È la notte dell’11 agosto del 1949. Una donna di 49 anni viene investita ad Atlanta, in Georgia da un tassista ubriaco e morirà dopo cinque giorni di agonia. Quella donna si chiama Margaret Mitchell e grazie (verrebbe da dire) a un altro incidente che qualche anno prima la tiene immobilizzata a letto, scrive un romanzo destinato a essere uno dei libri più letti al mondo, preceduto forse solo dalla Bibbia. E pensare che Margaret non aveva nessuna intenzione di pubblicare il suo manoscritto, frutto di una lunga convalescenza e riservato ai familiari. Gone with the wind arriva nelle librerie americane nel 1936, solo dopo le insistenze dell’amica Lois Dwight Cole e diventa un successo record: dopo un mese le copie vendute sono oltre duecentomila, sei mesi più tardi un milione, mentre gli editori di tutto il mondo fanno a gara per accaparrarsi i diritti internazionali. In Italia ci riesce Mondadori, che ha un’altra sfida da affrontare: trovare il giusto titolo su 17 proposte di traduzione diverse, tra cui Vento d’uragano, Bufera nel sud, Il vento che travolge, In preda al turbine, Vento di rapina. Viene scelto Via col vento e l’adattamento cinematografico in technicolor prodotto nel 1939 da David O. Selznick e diretto da Victor Fleming, conquista ben otto premi Oscar (più due speciali) consegnando all’immortalità Vivien Leigh nei panni ottocenteschi di Rossella O’Hara e Clarke Gable in quelli di Rhett Butler. Gli Stati Uniti d’America della guerra di secessione e la ragazza nata dalla sua immaginazione (Rossella O’Hara è una sudista di buona famiglia, innamorata di Ashley, il marito di sua cugina, a cui cercherà di strapparla l’affascinante e avventuroso Rhett Butler) porteranno la Mitchell a vincere il Pulitzer e a essere candidata al Nobel per la letteratura.
Un successo inaspettato
“La vita non ha nessun obbligo di darci ciò che ci aspettiamo”. Margaret ne è sempre stata convinta, sin da quando ha abbandonato gli studi in medicina allo Smith College di Northampton , in Massachusetts, per dedicarsi a una carriera di scrittrice e giornalista di scarso successo. Nata l’8 novembre 1900 ad Atlanta, Margaret Munnerlyn Mitchell, detta Peggy, è la secondogenita in una rispettabile famiglia del Sud. Il padre Eugene è un avvocato; la madre, May Belle, è una donna risoluta, in anticipo sui tempi. Dopo la sua morte, Peggy decide di non voler fare il medico e di tornare alla sua passione principale: la scrittura. Collabora come redattrice all’Atlanta Journal Sunday Magazine, scrivendo articoli di costume e conducendo interviste a personaggi famosi. Appena ventiduenne conosce e sposa Berrien “Red” Upshaw, ma il loro matrimonio dura davvero pochissimo. Red si rivela essere un uomo instabile e violento. Margaret convola a seconde nozze, nel 1926, con l’agente pubblicitario George Marsh, migliore amico dell’ex marito. In un periodo storico in cui alle donne è richiesto di essere mogli e di portare avanti l’unico “lavoro” di cui sono ritenute capaci, quello di madri, Peggy non assume il cognome di Marsh e trova un’occupazione nel giornale locale. Dopo il successo inaspettato di Gone with the wind, si arruola nella Croce Rossa americana diventando istruttrice di primo soccorso. Superata la Seconda Guerra Mondiale fa rientro ad Atlanta, ma non mostra alcuna intenzione di proseguire la sua carriera di scrittrice. Nelle sue ultime volontà decide che la produzione letteraria venga distrutta. Solo nel 1995 riaffiora un racconto che Margaret aveva scritto a sedici anni e che aveva regalato all’amico Henry Love Angel, il cui figlio decide di divulgare. Lost Laysen, L’isola in fondo al mare (la traduzione italiana), è un breve scritto in cui una giovane Peggy inizia a delineare quei personaggi che completerà molto più tardi in Via col vento.