Finalmente l’attesa è finita. A distanza di due anni dal primo annuncio e con un ritardo di due mesi rispetto al resto del mondo, C’era una volta a… Hollywood è arrivato nelle sale italiane. Solo pochi giorni e la pellicola ha già suscitato molti dibattiti e pareri contrastanti. Una cosa è certa: non si tratta del classico film di Quentin Tarantino per come lo abbiamo conosciuto fino a oggi.
Pur mantenendo alcuni elementi tipici del suo stile – come la storia ucronica per cui il regista si “autorizza” a cambiare la realtà dei fatti stoirici, elemento tipico di Bastardi senza gloria, e il genere western, già egregiamente trattato in The hateful eight – il Tarantino si distanzia da ciò che ha caratterizzato la sua filmografia. La trama non si svolge nel senso tradizionale, anzi semplicemente fa da accompagnatrice a una fotografia e una scenografia impeccabili, i veri epicentri della pellicola. La componente splatter è del tutto assente, motivo per cui il film può essere definito una commedia con tratti drammatici.
La vicenda è calata in una Hollywood degli anni Sessanta e riprende i macabri avvenimenti legati alla Manson Family. Il protagonista è Rick Dalton, interpretato da Leonardo Di Caprio, un attore incontrastato del western americano, che deve ora fare i conti con l’età e con una carriera ormai agli sgoccioli. Al suo fianco Brad Pitt nei panni di Cliff Booth, suo stuntman nonché grande amico. Parallelamente, la storia dei due vicini di casa della star a Cielo Drive, il famoso regista Roman Polanski e sua moglie Sharon Tate – che ha il volto di Margot Robbie.
Fin dalle primissime scene si coglie lo scopo del film: un bellissimo tributo pieno di amore che Tarantino ha voluto fare al cinema e al periodo più florido di Hollywood. I numerosi riferimenti al western, la musica rock del periodo, la perfetta ricostruzione della Los Angeles degli anni Sessanta, con le sue vistose decappottabili, le insegne al neon dei cinema, i classici diners e locali di notturni di cui è piena la città e la perfetta ricostruzione delle locandine pubblicitarie, fanno da cornice alla principale storia di metacinema di cui è protagonista Rick Dalton.
Durante tutto il film lo spettatore è immerso nel mondo dei set cinematografici come se ne fosse il protagonista, assiste sia al bene ma soprattutto al dolore che la settima arte può causare ai professionisti che vi lavorano. Al centro delle vite dei protagonisti non troviamo la fama, come ci si aspetterebbe, ma la debolezza dovuta a una carriera in declino, l’aggressività nata da una vita difficile, la nobiltà di un’amicizia e il coraggio di reinventarsi e sopravvivere di fronte ai cambiamenti di un mondo tanto fantastico quando pericoloso.
La pellicola vanta inoltre un cast di grandissimi attori che, pur avendo una parte secondaria o addirittura terziaria, hanno regalato allo spettatore interpretazioni impeccabili. Troviamo Al Pacino nei panni di un produttore cinematografico, Marvin Schwartz. Dakota Fanning è Squeaky, una hippy membro della setta di Charles Manson. Ultima apparizione per Luke Perry, morto lo scorso 4 marzo.
E ancora Damian Lewis come Steve McQueen e Emile Hirsch rende omaggio a Jay Sebring, amico della coppia Tate-Polanski e anche lui rimasto ucciso nel massacro di Cielo Drive.
Il pubblico si è diviso tra chi ha apprezzato la cura maniacale nei dettagli e ritiene C’era una volta a Hollywood un grande capolavoro del cinema moderno e chi invece è rimasto deluso dall’assenza di violenza esagerata e gratuita, una sorta di firma dello stile tarantiniano, e dalla trama ritenuta scarna e non lineare. Ma se è vero che i gusti sono soggettivi, non lo sono gli incassi. Dal 18 settembre scorso, data di uscita, il film totalizzato 5,5 milioni di euro dominando il botteghino in un mese che è sempre stato poco proficuo per il cinema.