Centinaia di persone ammassate in un parco, a Milano, davanti all’Ufficio immigrazione della Questura. Sono lì per presentare domanda di protezione internazionale, un diritto che viene concesso solo a pochi di loro. La polizia li seleziona senza un chiaro criterio, se non quello della lingua. Gli agenti chiamano un certo numero di persone per ogni nazionalità, senza comunicare prima queste cifre, e cambiandole di volta in volta. Chi viene scelto può entrare in Questura la mattina successiva, per formalizzare la sua domanda. Gli altri vengono allontanati e invitati a ritentare la settimana successiva. Questo è quello che succede da mesi ogni domenica in via Cagni, zona isolata nella periferia nord di Milano.
In attesa della selezione
Nella notte tra il 5 e il 6 marzo ci sono, ad occhio, 500-600 richiedenti asilo. Sono di meno rispetto al picco di circa mille persone toccato a metà dicembre, quando la Questura “in via sperimentale” cominciò a selezionare 100-120 persone una volta alla settimana. Oltre ai migranti, nel parco di via Cagni ci sono anche tende e buste piene di cibo: molti dei richiedenti asilo sono lì dalla notte precedente. Qua e là ci sono anche svariate persone distese sui cartoni e avvolte tra le coperte.
Come le altre settimane, i migranti sono divisi essenzialmente in due gruppi: gli africani, in prevalenza egiziani, e i latino-americani insieme alle altre nazionalità. Semplificando, i primi sono soprattutto giovani e maschi, arrivano coi barconi e dormono per strada o in ripari di fortuna. I secondi sono molto più variegati per età e genere, giungono in Italia con l’aereo e spesso dormono a casa di amici o parenti.
Molte di queste persone sono cosiddetti “migranti economici”: arrivano per cercare lavoro e un futuro migliore, e per aiutare le famiglie con le rimesse. Buona parte di loro non parla italiano, molti nemmeno l’inglese. In assenza di mediatori, per superare la barriera linguistica è necessario usare un traduttore automatico, ad esempio dall’arabo all’italiano. Con i latino-americani è più facile, basta interpretare lo spagnolo.
Voci da via Cagni
In mezzo a queste persone, seduto per terra sui cartoni, c’è Sunil. È scappato dall’India, da solo, perché era povero e non riusciva a trovare lavoro. Ci ha messo un mese per arrivare in Italia: ha preso l’aereo fino alla Serbia, poi si è spostato a piedi e in treno fino a Milano. Senza soldi né casa, è costretto a dormire nei parchi. Sono tre mesi che prova a chiedere asilo, ma «la procedura è troppo lenta».
Nel gruppo dei latino-americani c’è Jesus. È scappato dal Perù, dove lavorava come meccanico, perché «lì c’è una guerra civile e molta delinquenza». È in Italia ormai da qualche mese, ma secondo lui «c’è troppa burocrazia: ovunque mi chiedono i documenti e allora io non posso lavorare. L’unica via è l’asilo». Ha provato a chiederlo per tre volte, ma la polizia lo ha sempre respinto.
Tra le centinaia di storie di via Cagni c’è anche quella di Said, giovane egiziano tornato per la quarta volta davanti all’Ufficio immigrazione. È scappato dal suo paese per la mancanza di prospettive economiche e qui in Italia lavora in nero come aiuto cuoco. Un suo grande desiderio è trovare una fidanzata italiana, ma qui non ha ancora conosciuto nessuno. Dice di aver tirato un pugno a un poliziotto: «noi egiziani non abbiamo paura di niente».
Oltre ai richiedenti asilo e a uno stuolo di giornalisti, nel parco si aggirano anche 10-15 volontari delle associazioni, in primis Naga e Mutuo Soccorso. Fanno compilare ai migranti le manifestazioni di volontà, che poi inviano alla Questura via Pec. Come afferma Iacopo, volontario del Naga, dal momento della firma la persona «è richiedente asilo, perché ne ha manifestato la volontà, e quindi è inespellibile per legge». La Questura ha 13 giorni per formalizzare la domanda, ma questo non accade quasi mai.
