L’album delle figurine “Panini”, un cimelio da collezionare. Un mito nato dalla passione di una famiglia modenese che iniziò a produrre e commercializzare figurine in Italia e, a partire dagli anni 70, anche all’estero, diventando prima impresa e poi leggenda. Ma oggi l’impero delle figurine è al centro di una trattativa di vendita a un gruppo americano, intenzionato a rilevare il pacchetto azionario dell’italo-argentino Aldo Hugo Sallustro, amministratore delegato dell’azienda, e della famiglia bolognese Baroni. Il valore stimato è di un miliardo di euro. Gli acquirenti a stelle e strisce hanno intenzione di mettere sul piatto un’offerta davvero importante per i vertici del Gruppo Panini.
La storia delle figurine Panini si intreccia a quella del calcio italiano grazie a questi scatti che vanno a braccetto col tempo che scorre. All’inizio i calciatori erano immortalati nelle situazioni più strane, momenti rubati alla quotidianità: all’esterno dello stadio, durante gli allenamenti, negli spogliatoi o in mezzo ai tifosi. Pizzicati dai flash un po’ dove e come capitava. Oggi invece si sfiora la perfezione e c’è spazio persino per i club non professionistici. È impensabile trovare “in disordine” i protagonisti dell’album, ormai abituati all’occhio delle telecamere, con le loro pettinature perfette, il sorriso stampato sul volto e la maglia calata a pennello sul busto.
ANNI 60
L’origine della raccolta Panini è alquanto singolare e, come tutte le storie, ha un personaggio ormai mitico, Bruno Bolchi, soprannominato “Maciste”. Il suo volto è il simbolo della “rivoluzione paniniana”. «Voglio fare le figurine dei calciatori» disse un giorno Giuseppe Panini al fratello Franco, mettendosi alla ricerca di una tipografia nel modenese che potesse accontentarli. Il prototipo zero, manco a dirlo, era la foto di Bolchi, mediano dell’Inter, l’unica immagine a disposizione dei fratelli Panini. La richiesta? Semplice. Ricavare da una foto come quella un figurina a colori. A trasformare un’idea in realtà fu un certo Badolati, fotolito di Parma, impeccabile nell’esaudire i desideri dei modenesi. Nacque la figurina perfetta che diede vita all’edizione zero di una lunghissima serie di album.
Il primo è datato 1960. Sono immagini molto intriganti, che fanno addirittura tenerezza. Non c’è mai uniformità tra un giocatore e l’altro, i fondi sono tutti diversi e le facce quasi stilizzate. Ma, evidentemente, poco importava. Per la prima volta le figurine fanno il loro ingresso nelle case degli italiani, dando un aspetto a quei campioni, eroi negli stadi, che fino ad allora “si vedevano” solo tramite la radio. Quelle undici figurine per ogni squadra aiutano a rendere popolari volti di giocatori allora in larga parte sconosciuti.
Un’Italia che viene fuori dalla Guerra e comincia a divertirsi. E lo fa anche grazie al calcio. La raccolta inizia a fornire anche foto di gruppo, quasi tutte scattate allo stadio. Arrivano anche le immagini rappresentative delle città della Serie A, cartoline che regalano finestre sugli anni Sessanta. Da non perdere, nelle ultime pagine, la sfilata delle vecchie glorie. Camei da conservare per sempre. Ben presto c’è gloria anche per la Serie B e la grande scoperta della figurina con due calciatori, uno affiancato all’altro. Nel ’65 l’album entra nella storia perché ospita, per la prima volta, le figurine degli arbitri. Ad aprire questo nuovo capitolo, Concetto Lo Bello, celebre “fischietto” degli anni Sessanta. Sguardo fiero e una divisa simile a quella di un ambasciatore, con stemma federale sul petto e vistoso colletto bianco.
Il raccoglitore si arricchisce con una parte informativa nell’edizione ’67-’68. Ogni immagine è accompagnata da una dettagliata biografia del calciatore, offrendo un piccolo-grande angolo di celebrità a società e giocatori semisconosciuti al grande pubblico “pallonaro”. Non più soltanto semplici album di figurine ma anche libri di storia, utili per chi non c’era o ha vissuto solo di racconti. In quell’epoca non c’erano videocassette, centinaia di fotografi o telecamere a bordocampo e neppure tanti processi televisivi. Se non ci fossero state le care e vecchie Panini, tante meteore di quegli anni sarebbero cadute nell’anonimato.
ANNI 70
Ogni pagina rivela un segreto e merita di essere osservata e studiata con calma e attenzione, lontano dalla frenesia con cui oggi si sfogliano quotidiani, libri e riviste. La Panini dedica a ogni calciatore sia il primo piano sia un’azione di gioco. Anche l’allenatore viene immortalato mentre si muove davanti alla sua panchina, quasi a rivelare la sua filosofia di gioco. Fanno il loro esordio le figurine a campo intero che mostrano campi spelacchiati, gradinate fatiscenti, semplici o addirittura improvvisate. Il fascino del pallone resta comunque immutato, immortale grazie anche alle figurine.
