Caravaggio, il padre della pittura moderna in mostra a Palazzo Reale

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A Palazzo Reale, dal 29 settembre al 28 gennaio, una mostra su Caravaggio, l’artista  lombardo da cui nacque la pittura moderna. Venti opere, provenienti da musei italiani e esteri, accompagnano il visitatore in un viaggio tra i chiaroscuri di uno dei più importanti pittori italiani. “Giuditta e Oloferne”, “Martirio di Sant’Orsola”, “Flagellazione di Cristo” e “Ragazzo morso da un ramarro” sono alcune delle tele esposte.

Il seicento in pittura inizia da una fine: la misteriosa morte di Caravaggio. È il 1610 e Michelangelo Merisi da Caravaggio è all’apogeo del suo successo. Il pittore più ricercato d’Europa, con amicizie nella Curia romana e nemici nell’aristocrazia di mezza Italia, si trova a Napoli, ospite della nobildonna Costanza Colonna. Da Roma viene a sapere che Papa Paolo V sta preparando la revoca della condanna a morte che gli era stata comminata per un omicidio di quattro anni prima. Nel luglio di quell’anno Caravaggio decide di partire con una feluca che regolarmente percorre il tragitto tra Napoli e Porto Empedocle. L’intenzione è sbarcare segretamente a Palodi Ladispoli, feudo degli amici Orsini, e lì aspettare l’ufficialità  della decisione papale. Sceso dall’imbarcazione, la feluca riparte senza scaricare il bagaglio di Caravaggio, contenente il prezzo da pagare al cardinale Scipione Borghese per la sua libertà: alcune tele, tra cui il Giovanni Battista. Disperato, il Merisi si dirige a Porto Empedocle per intercettare la nave. Vi arriverà malato per un’infezione intestinale e lì morirà pochi giorni dopo, il 18 luglio.

 

 

Morì malamente come appunto aveva vissuto” scrisse di lui il pittore e nemico dichiarato Giovanni Baglione. La frase è icastica dell’avversione che l’ambiente artistico e culturale nutriva nei suoi confronti. Un pittore antiaccademico, che travolse sotto il profilo stilistico e tecnico la tradizione pittorica tardo rinascimentale. Abbandono del disegno, utilizzo abbondante dell’incisione nella realizzazione dell’opera e un innovativo modo di concepire la luce nello spazio figurativo sono i tratti distintivi del Merisi. Caravaggio stende la “preparazione”, quasi sempre di colore bruno rossiccio, e poi dipinge solo la parte delle figure che vuole mettere in luce. La preparazione diventa così lo sfondo su cui si staglia il fulcro dell’azione. La luce cessa di essere universale per venire indirizzata dal pittore attraverso poche salienti pennellate di colori chiari. Nasce così il chiaroscuro e con esso la pittura moderna. La Flagellazione di Cristo è emblematica del nuovo modo di concepire il dipinto come palcoscenico teatrale. La brutalità dei tre aguzzini che circondano il Cristo fa da controcanto al corpo legato e piegato, che diventa il nucleo luminoso della composizione. La vera novità della concezione pittorica del Maestro lombardo sta nel rifiuto di ogni idealizzazione dei personaggi raffigurati: la naturalezza sostituisce la solennità del periodo a lui coevo. Gioca a favore di questa evoluzione la necessità del Caravaggio del periodo giovanile di dipingere a partire da modelli. Le sue ristrettezze economiche lo costringono a utilizzare amici, amanti e prostitute. In numerosi dipinti si avvale di se stesso come modello.

I soggetti sono tutti a contenuto religioso. Dall’antico testamento, con il Sacrificio di Isacco, alla cristianità dei primi secoli con il Martirio di Sant’Orsola. La religiosità dei soggetti non solo stride con i modelli utilizzati, prostitute che si trasfigurano in madonne, ma anche con la vita dell’uomo stesso. Secondo i biografi fuggì ancora minorenne da Milano per un omicidio di un conoscente, probabilmente dovuto a una goliardata finita in tragedia, e si trasferì a Roma dove, grazie all’amicizia del cardinale Del Monte, raggiunse il successo all’inizio del seicento. Tanto la Controriforma, con il corollario etico della penitenza come mezzo per raggiungere la grazia, e le metafore moralistiche contrassegnano il suo lavoro artistico, quanto una vita spesa tra bordelli e osterie la sua vita privata. Punto di svolta è il 28 maggio 1606, quando a Campo Marzio a Roma, una discussione per un fallo nel gioco della pallacorda degenera in un duello e nell’uccisione di Ranuccio Tomassoni. Merisi è condannato alla decapitazione ed è costretto a scappare a Napoli, dove inizierà uno dei suoi più proficui, e travagliati, periodi artistici. Il colore si fa sempre più scuro, l’ombra prende definitivamente il sopravvento sulla luce. Nel 1609 viene sfigurato da alcuni sodali di un membro dell’ordine dei cavalieri di Malta che aveva tentato di derubare qualche anno prima quando faceva parte della congregazione.

Nonostante i tentativi dei contemporanei di attentarne la reputazione, oltre che la vita, l’influenza di Caravaggio si estese rapidamente. O forse anche per le maldicenze sul suo conto. Tutti cercavano di imitarlo e tutti lo odiavano. Anche Giovanni Baglione, pittore mediocre, che lo trascinò in tribunale per un sonetto nel quale il suo cognome faceva rima con coglione. A nulla è servito. Sulle orme di Caravaggio si sviluppò la scuola napoletana e, da lì, si arriverà, due secoli dopo, a Goya.

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