Il momento della selezione
La serata si accende intorno a mezzanotte, quando la polizia comincia la selezione, partendo questa volta dagli egiziani. Gli agenti si schierano tra i richiedenti asilo e le mura della Questura. Gli africani si accalcano di fronte al cordone di poliziotti e carabinieri. Urlano, sventolano le loro manifestazioni di volontà, tentano di arrivare davanti. Cercano in tutti i modi di farsi vedere per essere scelti dagli agenti. Questi usano gli scudi per contenere la calca e respingere indietro i migranti. Qualcuno riesce sgattaiolare tra il cordone di poliziotti: c’è chi viene preso e rispedito indietro, e chi invece viene lasciato passare.
A differenza delle scorse settimane, non ci sono veri e propri scontri. Niente cariche o lacrimogeni, solo spintoni e colpi di scudo da parte delle forze dell’ordine. «Non è così che hanno gestito fino a oggi via Cagni», commenta Iacopo.
Finito con gli africani, la polizia passa ai latino-americani e alle altre nazionalità. I latinos sono molto più ordinati: si mettono in fila secondo un ordine deciso in precedenza su WhatsApp, anche se non tutti lo rispettano. Al contrario delle scorse settimane, questa volta la polizia forma una terza fila dedicata alle famiglie con bambini. «Ogni domenica assistiamo a procedure diverse», afferma Luna, volontaria del Naga.
Un approccio diverso da parte della polizia
Una novità stupisce le associazioni. Sono circa 240 le persone selezionate per comporre la seconda fila, quella di chi ha diritto a entrare in Questura. Le altre volte gli agenti non avevano scelto più di 120 migranti. Secondo le associazioni, la Questura dice di non poter accogliere più persone per la scarsità di mediatori e funzionari dovuta alla mancanza di fondi. Ma per Iacopo del Naga «le Questure stanno cercando di ostacolare la presentazione delle domande d’asilo».
Questa domenica tra i migranti selezionati c’è Said: forse ora gli sarà più facile trovare una fidanzata italiana. Tra i pochi fortunati c’è anche Sunil, che saluta con la mano le persone che lo hanno aiutato.
Poco prima delle 2, ai richiedenti asilo selezionati viene permesso di entrare nel cortile della Questura. Nelle scorse settimane erano invece costretti ad aspettare lungo le mura fino all’apertura degli uffici l’indomani mattina. Rimanevano in fila per svariate ore, in piedi e al freddo. Nemmeno alle donne e ai bambini veniva concesso di entrare.
Cambiamenti, ma non solo in positivo
Queste due novità – l’aumento del numero di persone selezionate e il loro ingresso in Questura già nella notte – hanno sorpreso in positivo i volontari delle associazioni. Anche il comportamento delle forze dell’ordine è parso molto più cauto, ma forse solo per la presenza di decine di giornalisti e di alcuni consiglieri del Municipio 9. «Un miglioramento l’abbiamo fatto. Se poi riusciamo a fare di più, ben venga», commenta un poliziotto.
Buone notizie che potrebbero però essere contraddette da un’altra decisione. Pare che d’ora in avanti i richiedenti asilo verranno accolti in Questura non più una volta alla settimana, il lunedì, bensì ogni due settimane, il martedì. «Meno volte si fa questa scenetta, meglio è per la Questura», sostiene Iacopo del Naga. Molti migranti non sono a conoscenza del cambiamento, anche perché buona parte di loro non parla italiano. Perciò le associazioni prevedono la solita calca di persone domenica prossima.
Al termine della notte
La notte in via Cagni finisce quando la polizia allontana i migranti rimasti. Alcuni di loro stanno ancora cercando di persuadere gli agenti a farli entrare nell’Ufficio immigrazione. È in questo momento che si rivede Jesus: sta cercando di convincere gli altri ad andare via.
Alcuni però restano accampati nel parco di fronte alla Questura: è tardi, non ci sono mezzi pubblici e non hanno modo di tornare a casa. Qualsiasi cosa significhi per loro la parola “casa”. Torneranno di sicuro in via Cagni, come tutti gli altri andati via. Tra due settimane riproveranno a presentare domanda d’asilo. Forse sarà finalmente la volta buona. Ma solo per alcuni di loro.