Facciamo un gioco: se doveste scegliere quattro simboli per raccontare la città di Roma quali sarebbero?
Una combo potrebbe essere magari: a’ lupa, er Colosseo, na carbonara e Albertone.
Ovviamente tutto è discutibile ma per tanti romani è vera soprattutto l’ultima scelta. Sì, Alberto Sordi, che oggi avrebbe festeggiato 100 anni, è parte del DNA romano.
La prova? La sua città aveva organizzato una mostra che avrebbe dovuto aprire in primavera nella villa di Sordi davanti alle Terme di Caracalla ma, per ovvi motivi, l’inaugurazione è stata rimandata al 16 settembre a causa del Coronavirus.
Dal 13 al 20 di giugno però, le reti Mediaset hanno deciso di omaggiare uno dei più grandi comici del nostro Paese attraverso un ritratto a tutto tondo sul Sordi pubblico e privato.
Il comico della romanità ma quella più vera fatta di parolacce, scherzi, tradimenti e scazzottate. Rappresentante del cinema anti-ideologico contrariamente dai suoi illustri nemici come Pier Paolo Pasolini:
«Alla comicità di Sordi ridiamo solo noi italiani, ridiamo, e usciamo dal cinema vergognandoci di aver riso, perché abbiamo riso sulla nostra viltà, sul nostro qualunquismo, sul nostro infantilismo».
Per non parlare di Nanni Moretti che nel suo Ecce Bombo evoca proprio il suo nome con la celebre frase priva di accezione positiva: «Ma che siamo in un film di Alberto Sordi? Te lo meriti Alberto Sordi, te lo meriti». Caso di lesa maestà che non piacque al pubblico: «Fu come se avessi bestemmiato in chiesa», affermò Moretti.
La critica negativa di Sordi lo accusò di cinema qualunquista ma i più furono ovviamente contrari. L’opera di Sordi è stata vista come cinema di denuncia di una realtà sporca e malsana per lo più. Anche maschera del boom economico, dell’italiano piccolo, medio e borghese in pellicole ancora oggi attuali. L’attore Riccardo Rossi ha affermato che tutti i romani si possono riconoscere in Sordi dal momento che «Ha raccontato Roma da romano».
Del privato poco si sa ma fu sempre amato
«Dubito fortemente di poter essere matrimoniabile», A. Sordi
Sulla sua vita girarono tante voci e pettegolezzi ma niente di accertatamente vero. Si sa che subiva un certo fascino da parte della nobiltà, che amava gli animali soprattutto i cani: ne ebbe infatti 18 e tutti sono seppelliti nel meraviglioso giardino della sua villa e sopra ogni sepoltura piantò una rosa. Dalle parole di Patrizia De Blanck, contessa amante di Sordi, appare evidente che qualunque donna avesse accanto, in realtà, il suo unico vero e grande amore era il suo lavoro.
Alberto Sordi, nacque a Trastevere, dove trascorse tutta la sua infanzia e vi rimase fino ai 20 anni e proprio lì, dove una volta c’era il suo palazzo, è stata affissa nel 2012 una targa per ricordarlo.
Trasferitosi poi nel cuore del centro storico di Roma, davanti a Ponte Sisto, tra Via dei Pettinari e Via delle Zoccolette, in un appartamento che affacciava sul terrazzo di casa Verdone. Con Carlo che da bambino si divertiva a lanciare sassolini sulle sue finestre per vederlo e, magari, spinto anche dalla curiosità di sentire come lo avrebbe sgridato…
Per festeggiare i suoi 80 anni invece, l’allora primo cittadino di Roma, Francesco Rutelli, lo nominò sindaco della Capitale per un giorno: «A Rute’, nun je ‘a faccio più. Non vedo l’ora di levarmi ‘sta fascia. Io ho ereditato al cento per cento l’indolenza dei romani», disse quando riconsegnò la fascia tricolore al sindaco. Due anni dopo il 24 febbraio 2003, Albertone se ne andò lasciando nei cuori romani profonda tristezza. Il suo funerale venne celebrato in un’affollatissima Piazza San Giovanni e dal palco Gigi Proietti gli dedicò una poesia:
«Io so’ sicuro che nun sei arivato ancora da San Pietro in ginocchione
A mezza strada te sarai fermato
A guarda’ sta fiumana de persone
Te renni conto si c’hai combinato?
Questo e’ amore, sincero; è commozione; e rimprovero perché te ne sei annato
Rispetto vero: tutto pe’ Albertone…
Starai dicenno: ‘ma che state a fa’? Ve vedo tutti tristi, ner dolore’.
E c’hai raggione! Tutta la citta’ sbrilluccica de lacrime e ricordi
E tu nun sei sortanto un granne attore… Tu sei tanto de più: sei Alberto Sordi».
Ancora oggi su quella lapide che porta come incisione «Sor Marchese è l’ora», memoria del divertentissimo film di Mario Monicelli Il marchese del Grillo, gli italiani o meglio i romani portano un saluto e porgono un fiore come ringraziamento e rispetto del suo autentico genio comico.
E d’altronde come direbbe il centenario:
«Me despiace, ma io so io… E voi non siete un cazzo!»