti nella mostra è l’attitudine alla ricerca della verità. Una verità storica, che non si piega di fronte alle opinioni e alle storpiature dei racconti», spiega il curatore della mostra Diego Sileo. 

 

Il visitatore dovrà affrontare, nel percorso, tutte le verità che gli sono poste di fronte. Fin dalla prima sala si palesa la potenza del racconto artistico di Tania Bruguera: una bandiera europea, in cui le dodici stelle dorate sono unite fra sé da un filo spinato, cucito a mano da tre sopravvissuti ai lager di Auschwitz e Mauthausen e dai figli di alcuni deportati durante la Seconda guerra mondiale.

L’opera è stata realizzata appositamente per il PAC grazie alla collaborazione dell’ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti)

Sull’installazione una scritta recita in inglese: “Il misero trattamento riservato ai migranti oggi, sarà il nostro disonore domani”.

La bandiera, simbolo per eccellenza della nazione e di un suo ideale, diventa la sua antitesi: una denuncia contro i maltrattamenti subiti dai migranti negli ultimi anni. «Si tratta di riscoprire il simbolo. Ultimamente i simboli forti non hanno aiutato le battaglie. Basta vedere l’amaro accostamento che i no-vax hanno fatto con i detenuti dei campi di concentramento. Questo ci ha riconfermato di quanto fosse necessario ricercare, anche in questa mostra, il legame storico dell’arte con l’attualità» racconta Diego Sileo. 

 

Rivoluzionaria e impattante la performance Sin Título (Habana, 2021), nella galleria del primo piano, in cui si è costretti a camminare al buio su un tappeto di canne da zucchero che rende difficile l’equilibrio. In fila, tre performer cubani completamente nudi che urlano i nomi degli oltre cinquecento prigionieri politici presenti a Cuba in questo momento. «Nella prima versione dell’opera i performer si muovevano in modo meccanico nello spazio mentre un televisore mostrava immagini di Fidel Castro. Abbiamo rimosso i video perché non volevano che il legame con Cuba limitasse l’universalità dell’opera. Abbiamo voluto renderla ancora più attuale, dando voce ai cittadini e identità ai dissidenti» spiega ancora il curatore. 

L’opera è la rielaborazione della celebre Sin Título (Habana, 2000) realizzata per la Bienal de la Habana

Sul fondo della mostra si staglia Estadística, un’altra bandiera, questa volta quella cubana. A intesserla i capelli donati dai cittadini e dalle cittadine di Cuba.

L’opera torna ad essere esposta al pubblico dopo quasi trent’anni di irreperibilità

La metafora artistica è quella del popolo che si riappropria del potere di cui è stato privato. Sottintesa nell’opera ma esplicitata dall’artista, la critica alle contraddizioni irrisolte dell’isola caraibica.

L’ultima performance, che chiude lo spazio espositivo di Via Palestro, è una copia fedele dell’insegna posta all’ingresso di Auschwitz, che recita in tedesco “Il lavoro rende liberi”. Sull’installazione lavora un uomo, intento a limare l’insegna con una smerigliatrice, senza lasciar intendere al pubblico, immerso nel buio illuminato dalle sole scintille dello strumento, se il suo compito sia di distruggerla o riparla. In questo dubbio sta il senso dell’opera: l’alienazione dei sistemi dittatoriali e il danno alla dignità umana. Il filo rosso rimane sempre lo stesso: «Non ci sono opinioni sulla verità storica, che va raccontata e cercata sempre, anche a scapito del mondo», conclude il curatore Diego Sileo. 

Presentato nel 2010 a Madrid, fu ispirata dal furto della vera insegna avvenuto l’anno prima a opera di cinque giovani

 

TANIA BRUGUERA, La verità anche a scapito del mondo

A cura di Diego Sileo

Dal 27 novembre 2021 al 13 febbraio 2022

PAC Padiglione d’Arte Contemporanea (Milano)

 

Viola Francini

Di sangue toscano, vivo a Milano da 4 anni e sogno il giornalismo da quando ne avevo 9. Innamorata dell’arte in tutte le sue forme, guardo il mondo con il filtro della poesia sugli occhi. Mi piace raccontare la cultura, quella che parla di società e realtà umane. Laureata in Linguaggi dei Media all'Università Cattolica, ho collaborato con la redazione NewsMediaset e scrivo per MasterX come giornalista praticante.

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