La Technicolor chiude, addio all’azienda che ha colorato il cinema

La Technicolor è fallita. Ha chiuso l’azienda che ha colorato il cinema e che, di conseguenza, ha cambiato la storia del cinema. La CEO del marchio di fabbrica, Caroline Parot, lo scorso gennaio, aveva mandato un messaggio di ottimismo e speranza ai dipendenti che, invece, adesso, si sono trovati senza lavoro. Nel giro di poche settimane, il leader degli effetti visivi e post- produzione del settore cinematografico ha avuto un crollo devastante nel mercato. Alla fine di febbraio, la compagnia ha cessato le sue attività negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada ed in India. Mentre le operazioni in Francia sono state messe sotto amministrazione controllata.

Gli esordi della Technicolor

Il primo film prodotto in Technicolor a tre colori è stato “Fiori e alberi” di Walt Disney. Era il 1932 e Walt Disney in persona volle fare un test, nonostante la reticenza del fratello Roy per i costi. Il cortometraggio di animazione fu un successo commerciale e di critica. L’azienda di effetti visivi firmò un contratto esclusivo con la Disney fino al 1935. Il corto Disney è stato un rivoluzionario procedimento di coloritura che ha dato alla pellicola colori così sgargianti e saturi da sembrare reali. L’introduzione della fotocamera a tre strisce, in grado di catturare i negativi separati per rosso, verde e blu, diede la svolta al cinema a colori e fu un passaggio da cui non si tornò più indietro.

Fiori e Alberi, cortometraggio di Walt Disney (1932)
I primi successi cinematografici

Il primo film, con attori in carne ed ossa, completamente girato in Technicolor è stato “Becky Sharp” nel 1935. Tuttavia furono “Biancaneve e i sette nani” (sempre di Walt Disney) e “Il Mago di Oz” del 1939 a segnare l’ingresso del colore nella cultura cinematografica popolare. Il film con Judy Garland nei panni di Dorothy è stato una pietra miliare, non solo per la straordinaria estetica, ma anche per le difficoltà tecniche ad usare le fotocamere Technicolor: gli attori dovevano indossare costumi ingombranti e stare sotto luci estremamente intense durante le riprese. La sequenza in cui la protagonista viene trasportata dal tornado ritrovandosi in un mondo colorato è stato un traguardo storico per il cinema.

Il Mago di Oz (1939), film che rese celebre la Technicolor
La crisi

La Technicolor non rimase a lungo sulla cresta dell’onda e già a partire dagli anni ’50, con l’ingresso di altre tecniche cinematografiche come il Technirama e il Cinemascope, subì una frenata. Negli anni ’70 il processo Technicolor venne gradualmente abbandonato. Tuttavia l’azienda, creando vari laboratori di processi di stampa e colorazione, è riuscita a diventare uno dei più grandi fornitori di effetti visivi al mondo. Il marchio di fabbrica aprì la Moving Picture Company. E nonostante la Moving Picture Company abbia recentemente firmato colossal come “Mufasa – Il re leone” e “Spider -man: No way home” e ha trionfato agli ultimi Oscar con il film “Dune – Parte Due” nella categoria effetti speciali non è riuscita a risollevarsi.

Paul Lambert, Stephen James, Rhys Salcombe e Gerd Nezfer hanno vinto il premio Oscar nella categoria “migliori effetti visivi”
La reazione dei lavoratori

Per i dipendenti il fallimento è stata una conseguenza di scelte aziendali sbagliate. Caroline Parot ha dichiarato che la situazione finanziaria era stata aggravata dalla difficile ripresa post- pandemia e dallo sciopero degli sceneggiatori di Los Angeles. La crisi ha scatenato un’ondata di indignazione tra i dipendenti che hanno lamentato una mancata trasparenza ed un trattamento poco etico. Negli Stati Uniti un gruppo di ex dipendenti ha fondato una nuova divisione chiamata Arc Creative. Nonostante la fine di un’era nel settore della post- produzione, rimarranno per sempre impresse le scarpette rosse di Dorothy nel film “Il Mago di Oz”. Calzature che sono state omaggiate durante l’apertura degli Oscar con un primo piano sulle scarpette indossate da Ariana Grande sul palco mentre cantava il medley di canzoni del film “Wicked” insieme a Cynthia Erivo.

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