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L’INDIE ROCK DEI VAEVA: LA BAND RACCONTA LA SUA STORIA E IL NUOVO SINGOLO

Cinque ragazzi, un sound indie rock, una sala prove in Brianza. Comincia così l’avventura dei Vaeva, una band emergente piena di energie che sta trovando il suo posto nel panorama musicale italiano.

COME NASCE LA BAND

Sara Nobili, la vocalist del gruppo, e Jacopo Renzi, il batterista, raccontano la loro piccola avventura iniziata al liceo per Sara, ma qualche anno prima per Jacopo, che aveva già fondato una band alle medie. Si chiamava “The Lakeshore” ma problemi nel gruppo hanno fatto saltare tutto, tanto che Jacopo ha iniziato a cercare affannosamente nuovi membri, fino ad imbattersi in Michele Basilico al basso, Edoardo Mereuta e Gabriele Coffanetti alla chitarra e, per ultima, Sara al microfono. Nascono i Vaeva: il nome è quello della precedente band, ma tradotto in svedese.

I 5 membri della band Vaeva

Una storia simile a quella dei Måneskin, che per scegliere il nome della loro band hanno tradotto “Chiaro di luna” in danese, rifacendosi alle origini della bassista Victoria De Angelis. È più di una semplice coincidenza. Infatti, i Vaeva considerano i Måneskin i loro «padrini», perché, sebbene il genere musicale non sia lo stesso, si rivedono nel percorso iniziale della band. Infatti, entrambi hanno iniziato a suonare per strada, una piccola strategia che i Vaeva ( e a suo tempo i Måneskin) hanno usato per fare i primi passi in questo mondo, insieme al passaparola tra gli amici. Ma «Milano non ci calcolava di striscio» ci racconta Sara. «Noi non abbiamo mai avuto contatti e a Milano si fa fatica ad emergere».

DAI SOCIAL A SPOTIFY

Sono stati i social il loro vero trampolino di lancio, tanto che oggi hanno più di 61mila follower su Instagram. Il loro segreto? Essere sé stessi. «Se vai sul nostro profilo mostriamo quello che siamo realmente. Non abbiamo il personaggio costruito: se Jacopo si sente un po’ pazzo lo facciamo vedere, facciamo ridere, come facciamo la stessa cosa nella vita reale». È questo aspetto che piace ai loro fan, con cui molto spesso è nato anche un rapporto di amicizia «ormai quasi tutti gli amici che ho negli ultimi due anni li ho trovati grazie alla musica – racconta Sara – perché passi da essere fan, a venire a dieci, venti concerti e poi a uscire la sera insieme».

 

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Jacopo spiega, però, che il vero “salto di qualità” è riuscire a trasferire il fandom dai social a Spotify. «Adesso noi non pubblichiamo una canzone da 6 mesi. Nonostante questo gli ascolti sulla piattaforma sono alti, circa 17mila al mese».

IL NUOVO SINGOLO

Finora hanno pubblicato “Done” un Ep con 5 canzoni e 4 singoli, di cui “Etciù” il più famoso. Giovedì 20 marzo esce il loro ultimo singolo “C’era il temporale”, per cui hanno organizzato anche un release party in piena regola, con la loro esibizione e la visione in anteprima del videoclip. Il significato «può essere interpretato veramente in tanti modi – ci dice Sara, che ha scritto il testo della canzone – volevamo raccontare un po’ il percorso di crescita, soprattutto ora che sentiamo lo stacco dal liceo all’università. Da un lato la paura di crescere dall’altra la voglia di scoprire che cosa c’è dopo. C’era il temporale descrive un po’ quella voglia di tornare piccoli: era così bello guardare il temporale dalla finestra e non dover essere sotto il temporale e cercare di capire come fare».

I Vaeva durante un’esibizione

Tutti i brani sono scritti e arrangiati da loro. Si ritrovano una volta a settimana per 3 ore nella loro sala prove e buttano giù ogni idea che gli passa per la testa. Per realizzare una canzone «solitamente non esiste un procedimento giusto» dice Jacopo. «Alcuni dicono che bisogna partire dalla voce, ma noi tante volte partiamo dalla chitarra e poi aggiungiamo il basso e la batteria». Anche il fattore tempo non è standard: «Ci sono canzoni che continuiamo a scrivere perché magari ci impuntiamo su quell’accordo. E poi altri pezzi che invece iniziamo e finiamo subito».

LA MUSICA OGGI
I Vaeva vincono il contest SanMetro nel 2024

Fondamentale la riflessione sul mondo della musica oggi, in cui spesso gli artisti cantano canzoni che non hanno scritto loro. È Sara a parlare: «Pensare che qualcuno mi scriva la canzone è assurdo, mi sembrerebbe di cantare una cover». Jacopo aggiunge: «Ho letto un commento che diceva “Fate dei testi che sono infantili”, ma non esiste un ventenne che scrive come un cinquantenne. Quello che scriviamo riflette l’età che abbiamo e le cose che stiamo vivendo». Infatti, secondo Sara, «la musica non va scritta perché devi pubblicare un pezzo, ma perché vuoi trasmettere qualcosa».

Ecco che i Vaeva, fedeli alle loro idee, si distaccano totalmente dalle mode odierne, tanto che Jacopo dice: «Oggi essere trasgressivi vuol dire, paradossalmente, essere gentili come Lucio Corsi». La band ha ben chiaro il suo percorso, e rappresenta quel mercato musicale giovane che ha voglia di farsi conoscere e, soprattutto, che ha tanto da dire. In un contesto artistico sempre più omologato e asettico, gli artisti emergenti potrebbero essere la chiave per far tornare di moda l’originalità della musica.

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