Un inconfondibile Woody Allen calca ancora le scene. Era atteso da un po’ di tempo, soprattutto dopo la polemica che l’uscita di questo nuovo film ha suscitato.
Indubbiamente Una giornata di pioggia a New York, titolo della nuova pellicola dell’eccentrico regista, non rientra tra i suoi capolavori storici ma ha lasciato un segno. Il sorriso ce l’ha strappato sicuramente e in sala la gente che sghignazza alle tipiche battute “alleniane” c’è e si fa sentire. Ma facciamo un passo indietro.
Di che cosa parla la nuova commedia di Woody Allen?
Di amore e destino naturalmente. Una giovane coppia di universitari si trova nella Grande Mela per un’intervista che la protagonista, interpretata da una bionda (e un po’ svampita) Elle Fanning, deve fare a un famoso regista. Ad accompagnarla il suo fidanzato, magrolino intellettuale di nome Gatsby (non è una coincidenza), interpretato da Timothée Chamalet.
La trama è essenziale: lei è impegnata con tutti questi divi hollywoodiani che vogliono solo sedurla e continua inevitabilmente a dare buca agli appuntamenti con il fidanzato. Lui, invece, vaga per quella che è la sua città natale: incontra vecchie conoscenze, fa nuove amicizie e cerca di evitare un’elegante festa a casa dei genitori che poi si rivelerà essere la cosa migliore della giornata.
Jude Law, Selena Gomez, Rebecca Hall e tanti altri sono gli attori che prendono parte a questo cast nel susseguirsi di eventi ed incontri.
La mancanza di certezza e identità dei personaggi nella vicenda è ben chiara: Gatsby pensa di sapere cosa vuole ma farà delle piacevoli considerazioni. Ashleigh, la fidanzata, è un burattino nelle mani di uomini più grandi che la mettono in situazioni estremamente scomode (incredibile che lei non se ne accorga!). Poi c’è Rolland Pollard, il regista ubriacone che sta attraversando una fase mistica e si fa cercare per tutta la città.
Probabilmente non è un caso il fatto che spesso i loro volti siano oscurati da un’ombra o da un tergicristallo su cui batte una pioggia insistente.
E ora arriviamo a quella che è la vera protagonista del film, colei che cambia le carte in tavola del rapporto tra i due giovani. New York, o meglio New York sotto la pioggia.
Questa condizione climatologica ha in realtà un ruolo fondamentale nel film. Per Allen la Grande Mela è più affascinante nei giorni uggiosi e il modo differente dei protagonisti di vedere la pioggia fa capire immediatamente quanto questi due siano incompatibili (per lui è romantica, per lei deprimente).
La diversità tra i due giovani emerge anche dal tipo di luoghi e locali che frequentano nell’arco di 24 ore parecchio turbolente. Lei posti alla moda e colmi del jet set newyorchese, lui vive una New York d’altri tempi che sa di piano bar, liquori e sigarette.
Ora il momento della polemica.
Il film è uscito nelle sale italiane il 28 novembre e precedentemente in altri paesi. Non in America. C’è qualcosa di strano. Le accuse di 25 anni fa a Woody Allen sono state rimesse sul piatto.
Era il 1992 quando Mia Farrow, all’epoca fidanzata di Allen, scoprì la relazione clandestina tra il regista e la figlia adottiva: Soon-Yi che aveva tra i 19 e i 22 anni.
Furono in molti a parlare di incesto ma Woody e Soon-Yi non hanno legami di sangue e soprattutto lui dichiara di non essere mai stato un padre per la ragazza dal momento che era stata adottata dalla Farrow e dal suo precedente marito, il direttore d’orchestra André Previn.
Fu inevitabile l’inizio della battaglia legale e, ad aggiungersi alla difficile situazione, l’accusa di molestie sessuali mosse al regista da parte di una delle sue figlie, Dylan Farrow. Terribili furono le dichiarazione che fece in una lettera pubblicata nel 2014, dove descrisse ciò che ricorda di aver subito dal padre da bambina. Nella stessa lettera lo aveva accusato anche di aver utilizzato la sua relazione con Soon-Yi per coprire quello che realmente stava accadendo tra le 4 mura di casa loro.
