Quando la protesta finisce in un museo: la mostra di Banksy al Mudec

Banksy, l’artista che da sempre lotta contro il sistema, ingabbiato in un museo. I suoi disegni racchiusi tra quattro mura, che sono sia quelle reali del Mudec di Milano, sia quelle metaforiche rappresentate dai quattro lati delle cornici che proteggono le opere in mostra. Niente di più distante dal credo dello street artist, che si oppone al mercato dell’arte, al capitalismo e ai poteri forti, scegliendo la strada come tela prediletta. Quella che si inaugura il 21 novembre al Museo delle Culture di Milano è un’esposizione ricca di contraddizioni, che ben si sposa con lo stile del writer, abituato a unire elementi anche molto distanti per destabilizzare lo spettatore.

La mostra “A Visual Protest. The Art of Banksy” racconta il pensiero e l’arte dello street artist attraverso un percorso guidato, pensato appunto per fornire a chiunque le chiavi di lettura per comprenderne le opere. Curato da Gianni Mercurio, il progetto espositivo raccoglie circa 80 lavori tra dipinti e prints, ma anche fotografie, video, memorabilia e una sessantina di copertine di vinili realizzate proprio da Banksy. Mostra che non è però autorizzata dall’artista: è lo stesso writer a dichiararlo, sul suo sito online, inserendo quella di Milano tra le rassegne organizzate senza il  suo consenso. Del resto, tra le varie mostre dedicategli in giro per il mondo, solo una ha ricevuto la sua benedizione: quella organizzata a Bristol nel 2009, alla quale Banksy ha preso parte attivamente, nascondendo le proprie opere nella collezione permanente del museo.

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«Mi piace pensare di avere il fegato di resistere in maniera anonima in una democrazia occidentale e pretendere cose a cui nessuno crede più – come pace, giustizia e libertà». Ecco i diktat dello street artist inglese, di cui tuttora non si conosce l’identità, custodita gelosamente da Banksy stesso come un segreto inconfessabile. Di lui si sa poco o nulla – probabilmente è di Bristol, e lì si è formato culturalmente e artisticamente. Ha un sito online, in cui pubblica alcune delle sue opere, news sulle sue attività e poco altro. Quello che è ben visibile agli occhi di tutti è ciò che la sua arte professa: il dissenso nei confronti del consumismo e del capitalismo, della guerra e dei grandi potenti. 

Winston Churchill, la regina Elisabetta II, la regina Victoria, la polizia, i soldati impegnati nei conflitti sparsi per il globo o i mercanti d’arte: nessuno è stato risparmiato dalla dissacrante e cupa ironia del writer britannico. Il Primo Ministro inglese, simbolo di rigore e ordine, viene ritratto con una sgargiante cresta punk, la regina Elisabetta II ha le sembianze di una scimmia, mentre la regina Victoria è sorpresa durante un esplicito rapporto saffico. Poliziotti e manifestanti ricorrono frequentemente nelle stampe di Banksy, che siano essi rappresentati con una emoticon sorridente al posto del viso, o armati di fiori durante un corteo di protesta. Gli elicotteri pronti a bombardare sono abbelliti da fiocchi rosa, la famosissima bambina simbolo del napalm in Vietnam è sorretta da Mickey Mouse e il pagliaccio del Mc Donald’s, sorridenti e entusiasti, altro non sono che la rappresentazione degli inganni del potere, che come un burattinaio muove i fili delle guerre nel mondo.

 

Un’immagine dalla mostra “A Visual Protest. The Art of Banksy”

Quella che Banksy mette in atto è una guerra culturale contro i veleni che rovinano la società moderna: il consumismo, l’ossessione per il possesso, i conflitti tra gli Stati, la fragilità dei sentimenti, l’individualismo, la costruzione di muri. La scelta della strada come luogo d’arte non è che la realizzazione di una contro-egemonia messa in atto dallo street artist nata per contrastare l’egemonia culturale del potere, esercitata tramite la televisione, il cinema, la pubblicità, le chiese. 

A primo impatto, quindi, la scelta del Mudec di decontestualizzare i suoi disegni e esporli all’interno di una retrospettiva accademica è qualcosa di paradossale, così come il titolo della mostra: una “protesta” le cui ali sono tarpate dall’istituzione che la accoglie.

Alice Scaglioni

Ho frequentato il Master di Giornalismo IULM. Mi occupo principalmente di economia, tecnologia ed esteri. Scrivo per il Corriere della Sera, redazione Economia, PrimaOnline e D la Repubblica, nella sezione DYoung. Fan di Twitter, dove condivido tutto quello che scrivo (@alliscaglioni)

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