La gentilezza esiste ancora, anzi, resiste al cambiamento e a una società che troppe volte ha dimenticato i modi e le buone maniere. Gentilezza è lasciare il posto a una signora anziana sul tram, raccogliere per terra un guanto e restituirlo alla proprietaria. È aprire al passeggero la portiera della macchina o, in coda alla cassa del supermercato, cedere il posto al ragazzo che a differenza tua ha solo una cosa da comprare. Gentilezza è un caffè sospeso.
Secondo la tradizione partenopea, chi era felice o semplicemente aveva iniziato bene la giornata, beveva un caffè e ne pagava due, lasciando il secondo a chi sarebbe venuto dopo e non poteva pagarselo. Nonostante questa sia la storia accertata dell’inizio della fama dell’usanza, sembra in realtà che il rito del caffè sospeso sia riconducibile ai primi anni del Novecento quando, a causa delle dispute che nascevano nei bar di Napoli in cui tutti desideravano offrire, molte tazzine venivano pagate in più per errore e l’avanzo veniva spesso lasciato a beneficio dei prossimi clienti. Poco a poco l’orgoglio di poter condividere un gesto così accogliente a totali sconosciuti avrebbe quindi preso definitivamente piede, dando il meglio di sé durante la Seconda guerra mondiale, quando le tazzine di molti erano desolatamente vuote.
Questa pratica antica ha in poco tempo trasceso epoche e confini spaziali, raggiungendo tutta l’Italia e in particolare Milano. L’iniziativa, partita per solidarietà in un momento critico della storia italiana, si è diffusa nuovamente a partire dal 2010 grazie alla Rete del caffè sospeso per volere dei fondatori quali il celebre bar Gambrinus di Napoli. Con la Rete infatti, rivolta in particolare agli eventi culturali che hanno a tema l’accoglienza e il recupero della memoria storica, il caffè diviene il simbolo di un mutuo sostegno tra le varie organizzazioni culturali sparse sul territorio nazionale e l’emblema di un nuovo ponte di cooperazione.
Caffè come ponte quindi, caffè come salvezza (e suonano alla mente le parole di Eduardo De Filippo «Quando io morirò, tu portami il caffè, e vedrai che io resuscito come Lazzaro»); caffè anche come nuova freccia nell’arco di Cupido. È quanto accaduto lo scorso 26 gennaio, quando i single milanesi hanno avuto la possibilità di lasciare un caffè sospeso con tanto di dedica personalizzata completa di Nickname Meetic (il leader europeo nei servizi di dating che ha finanziato l’iniziativa) e qualche caratteristica del proprio carattere presso il Giacomo Caffè di Piazza Duomo e la Pasticceria Cucchi di Corso Genova.
Non una, ma settemila tazzine erano state inoltre quelle offerte ai clienti più affezionati o ai bisognosi qualche mese prima da 70 bar milanesi individuati da Fiera e HostMilano (con il contributo di Confcommercio). Con l’intento di conciliare le quattro chiacchiere di circostanza mattutine con un gesto in grado di rischiarare anche la giornata più nera, settemila omaggi avevano infatti celebrato quel piacere della condivisione e della solidarietà da sempre legati alla cultura del caffè.
E così Totò, che era solito lasciare 10 caffè pagati al giorno in diversi bar di Napoli, ha fatto scuola. Dal grande schermo a quello più piccolo del telefono, la fiabesca tradizione è infine giunta a contaminare anche il mondo dorato delle web influencer grazie all’iniziativa di Giulia Valentina che lo scorso ottobre con un «random act of kindness», vale a dire un gesto di gentilezza “a caso”, ha deciso di pagare un caffè a tutti i suoi fan che si fossero presentati al locale Fancy Toast di Milano.
Figlio del sillogismo “caffè uguale felicità”, il caffè sospeso è così diventato il simbolo di una solidarietà che ha trasceso i confini campani per arrivare nel resto di Italia con le più svariate modalità. Perché gli atti di gentilezza non si sono fermati ai bar e ai caffè.
Sospesi sono diventati anche gli oggetti, protagonisti di una nuova idea di cultura condivisa. Principali attori di questo teatro della condivisione sono stati i libri della campagna “lascia anche tu un libro in sospeso” lanciata da Feltrinelli nel 2014. L’iniziativa, che riprendeva quanto ideato dalla libreria Modus Vivendi di Palermo nel 2010 e successivamente dagli scaffali di Il mio Libro di Milano, permetteva infatti di regalare un libro a chiunque non potesse permetterselo. C’è poi chi ha pensato anche a donare un sorriso differente regalando biglietti per film e mostre, come quanto previsto dalla campagna del 2016 “Lascia un biglietto” del cinema Centrale di via Torino a Milano. Nei mesi scorsi, invece, sugli alberi di Bologna è stato possibile legare una sciarpa da lasciare ai senzatetto, per l’iniziativa “Dona una sciarpa” di Guardian angels.
Atti d’amore sono arrivati anche per i più piccoli con il gelato sospeso di Salvamamme a Roma, iniziativa pensata proprio per quanti nei mesi più caldi dell’anno non possono acquistare un cono. E sempre nella capitale nel cuore di Garbatella, è nata la campagna del “Pasto Sospeso” insieme alla Fondazione Erri De Luca, con l’obiettivo di offrire uno o più pasti ai migranti ospitati da BaobabExperience e a quanti vivono in condizioni di disagio e povertà.
Da una bevanda alla letteratura sino al pasto regalato, il caffè sospeso è tornato, insomma, sulla bocca di tutti. Perché ciò che, come cantava De André, pure’n carcere ‘o sanno fa, è molto più di una tazzina offerta. È un atto di amore nei confronti dell’umanità, è iniziare o finire bene la giornata. È la gentilezza che persiste. Ti pago un caffè, in cambio ricevo un sorriso.
Servizio a cura di Beatrice Barbato e Corinne Corci.