Solo la prima puntata della settantesima edizione del Festival di Sanremo, andata in onda il 4 febbraio in prima serata, è riuscita a portare a casa il 52% di share. Merito delle canzoni scelte, ospiti e monologhi portati sul palco più importante d’Italia. Per ottenere lo sfavillante risultato visibile in mondovisione, servono – tra gli altri – operai, costumisti, musicisti e truccatori. C’è bisogno, insomma, di un fitto sottobosco di lavoratori che garantisce la sopravvivenza della kermesse pop più longeva del Paese. Sotto il trucco, però, qualcosa è rotto: lo sostiene Emanuela Bizi, segretaria generale Slc Cgil, il Sindacato Lavoratori della Comunicazione.
In un comunicato stampa, la denuncia: i musicisti ricevono un compenso di 50 euro al giorno per quaranta giorni di lavoro. «Prove estenuanti e tempi di lavoro interminabili: dalle 10 del mattino fino a fine diretta, spesso dopo la mezzanotte. Sono condizioni inaccettabili che svelano, ancora una volta, come dietro luci sfavillanti e giacche doppiopetto il mondo dello spettacolo in Italia non riconosca il lavoro degli artisti» scrive il sindacato.
Quali sono le condizioni contrattuali dei componenti dell’orchestra?
Si divide in due parti: l’Orchestra ritmica e l’Orchestra Sinfonica di Sanremo. La prima è sostenuta dalla Rai, la seconda è in difficoltà da molti anni per il calo dei contributi pubblici. La regione contribuisce poco e anche il Comune non ha grandi possibilità. La Provincia ha smesso di finanziarla. Le difficoltà derivano dal fatto che gli artisti sono quasi tutti a partita IVA. Chi compone le file di Sanremo è quasi sempre freelance che ha in media un cachet fisso di 1900 Euro per 40 giorni con un rimborso minimo di 180 Euro. Considerando anche che molti musicisti negli anni subiscono danni fisici per questioni di postura e tempo di prove, che pure sono molto lunghe.
Quindi secondo lei Sanremo non restituisce quello che prende a chi lavora per il festival?
È singolare che si arrivi a questi compensi ridicoli, ecco. Le prove iniziano già da gennaio a Roma, c’è un lavoro preparatorio importante. Dalle 10 del mattino fino alle 21 e poi, nella settimana della kermesse, dalle 10 fino a fine diretta, quindi molto spesso fino a dopo mezzanotte. Si tratta di una vetrina per l’Italia, un sacco di lustrini e un indotto importante. Inoltre, la quantità di lavoro nero nel settore musicale è molto importante, si parla di 2 o 3 miliardi di nero. A un evento pubblico di questa portata si chiede di rispettare i diritti dei lavoratori. I musicisti poi sono molto deboli, considerata anche la loro professione atipica che li porta ad accettare qualunque condizione. I contributi poi non corrispondono alla mole di lavoro, quando un artista invecchia, non riesce a garantirsi una pensione dignitosa. Il fenomeno non è da circoscrivere a Sanremo: con i suoi riflettori mette solo in luce cose che succedono tutti i giorni in occasioni di tante kermesse.
Questo riguarda la musica, quali sono invece le condizioni di truccatori e costumisti?
Quelli di Sanremo forse sono più tutelati. Tanti arrivano anche dalla Rai, ma ci sono anche professionisti che non arrivano dall’ambito dello spettacolo. Non vengono selezionati dagli ambiti del teatro, molto spesso ci si affida a sarti non specializzati. In realtà il settore dello spettacolo non è mappato con precisione e un vero professionismo non esiste. Si tratta di un lavoro atipico che dovrebbe godere di maggiori garanzie.
Quale sarebbe quindi la soluzione?
Si dovrebbero garantire dei finanziamenti e nel nostro Paese sono pochi. Dall’altra parte anche agevolare contesti nei quali si fa arte e spettacolo.