ANNI 80
Ma questa gloriosa storia è fatta anche di oneste comparse. Meritano di essere guardati bene in faccia i tanti gregari del calcio italiano perché molti di loro, mettendosi in posa davanti all’obiettivo della macchina fotografica più famosa della penisola, hanno vissuto un giorno di gloria in quelle gallerie di fenomeni, al fianco dei più grandi, molti dei quali stranieri. Le vere novità della raccolta, all’alba degli anni Ottanta, sono proprio loro. Tempi di assoluto splendore, in cui ne arriva uno per squadra, acclamato come un imperatore. E spesso nelle immagini del tempo ci sono già tracce rivelatrici di ciò che sarà. Da questo momento in poi, infatti, gli album Panini sono un’antologia di campioni. Raccolte che andrebbero conservate fra i beni di famiglia con leggende del calcio in ogni angolo di Italia.
Qui si chiude un’epoca, le figurine si migliorano, i ritocchi al computer eliminano le imperfezioni, non c’è più nulla da vedere sullo sfondo. Come più niente da immaginare ci offre la realtà di oggi, quelle dei mille stranieri e delle cento telecamere. Teniamoli stretti, allora, gli album di quegli anni, perché sono custodi del fascino di un’età perduta. Oggi si acquista chiunque abbia un nome esotico, a prezzi elevati e difficilmente riciclabile in caso di flop.
ANNI 90
I raccoglitori degli anni Novanta sono l’emblema del Paese, grasso e mai sazio di vittorie. Calciatori attenti al look, fotografie ben curate, nessuno spazio all’improvvisazione e come cornice c’è quasi sempre il campo d’allenamento. Per intenderci, rare immagini scattate all’ultimo istante, prima di un calcio d’inizio , mentre i compagni effettuano il riscaldamento. Di quelle annate risentono anche gli album. Pochi innesti nuovi, non sempre decisivi, da una stagione all’altra quasi sempre le stesse facce. Basti pensare che la tentazione di sovrapporre le vecchie figurine a quelle nuove, per completare la raccolta, era forte.
In che ambito, dunque, si collocano le figurine, superate da un calcio che si offre ora per ora ai suoi appassionati con la massiccia presenza delle televisioni? Tutti ormai conoscono ogni singolo protagonista del campionato. I calciatori, almeno una volta, finiscono sotto le telecamere. Eppure la magia resta. La figurina stampa un’immagine e non la elimina più. Se sfogliamo oggi le raccolte di quel periodo, il fascino è ancor più forte.
L’album del ’92-’93 rischia di essere l’ultimo. L’azienda modenese è in crisi e solo grazie a diversi cambi di proprietà riesce a salvarsi. Solo 413 immagini scattate, il minimo storico. La sorpresa per i collezionisti del periodo sono le foto delle squadre già incollate sull’album. Segno evidente di un massiccio risparmio che non intacca la qualità, sempre massima. Le figurine non smarriscono il consueto incanto.
Il compito della Panini diventa più arduo per “colpa” dei sempre più frequenti cambi di maglia. Con la liberalizzazione del mercato nel 1992, i calciatori possono andare in un’altra squadra pur avendo iniziato la stagione con un altro club della stessa categoria. Diventa così difficile abituarsi all’idea di un proprio beniamino che, da una giornata all’altra, può diventare avversario e magari segnarti un gol contro. Di conseguenza anche le figurine sono al centro di una rivoluzione perché, fino al momento di andare in stampa, è sempre alto il rischio che un tesserato possa all’improvviso cambiare casacca.
ANNI 2000
Ma i tanti terremoti del mercato non hanno mai colto davvero impreparata la Panini. Anche perché è diventato quasi impossibile tener botta ai troppi cambi in corsa, soprattutto da quando è stata inaugurata anche la finestra di mercato di gennaio. E allora ecco le figurine “cambia-maglia” per restare al passo coi tempi. Calciatori, dirigenti e procuratori possono fare quello che vogliono: la figurina non morirà.
Il suo tentativo di bloccare in un’immagine l’attuale caotico mondo del calcio merita rispetto. Sfogliare gli album del passato scatena spesso la nostalgia. Intere generazioni hanno giocato con le figurine, forse si ricordano ancora il proprio album preferito. La rovesciata di Carlo Parola, divenuta celebre per essere l’immagine simbolo della Panini, in copertina ancora oggi. E poi le figurine imbustate a mano, oggetti da collezione, piccole opere d’arte che meritano il museo che le ospita, ricostruendo l’avventura da metà dell’ottocento fino ai giorni nostri.
Adesso la strada della Panini pare essere indirizzata verso gli Stati Uniti con un gruppo americano pronto a rilevare la storica azienda di via Emilio Po’. Oltre mille dipendenti nel mondo. Un simbolo made in Italy dal valore stimato un miliardo di euro. La speranza di tutti è che la Panini rimanga qui per sempre.