Quindicenne picchiato e torturato, in carcere tutti gli aggressori

Sono finiti dietro le sbarre del carcere Beccaria di Milano i quattro minorenni di Varese che martedì avevano rapito e torturato un 15enne. I ragazzini, frequentanti le scuole medie e perciò più piccoli della vittima, lo avevano rinchiuso in un garage torturandolo con esagerato sadismo: legato ad una sedia con dei fili elettrici, picchiato con una spranga di metallo e intimidito con un bastone chiodato e un coltello.

Dopo tre lunghissime ore il giovane è stato liberato e minacciato di non parlare con nessuno dell’accaduto per evitare che il suo fratellino più piccolo potesse pagarne le conseguenze. Il motivo di tutta questa follia sarebbe un debito di droga che un amico della vittima avrebbe in sospeso con gli aggressori. Il ragazzo, nonostante le torture, si era rifiutato di tradire l’amico e dire loro dove si trovasse. Tornato poi a casa ha immediatamente rivelato tutto ai suoi genitori che subito si sono mossi per vie legali denunciando il fatto alla squadra mobile della questura di Varese.

 «Fatica a parlare» ha detto Augusto Basilico, legale del 15enne. «Picchiato da una gang delle medie. È ancora sotto shock» prosegue. «I suoi aggressori lo conoscevano perché lo vedevano fuori dalla scuola quando andava a prendere il suo fratellino che frequenta lo stesso istituto». L’avvocato ha fatto sapere che uno dei suoi aguzzini avrebbe strappato alla vittima l’orecchino, per poi indossarlo in un video postato su Instagram.

La procura dei minorenni, attraverso un comunicato ufficiale firmato da Ciro Cascone, direttore delle indagini condotte dalla squadra mobile varesina, fa sapere che «la polizia ha eseguito tre ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti di tre dei quattro minorenni accusati del pestaggio». Dopo l’udienza di convalida il gip ha disposto la custodia cautelare anche per il quarto componente della gang, già sottoposto a fermo di polizia giudiziaria il 20 novembre.

 

Niccolò Bellugi

Senese, laureato in Scienze Politiche. Da toscano capita che aspiri qualche consonante, ma sulla "c" ci tengo particolarmente: Niccolò, non Nicolò. La mia è una sfida: mascherare il mio dialetto originario per poter lavorare in televisione o radio. Magari parlando di Sport. Ma tutto sommato va bene anche un giornale, lì non ho cadenze di cui preoccuparmi.

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