Vennero fatte indagini approfondite sulla questione dalla Clinica per gli abusi sessuali su minori dell’Ospedale di Yale – New Haven e i servizi sociali infantili dello stato di New York. Nessuna prova fu trovata per poter incastrare il regista ma vennero proposte due ipotesi alternative per spiegare le dichiarazioni della bambina: la prima che fosse emotivamente vulnerabile a causa di tutto quello che stava avvenendo in casa sua; la seconda che fosse stata proprio la madre Mia Farrow a metterle tutte queste certezze nella testa.
Che qualcosa di strano ci fosse nel rapporto tra Allen e la figlia però era stato sottolineato anche dalla psicologa infantile Susan Coates. La specialista aveva comunicato che sebbene non ci fosse alcun aspetto sessuale nel suo comportamento con la figlia, c’era comunque un atteggiamento eccessivamente esclusivo e giudicato al limite dell’appropriatezza.
Allen non ha mai smesso di sostenere la sua innocenza. Era convinto che Mia avesse fatto di tutto per vendicarsi dell’umiliazione subita e che i giudizi che già tutti avevano su di lui e Soon-Yi avessero essenzialmente influenzato il giudizio sulla vicenda.
La famiglia si spezzò in due e se dalla parte di Dylan fu anche il fratello Ronan, reporter investigativo autore dell’articolo-inchiesta contro il produttore Harvey Weinstein del 2017, dalla parte del regista americano si schierò il figlio Moses. Subito dopo la pubblicazione della lettera di accusa di Dylan, Moses mise in circolazione un’altra lettera dove, da testimone, riportava ciò che veramente era accaduto.
All’epoca della presunta aggressione il ragazzo avrebbe avuto 14 anni quindi abbastanza grande per notare una qualche situazione scomoda. Sostenne e difese la tesi del padre rivelando che in quel famoso giorno in verità non fosse accaduto assolutamente niente di tragico o violento. Il giovane diede la colpa unicamente a Mia, sostenendo che il vero mostro non fosse altro che la madre.
Movimento #MeToo
Soon-Yi, moglie del regista dal ’97, dopo anni in cui non ha mai proferito parola sul caso, stanca di tutte le accuse mosse al marito, espresse la sua opinione. Secondo la donna la madre adottiva, da sempre un «malvagio tiranno», come lei stessa l’ha definita, avrebbe approfittato del movimento Me Too per mettere in difficoltà e stroncare la carriera di Woody.
Il movimento femminista, sostenuto anche dall’hashtag #MeToo, nacque nel 2017 in seguito alle accuse per molestie sessuali mosse ad Harvey Weinstein.
Il caso non è mai riuscito a intaccare realmente il successo di Allen. Fino ad ora almeno. Tra attori che reputano la condotta del regista deplorevole e devolvono i loro cachet in associazioni no profit per la violenza sulle donne, e una causa con Amazon da 68 milioni di dollari, detentore dei diritti di distribuzione del film Una Giornata di Pioggia a New York, Woody è, al momento, nell’occhio del ciclone.
E se fino a un decennio fa gli editori facevano a botte per accaparrarsi una biografia o qualche racconto da pubblicare, adesso tutti gli voltano le spalle per paura di un possibile boicottaggio da parte dei lettori.
Ovviamente, come sostiene Woody Allen, alla veneranda età di 83 anni, tutti i personaggi pubblici non possono e non potranno mai essere esenti da scandali. Continua a rilasciare, dunque, interviste senza vergognarsi del suo passato o di quello che ha da rivelare mantenendo sempre quell’aspetto sopra le righe che lo caratterizza, con camicia, pantaloni a coste di velluto e inconfondibili occhiali a montatura grossa.