“Gente di spettacolo. Uomini che vivono camuffando semplici e talvolta brutali verità per strabiliare, per incantare”. Così l’inventore John Cutter nel film The Prestige definisce i maghi. Ma a volte le verità più che brutali sono letali, nel vero senso del termine.
L’ultimo caso di artista ucciso da un suo numero è quello del mago indiano Mandrake, morto annegato nel fiume Hoogly mentre cercava di replicare una fuga del suo mito Harry Houdini. Bendato, legato mani e piedi e chiuso in una gabbia immersa poi nelle acque del fiume, sarebbe dovuto evadere (ovviamente in un modo impossibile). Ma qualcosa è andato storto, probabilmente a causa delle correnti del fiume che non hanno permesso al mago di muoversi nella maniera giusta per uscire dalla gabbia. Così i media e le centinaia di persone che hanno assistito alla tentata impresa si trovano ora a dibattere su una tragedia che poteva essere evitata. E che in un certo senso Mandrake stesso aveva preannunciato dichiarando, poco prima di tentare l’impresa, riferendosi ai numerosi lucchetti con cui era legato: “Se posso aprirli allora sarà magico, ma se non ci riesco sarà tragico”.
Ma, come dicevamo prima, lo sfortunato Mandrake è solo l’ultimo di una serie di illusionisti rimasti vittime dei propri effetti magici.
La varietà e l’ingegno dei maghi, uniti ad una certa dose di egocentrismo, hanno portato alcuni performer a tentare, nel corso della storia, imprese sempre più pericolose e a costruire effetti sempre meno sicuri. Con un solo scopo: raggiungere l’impossibile.
Certamente le dimostrazioni di escapologia, la branca della magia che consiste nell’evadere da camicie di forza, gabbie, celle o simili, sono le killer più numerose. Dall’effetto “Buried Alive”, che uccise per l’ultima volta nel 2012, e che consiste, come si intuisce dal nome, nel farsi seppellire vivi per poi venirne fuori in un modo miracoloso, alle (tentate) fughe da celle o barili immersi in acqua per arrivare quasi al fachirismo con la deglutizione di lamette, la cui ultima vittima fu un dentista australiano.
Ma c’è un effetto che può essere considerato un vero e proprio serial killer degli illusionisti: il Bullet Catch, altrimenti noto come “l’afferraproiettili”. Il prestigiatore chiama sul palco uno o due volontari che abbiano dimestichezza con le armi e chiede loro di controllare una pistola e alcuni proiettili. I volontari scelgono quindi un proiettile, lo contrassegnano perché non possa essere scambiato e poi lo caricano nell’arma. Il mago si pone poi di fronte a loro. L’unico ostacolo tra prestigiatore e volontari è uno specchio. A quel punto i volontari fanno fuoco, lo specchio si rompe, ma il prestigiatore blocca la pallottola. Spesso con i denti, a volte con la mano o con l’aiuto di qualche oggetto. Il mago mostra poi al pubblico che il proiettile è quello contrassegnato in precedenza.
Questo effetto, è universalmente riconosciuto come uno dei più pericolosi mai ideati e vanta nel suo palmares ben 15 vittime, l’ultima nel 2017. Ci sono diversi metodi per eseguirlo, che non approfondirò qui, ma che si concentrano quasi tutti sul truccare la pistola. Inventato, probabilmente all’inizio del 1500, da un prestigiatore francese, la prima testimonianza scritta del Bullet Catch risale al 1586 nel Histoires mémorables des grans & merveilleux iugements et punitions de Dieu di Jean Chassanion. L’effetto riscosse un grande successo tra il 1800 e il 1900. Oggi si esegue sempre meno, a causa della sua pericolosità e del forte shock che provoca nel pubblico (la versione attuale più famosa è quella del duo magico americano Penn & Teller).
Insomma è vero che, come dice sempre Cutter in The Prestige, “Dovete sporcarvi le mani se volete raggiungere l’impossibile!”… l’importante è che non siano sporche di sangue.