Palchi spenti: due anni senza musica live

Dopo due anni dall’inizio della pandemia in Italia, quello che sopravvive della musica live è solo una fruizione distante, come il periodo vuole, chiusi e isolati nelle proprie case. I palchi restano quasi totalmente in silenzio. Platee vuote e i riflettori spenti per un settore, quello della musica dal vivo che, più di ogni altro, ha subito restrizioni, stop e limitazioni. Nonostante il ruolo centrale che la musica, i concerti e gli spettacoli dal vivo hanno nella vita culturale, sociale ed economica del Paese, le manovre per la ripartenza e per la sopravvivenza del settore sono state minime.

Un comparto che coinvolge strutture e lavoratori di diverse tipologie: live club, circoli, palazzetti, arene e stadi, festival, promoter, tecnici, agenzie di booking, service e società di servizi, artisti e manager. Tutti questi soggetti hanno visto la loro attività lavorativa ridursi quasi del tutto negli ultimi due anni.

Il comparto concerti dal vivo è il secondo per volume d’affari dopo lo Sport – Annuario dello spettacolo SIAE 2019

Lo scorso ottobre è sembrato potesse avviarsi una graduale, seppur lenta, ripartenza. Possibilità sfumata con il peggioramento della crisi sanitaria da Covid-19. Dal 1° gennaio 2022, inoltre, sono cessate tutte le misure di sostegno emergenziali precedentemente previste, senza che all’orizzonte si prospetti la loro reintroduzione. Anche il PNRR sembra essersi dimenticato del settore, sacrificando così il mondo della musica dal vivo, non presente tra le priorità culturali, sociali ed economiche del Paese.

Di fatto la possibilità di organizzare concerti non è preclusa dai protocolli sanitari. A fermare la musica dal vivo, però, sono le condizioni imposte ai live club per la realizzazione di uno show, considerate non sostenibili economicamente. No ai posti in piedi, alla capienza piena e alla somministrazione di cibo e bevande, che per molti degli spazi rappresenta l’unica fonte di entrata per la realizzazione degli spettacoli. Al di là della perdita dell’energia e dell’empatia tra pubblico ed artisti, comunque da tenere presente in un mondo come quello della musica dal vivo, a queste condizioni e senza contributi è impossibile programmare un evento.

L’Ultimo Concerto?
Manifesto di UltimoConcerto

Provare a riaccendere i riflettori sul tema, è questo l’obiettivo di L’Ultimo Concerto?, il “web mob” – un flashmob sul web – organizzato dal settore della musica dal vivo in Italia. La campagna mediatica è stata voluta, organizzata e promossa da KeepOn LIVE, la prima associazione di categoria dei Live Club e Festival italiani, Arci e Assomusica. L’obiettivo è quello di denunciare con forza il rischio di chiusura definitiva degli spazi dedicati alla musica live.

Il club di musica dal vivo è il collegamento reale emotivo tra chi fa musica e il suo pubblico, ben al di là del play premuto su un giradischi, su un’autoradio o una piattaforma di streaming. Il palco permette all’artista di esprimersi, di crescere. È lo spazio d’espressione di un momento artistico unico, testimone di una società culturalmente vivace.

La denuncia delle associazioni di categoria

Grazie anche al supporto di numerosi artisti, fra cui grandi nomi del panorama musicale italiano, l’iniziativa ha permesso di avviare le operazioni di consultazione con il Governo e le Istituzioni.

Federico Rasetti, direttore KeepOn Live

«Dialoghiamo quotidianamente con la politica, dei diversi colori, e da parte loro abbiamo trovato anche estrema sensibilità sul tema, ma serve un confronto diretto» ci spiega Federico Rasetti – Direttore Generale di KeepON LIVE, «è necessario che ognuno possa far capire all’altro quali siano le caratteristiche fondamentali del proprio lavoro e si possa definire assieme una modalità. Esattamente come avviene per altre categorie».

Le soluzioni proposte dal Governo sono state talvolta contraddittorie: non è possibile servire da bere o da mangiare ad un concerto, ma si possono fare spettacoli nei ristoranti. «Delle soluzioni potrebbero esserci, anche solo pensando a delle aree delimitate, ma negarla del tutto non ha nessun senso, se non quello di mettere in difficoltà un intero settore», continua Rasetti.

«Pre-Draghi, il dialogo con il Governo ha portato risultati, anche dal punto di vista dei ristori. Ha portato anche a citare i live club in altri decreti, così come, ad esempio, sono state concesse diverse moratorie, sono state posticipate alcune scadenze di pagamenti. Da quando è cambiato il Governo, invece, si è bloccato completamente il dialogo. Sembra quasi imbarazzante che non venga concesso».

Lockdown di fatto

A preoccupare ulteriormente gli addetti ai lavori c’è il fenomeno del lockdown di fatto: la tendenza diffusa nella popolazione ad isolarsi e autolimitarsi, anche senza lockdown imposti o restrizioni specifiche. Un problema confermato dal calo delle prevendite per gli eventi osservato anche durante i periodi in cui la possibilità di fare concerti non era preclusa dalle norme anti-Covid. In special modo è valso per i concerti al chiuso. La diminuzione di interesse manifestata dal pubblico non è uniforme. Alcuni artisti continuano a vendere ma si stratta di eventi molto grandi.

«Ci auguriamo che in estate, come la scorsa, seppur con un calo, questa tendenza vada a scomparire», continua Rasetti. «Questo è uno dei danni più gravi che si stanno facendo: abituare le persone a non uscire più da casa, peraltro agevolando gli investimenti sullo streaming, con una ricaduta poi sull’economia locale dei territori di questi spazi».

Nessun fondo del PNRR per la musica contemporanea
Qual è il futuro dei concerti dal vivo?

Sarà necessario ripensare il concetto di musica live, il settore è aperto all’innovazione ma è consapevole della difficoltà del processo. Già in passato il mondo della musica ha saputo rinnovarsi. L’industria discografica è riuscita a riprendersi dopo la crisi del disco causata da mp3 e servizi di streaming. Il problema degli spazi, però, è la difficoltà di accedere al credito, elemento fondamentale per potersi rinnovare. «Tutta la musica contemporanea è stata esclusa dal PNRR. Quindi come si fa ad evolversi e ad adattarsi al cambiamento, quando è lo Stato stesso che non ti permette di farlo. Per resilienza loro intendono: arrangiatevi. Questa non è resilienza, ma sacrificabilità».

Francesco Lo Torto

Giornalista praticante fiorentino trapiantato a Milano. Leggo, ascolto, parlo e scrivo di politica e geopolitica. Da quando è arrivata l'adolescenza scrivo e compongo musica, da prima ancora mi emoziono con lo sport. Laureato in Editoria e Comunicazione all'Università degli Studi di Milano.

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