Che la politica amasse Pirandello non è certo una novità. Una delle prerogative del modus operandi del nostro paese altro non è che l’assegnazione di una complessità tale da trasformare l’essere, da uno e unico, in nessuno. Questa volta però, al posto di Vitangelo Moscarda di Uno, nessuno, centomila come protagonista abbiamo il commissario Domenico Arcuri.
Le origini
Arcuri, calabrese nato a Melito di Porto Salvo, prima del 2020 era conosciuto solo nel suo campo, come amministratore delegato di Invitalia (ex Sviluppo Italia), l’azienda di stato per investimenti e riqualificazioni. Con l’incarico del governo Prodi, Arcuri prende in mano una società obsoleta e già in profonda crisi, responsabilità che nessun altro in quel momento voleva.
Commissario per l’emergenza
Poi: l’epidemia di Covid-19, l’Italia al secondo posto dopo la Cina per contagi, Paesi del mondo che proiettano la bandiera italiana sui palazzi in segno di solidarietà e quell’aplomb che lo aveva reso celebre nell’acquisizione Invitalia e nel suo salvataggio, diventa fondamentale. Il governo Conte gli assegna il ruolo di “Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19”. Ruolo con ampi poteri di deroga in cui si occuperà soprattutto di rafforzare la produzione e la distribuzione di attrezzature per terapie intensive e sub-intensive e di creare nuovi stabilimenti per la produzione delle attrezzature sanitarie.
Arcuri è, in un attimo, il perfetto marionettista e regge tutti i fili della pandemia: mascherine, guanti, camici, respiratori, gas medicali, reagenti, siringhe, letti. Ma il commissario non ce la fa a soddisfare l’intero fabbisogno di presidi medici e quindi devono pensarci le Regioni. Per respiratori, monitor e letti, il commissario copre il 57% del fabbisogno, per tamponi e reagenti il 49%. Tutto il resto rimane a carico delle organizzazioni regionali. Molti individuano il problema nelle competenze: Arcuri non ne ha di specialistiche nella Sanità.
Commissario per la ripartenza della scuola
A luglio il governo, attraverso il decreto Semplificazioni, lo nomina addetto alla ripartenza delle scuole: ovvero si occuperà di «ogni necessario bene strumentale, compresi gli arredi scolastici, utile a garantire l’ordinato avvio dell’anno scolastico», come recita il decreto. Tra banchi a rotelle e iter di quarantena, sono evidenti le numerose lacune del piano scuola.
Corsa al vaccino
In un sovrapporsi incessante di incarichi, per Arcuri arriva anche quello di organizzare il piano vaccinale per l’Italia. Il commissario basa tutto su prospettive ottimistiche, ma pare non considerare variabili e imprevisti, cosa che il suo ruolo di Commissario per l’emergenza dovrebbe richiamare continuamente. Il piano vaccinale non è completo e costringe gli organismi regionali a percorrere vie parallele. Si trova perciò costretto, dopo i ritardi Pfizer, a chiedere alle Regioni di rallentare il ritmo per permettere a chi ha ricevuto la prima dose di fare il secondo richiamo. L’obiettivo dichiarato è arrivare a 7 milioni di vaccinati entro marzo. Intanto, il 10 febbraio 2021 il numero di italiani immunizzati ha superato il milione.
Centri Primula: mito e desiderio
Si è largamente discusso poi dei Centri Primula, i padiglioni addetti al piano vaccinale, che, con il gusto architettonico di Stefano Boeri, vorrebbero rappresentare la rinascita primaverile dell’Italia. Ma dell’«evocatività e identità» dei Centri Primula le regioni non sanno che farsene.
Adesso il commissario rimane in balìa delle decisioni del governo che sta nascendo. Alcuni ne chiedono la testa, altri lo vedono facilmente sostituibile con il “modello Bertolaso”.
La regola degli aggiusta-tutto
La verità è che in pochi mesi Arcuri è diventato la figura più esposta in questa crisi pandemica: ogni sua decisione è stata sezionata, commentata e criticata. Ma questo è il destino degli aggiusta-tutto che la politica italiana mette in campo nelle situazioni di crisi, che finiscono per diventare dei veri e propri capri espiatori.