Radio Italia compie 40 anni. Il fondatore: “Con noi tre generazioni”

 

«Radio Italia ha accompagnato e cresciuto tre generazioni: per i nostri ascoltatori siamo una famiglia e abbiamo una grande responsabilità».

Intervista al fondatore, editore e presidente di Radio Italia, Mario Volanti, che festeggia 40 anni di Solomusicaitaliana e che, dopo lo stop da Covid, ha riportato a Milano, in Piazza Duomo, gli artisti più in voga della sfera musicale italiana.

Alt foto Mario Volanti Fondatore, Editore e Presidente di Radio Italia
Alt foto Mario Volanti fondatore, editore e presidente di Radio Italia

Mario Volanti è il fondatore, l’editore e il presidente di Radio Italia Solomusicaitaliana. Non solo, ne è il pilastro. Quest’anno la sua creatura spegne 40 candeline. Cosa l’ha spinta a fondare questa emittente, tra le più ascoltate d’Italia?

«Mi piaceva la musica italiana, l’ho sempre seguita, l’ho sempre fatta. Così, la scommessa è stata, in un momento in cui nessuno la trattava, quella di fare, in netta controtendenza, una radio che parlasse e cantasse solo la nostra lingua. Mi sembrava rilevante colmare questa mancanza».

In passato ha rivelato che nell’agire e nel portare avanti i propri obiettivi sia fondamentale «essere se stessi e originali». Cosa significa «essere originali» nel 2022?

«Oggi essere originali è molto più difficile che nel 1982, perché il mondo è cambiato e ora c’è di tutto. All’epoca non esistevano cellulari e computer. Ricordo che nel 1983 mi ero comprato un Commodore 64, una tastiera con un lettore di cassette, in cui venivano introdotti i programmi che dovevano essere caricati. Sembrava un oggetto fantascientifico. La creatività, però, esiste sempre ed è quella che bisogna stimolare».

Finalmente il Concerto “Radio Italia Live” è potuto tornare – dopo due anni di stop a causa del Covid – a fare ballare più di cinquantamila persone in Piazza Duomo. Cosa ha provato?

«È stata una sensazione fantastica, non solo per me, ma anche per tutte le persone che fanno parte dello Staff, dai musicisti, al direttore d’orchestra, fino ai discografici presenti. Emotivamente è stata sicuramente l’edizione che ci ha fatto vivere le sensazioni più forti, perché – dopo così tanto tempo – poter organizzare di nuovo il Concerto sembrava quasi impossibile. Il cast era bello e c’erano grandi canzoni, oltre a tantissima gente. Ci è venuto bene».

Un pezzo portante della musica italiana come Gianni Morandi ha cantato al concerto di Radio Italia, all’interno di una lunga lista di star di età e generi differenti. Cosa rappresenta questa scelta?

«Gianni Morandi è un miracolo. Gliel’ho anche detto dopo lo scorso concerto. A 77 anni canta e balla ancora bene. Può cadere da un palco e risalire senza farsi male, com’è accaduto a Palermo, con Radio Italia. Ha capito come utilizzare i Social in modo corretto e come rendersi attuale, frequentando musicalmente personaggi come Fabio Rovazzi e Jovanotti. Ha 60 anni di carriera alle spalle, ma è ancora forte nella sfera musicale odierna e nel cuore dei ragazzi più giovani, che cantano le sue canzoni più vecchie. Questo è un fenomeno miracoloso».

Cosa pensa del rapporto tra musica e televisione?

«La carriera di un artista e un programma tv sono due elementi diversi. Finito un programma, termina una storia e ne comincia un’altra. Se si hanno le qualità per andare avanti, si emerge, altrimenti no. Francesco Gabbani e Ultimo sono due fenomeni usciti da Sanremo Giovani, mentre Sangiovanni da Amici, ma non è scontato raggiungere il successo dopo essere stati in televisione. In seguito, occorre uno staff che possa condurre gli artisti lungo un altro tipo di percorso».

