«Non mi sento né un simbolo né un esempio. Più che altro mi sento un monito. Non fate come me. Chiedete aiuto». Risponde Valentina Pitzalis, sarda, 42 anni, all’ultima domanda del dialogo con Selvaggia Lucarelli al Teatro Carcano di Milano. In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. «Ma tu, ti senti un simbolo?».
Sopravvissuta al tentato femminicidio dell’ex marito Manuel Piredda – morto soffocato a 27 anni durante l’agguato alla moglie – Pitzalis ripercorre i tasselli fondamentali dell’atroce violenza subita 14 anni fa, che le ha lasciato il volto sfigurato e causato l’amputazione della mano sinistra. Ma Valentina – guidata dalle domande di Lucarelli – guarda anche al calvario giudiziario venuto anni dopo. Che ha visto Valentina indagata dalla Procura di Cagliari per l’omicidio volontario di Piredda e per incendio doloso tra il 2017 e il 2020, quando poi l’inchiesta è stata archiviata.
Il palleggio di circa due ore tra Lucarelli e Pitzalis non è solo una didascalica ricostruzione dei fatti. A condire lo scambio è infatti l’autoironia di Valentina, che scherza un sacco e a metà incontro spara: «Con questa cosa che ho subito tra l’altro sono diventata anche simpatica, prima ero il pessimismo cosmico. È paradossale!».
Una “vittima imperfetta”
È il 2011 quando Manuel Piredda tenta l’omicidio dell’ex moglie Valentina, dandole fuoco dopo averle scagliato addosso del cherosene. La violenza si consuma in Sardegna, dove lei ha sempre vissuto, per essere precisi nell’appartamento (occupato abusivamente) di Piredda, situato nella frazione di Bacu Abis, comune di Carbonia, nella provincia del Sulcis inglesiente.

L’intervista al Carcano ricostruisce temporalmente la storia dei protagonisti. Dalle radici della conoscenza tra Valentina e il suo aguzzino, il matrimonio deciso in pochi mesi e l’apice della violenza dopo la separazione. Fino ad arrivare alla vita di Valentina oggi. Ma al centro del dialogo c’è la disamina del cortocircuito mediatico e sociale che ha trasformato la vittima, Valentina, in carnefice. Innescando una spirale di vittimizzazione secondaria che – almeno leggendo in rete – non sembra essere ancora del tutto risolta.
Non a caso, Lucarelli introduce così la sua ospite. «È ancora accusata da molte persone, soprattutto in Sardegna devo dire, di essere lei ad aver dato fuoco al marito. E di aver preso accidentalmente fuoco a sua volta. Di essere, quindi, la responsabile di un maschicidio. E anche se la giustizia alla fine le ha dato ragione, oggi c’è ancora chi non le crede, chi la vorrebbe sul rogo una seconda volta».
La parola cortocircuito rimbalza sul palco più volte. Il “tilt” è quello mediatico, che ha messo e mette in croce ancora oggi Valentina e rifiuta di riconoscerla come vittima. Ma è un cortocircuito anche la sua confusione agli inizi della relazione con Piredda. Valentina lo spiega bene: «Lui non mi aveva mai obbligata a fare niente con la forza. Non mi ha mai picchiata (prima dell’agguato ndr.) e questo è stato il mio cortocircuito più grande. L’unica violenza che conoscevo, dalla quale mi avevano messo in guardia a scuola, era quella di tipo fisico, che è più semplice da riconoscere».

Nonostante il caso abbia raggiunto il suo epilogo giudiziale – che conferma la responsabilità del muratore Piredda nell’accensione del rogo contro la moglie – Selvaggia Lucarelli definisce la vicenda di Valentina Pitzalis come il «più grande simbolo della vittimizzazione secondaria. Una violenza lenta, fredda, collettiva che uccide in modo diverso». Che parte dalle incessanti accuse della famiglia Piredda a Valentina, incolpata di essere lei stessa “la carnefice” che avrebbe dato fuoco al marito.
Una contro-narrazione nata su alcuni gruppi Facebook già all’epoca dei fatti, poi alimentata dai familiari di Manuel Piredda e raccolta dalla procura di Cagliari che nel 2017 ha puntato il dito contro Pitzalis indagandola per tre anni per l’omicidio dell’ex marito.
Sullo status di “vittima imperfetta”, però, Lucarelli e Pitzalis ci scherzano su. Selvaggia la descrive come una «molto dark, con piercing, amante della musica metal, poco incline al vittimismo». E La risposta di Valentina è immediata: «Ho solo un appunto, io amo il punk».
Il commento dell’ex senatore D’anna
Il 21 dicembre, dopo un intervento di Valentina Pitzalis al Teatro degli Arcimboldi di Milano di fronte a 2.300 studenti, alla narrazione in rete del caso Pitzalis si è aggiunto un nuovo, spiacevole, tassello. Un commento lasciato dall’ex senatore e presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi (Fnob), Vincenzo D’Anna, sotto a un post social del Corriere. La frase incriminata, che ha animato e scioccato il popolo online, recitava: «Perché c’è a chi piace cruda ed a chi cotta la moglie».
D’Anna ha difeso la sua affermazione definendola una “battuta sarcastica” e una “risposta parossistica” alla domanda che Pitzalis aveva rivolto al suo aggressore, quel “Perché?” disperato chiesto a Piredda nel 2011. Nonostante il grande clamore e lo sdegno universale, il Comitato Centrale della Fnob ha espresso “solidarietà” a D’Anna, parlando di una “campagna di delegittimazione” e sostenendo che la battuta fosse stata “interpretata erroneamente”.