Cent’anni fa nasceva un genio immortale: Federico Fellini

«Qual è la vostra opinione sul nostro grande regista Federico Fellini

«Egli danza, egli danza»

Con queste parole, un regista (non casualmente) interpretato da Orson Welles, ne La Ricotta, l’episodio del film Ro.Go.Pa.G. affidato a Pier Paolo Pasolini, risponde alla domanda posta da un giornalista.

A pensarci bene è proprio vero che Fellini ha danzato, sia nel suo cinema sia nella nostra cultura. E a cent’anni dalla sua nascita, continua a farlo. L’immaginazione, l’amore per la sua terra e il racconto autobiografico sono le tre chiavi per tentare di comprendere il contributo che il regista ha dato non solo alla cinematografia ma alla società italiana.

Un Fellini inedito, quello letterario, nel libro La voce della Luna (anche sua ultima opera cinematografica) cita una famosa frase pronunciata da Ricardo Reis, l’eteronimo di Fernando Pessoa: «Nulla si sa, tutto si immagina». E fin da bambino questa necessità di immaginare alimenta le passioni di Federico Fellini. La sua passione per il disegno, infatti, gli permetteva di dare vita a ciò che lo circondava e come racconta nel suo libro Quattro film del 1975, per tutta la sua adolescenza non sapeva ancora se la sua strada fosse quella del regista o quella dell’illustratore.

Una carriera senza eguali

Ma ben presto la sua vita prese un indirizzo ben preciso e nel 1951 collabora come regista con Alberto Lattuada al film Luci del varietà. È solo l’inizio di una carriera costellata di premi: nel 1953 vince il suo primo Leone d’oro a Venezia con il film I vitelloni e nel 1954 il Premio Oscar per il miglior film straniero con La strada. Il pubblico lo apprezza e lo acclama anche all’estero e il suo successo sembra inarrestabile; nel 1957 vince il suo secondo Oscar con Le notti di Cabiria ma il suo capolavoro che resta tutt’oggi considerato come uno dei film più belli di sempre è La dolce vita del 1960, con cui vince la Palma d’oro a Cannes.

Celebre scena tratta da “La dolce vita” (1960) con Marcello Mastroianni e Anita Ekberg

I suoi film sono il prodotto della sua visione della società, della sua storia personale e della sua fantasia. Per Fellini arriveranno altri tre premi Oscar: nel 1963 con Otto e mezzo (letteralmente il suo ottavo film e mezzo), nel 1973 con Amarcord (“io mi ricordo” nel dialetto romagnolo) e quello alla carriera pochi mesi prima della sua scomparsa, nel 1993.

Quello di Fellini è un cinema che si contaminava con altre espressioni artistiche: il teatro, la danza, la musica (celebri le sue collaborazioni con il maestro Nino Rota) e la poesia. Fellini non rappresenta la realtà così com’è ma la reinventa in ogni senso, riuscendo a dare vita ai propri sogni.

La sedia di Federico Fellini
Il suo rapporto con i luoghi d’origine

Una delle costanti del suo cinema è la presenza dei territori legati alla sua infanzia. I richiami a Rimini, la sua città natale, sono costanti: la casa dei nonni paterni è la cascina di campagna in una sequenza di 8 e mezzo ma è in Amarcord che ricorderà in maniera nostalgica i luoghi della sua vita. Le scuole che ha frequentato, le strade e le piazze, il cinema Fulgor fanno parte di un’opera che per il suo impatto sulla società ha portato lo stesso titolo del film ad essere un termine inserito nei dizionari per descrivere quella nostalgia di ricordi del passato. Perché lui di Rimini non se n’è mai dimenticato, ma nemmeno Rimini si è mai scordata di lui. A Fellini sono dedicati l’aeroporto della città, una piazza nel centro e, dal 14 dicembre 2019, una mostra itinerante che parte proprio da Rimini per finire poi a Roma, Los Angeles, Mosca e Berlino, intitolata FELLINI100. Un omaggio a un uomo che è diventato qualcosa di più. È diventato un modo di vedere il mondo, un modo di interpretare la realtà e addirittura un aggettivo. Un fatto che per sua stessa ammissione, l’ha reso orgoglioso.

«Avevo sempre sognato, da grande, di fare l’aggettivo. Ne sono lusingato. Cosa intendano gli americani con “felliniano” posso immaginarlo: opulento, stravagante, onirico, bizzarro, nevrotico, fregnacciaro. Ecco, fregnacciaro è il termine giusto».

Un murales, realizzato a Rimini, dedicato a Federico Fellini

Ma non è solo Rimini a dover ricordare uno dei più grandi registi del Novecento.
Se l’Italia è per tutto il mondo il paese della «dolce vita» lo si deve a lui e alla sua visione inconfondibile del mondo e della società. Fellini ha analizzato e ricostruito la storia italiana, attraverso un immaginario che ha permesso, grazie a un viaggio nel passato, di comprendere le decadenti dinamiche del presente.

Matteo Sportelli

La politica è ciò di cui amo scrivere e ciò che più mi appassiona. Ho conseguito la laurea triennale in Comunicazione, Media e Pubblicità all'Università IULM di Milano e la laurea magistrale in Mass media e Politica all'Università di Bologna.

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