Belle, giovani e trasgressive. Sono le protagoniste di Baby la miniserie televisiva in onda su Netflix, ispirata liberamente allo scandalo delle squillo minorenni dei Parioli, venuto a galla nel 2014.
Due ragazze, Chiara e Ludovica, figlie della Roma bene, alla ricerca di attenzioni e amore, che credono di trovarli prendendo delle strade sbagliate e pericolose. Niente tacchi a spillo e minigonna, ma faccia pulita e vestiti da ragazze per bene annoiate dalla vita di tutti i giorni e coinvolte in problemi familiari.
La pellicola diretta da Andrea De Sica non vuole trasporre il caso di cronaca sullo schermo, bensì – a detta del regista – «rileggerlo in chiave romanzata». Eppure non fa in tempo ad essere rilasciata online che la serie finisce nel mirino delle critiche più aspre: prima tra tutte l’incitamento alla prostituzione e una lettura in chiave glamour di essa, trattando la discese delle protagoniste nell’abisso del sesso a pagamento alla stregua di un romanzo di formazione.
«Se hai sedici anni e vivi nel quartiere più bello di Roma sei fortunata» dice Chiara (Benedetta Porcaroli), una delle giovani protagoniste della serie all’inizio della prima puntata. Ma bastano pochi minuti per capire che quella fortuna è solo illusoria: la ragazza, come tutti i coetanei della prestigiosa scuola che frequenta, è sola e alla mercè di un sottobosco intricato di relazioni che la porteranno sulla strada della prostituzione.
Non convince la riproduzione stereotipata del mondo dei sedicenni di oggi, che porta sullo schermo solo una, la più sporca, delle sfaccettature. È proprio il caso di dire sesso, droga e rock&roll. Piovono critiche anche dal mondo dello showbitz , dove la bella argentina, Belèn Rodriguez, in una stories su Instagram commenta: «Mi auguro con tutta me stessa che questa serie tv non rispecchi i giovani di oggi».
Insomma una serie che non ha vita facile, ma forse né Netflix, né gli autori potevano immaginare di essersi attaccati in questo modo. Tra le polemiche più feroci c’è quella mossa dal National Center on Sexual Exploitation, un’organizzazione no profit statunitense che si batte per la cessazione di ogni tipo di sfruttamento sessuale. L’associazione imputa alla piattaforma di mettere al primo posto il guadagno, rispetto alla tutela delle vittime di abusi.
Ma l’orizzonte di Baby sembra rischiararsi: c’è una fetta consistente di persone che hanno apprezzato la serie, definendola ben fatta e, soprattutto, ben diretta. Suburra, Games of thrones… in confronto la serie di De Sica sembra essere smaliziata: poco sesso e nessuna scena hot. Domanda: hanno visto tutti lo stesso telefilm? Una cosa è certa: la serie lascia lo spettatore con l’amaro in bocca, in un finale sospeso dove il romanticismo dell’ultima scena non risolleva la situazione generale. Insomma un telefilm che divide, come divide l’argomento trattato.