Può raccontarci un aneddoto divertente che ricorda di aver vissuto?

«Si, tanti anni fa Julio Iglesias arrivò in Italia e i suoi discografici si raccomandarono di fargli trovare un grosso cesto di frutta. Così, l’ho comprato, spendendo un botto. Iglesias arrivò, facemmo due chiacchiere e poi mi domandò: “Quanta frutta, ma per chi è?”. Io risposi: “È per te” e lui mi disse “Ma io non mangio frutta”. Ciò dimostra come spesso le decisioni comunicate dai collaboratori di un artista, non sempre sono quelle a lui gradite».

Avete portato il nome e la storia di Radio Italia anche in giro per il mondo.

«Si, siamo stati a Malta nel 2019 e, in generale, un po’ dappertutto: abbiamo seguito la diretta di Tiziano Ferro in Canada e quella di Gigi d’Alessio a Melbourne; a Cuba con Zucchero e i Nomadi e a New York il 5 novembre 2001, dopo la tragedia delle Torri Gemelle, in concerto con cinque artisti italiani al Manhattan Theatre, in diretta radio e tv».

Cosa hanno rappresentato i suoi collaboratori lungo tutto il suo percorso lavorativo?

«Tantissimo! Fanno tutto loro. Come in ogni lavoro, serve una squadra nella quale ognuno abbia un ruolo preciso. Non si può immaginare un’attività senza uno staff forte e coeso».

Per moltissime persone, Radio Italia non rappresenta solo una stazione radiofonica, ma anche un punto di riferimento, che porta serenità grazie alla musica.

«Si, lo so. Abbiamo accompagnato tre generazioni. Per questo, Radio Italia ha una grande responsabilità. Facendo acquisti con la carta di credito di Radio Italia, un giorno una ragazza alla cassa, vedendo il logo, ha detto: “mia madre mi ha fatto crescere a pasta e Radio Italia”. Entriamo in casa delle persone, non me la sento di veicolare messaggi non adeguati. La mia Radio segue questa logica, che tocca anche il linguaggio degli speaker, sempre educato. Al contrario, sei fuori! Non sempre originalità è sinonimo di innovazione: si può essere originali essendo conservatori».

Lei suonava la chitarra e cantava e ciò l’ha portata a partecipare al Festival di Sanremo. Secondo lei, cosa rappresenta oggi questo grande evento? Ha la stessa impronta che aveva in passato?

«Sanremo è nato come Festival della canzone italiana, ma a un certo punto è diventato un programma tv, che puntava a fare ascolti, e la musica è finita in secondo piano. Poi, la direzione artistica è passata a persone del settore, come Gianni Morandi e Claudio Baglioni, e la musica è tornata a essere protagonista. Amadeus ha dato un tocco di italianità, familiarità e contatto con il pubblico ed è riuscito a dare vita a un programma equilibrato, attuale e ben centrato».

Il famoso jingle di Radio Italia, Solomusicaitaliana, lo ha scritto e musicato lei. Cosa rappresenta per l’emittente?

«Le racconto un aneddoto. Durante una vacanza a Londra con la mia famiglia, usando – per pagare un conto – la solita carta di credito aziendale con sopra scritto Radio Italia, alla cassa hanno iniziato a cantare il nostro jingle. Lo cantano e lo hanno cantato tutti, da Andrea Bocelli fino a Eros Ramazzotti e Laura Pausini. È parte del nostro patrimonio aziendale».

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La sede di Radio Italia, in Viale Europa 49, a Cologno Monzese (MI)

 

 

 

 

Valeria Boraldi

Nata a Carpi e con il cuore a forma di tortellino. Milano è la mia seconda casa e il giornalismo televisivo la mia grande passione. Un gatto, Piru, che mi riempie la vita d'amore e lo spirito libero di una curiosa viaggiatrice. Amo leggere e mangiare cioccolata. Tanta cioccolata.

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