Lorenzo Toma, Lamberto Lucaccioni, Antonio Pizzuto sono solo pochi dei troppi giovani che si spengono fuori dalle case del divertimento dove tutto è permesso. Molti bevono fino a ubriacarsi, alcuni si sballano con la droga, altri partecipano alle pericolose gare in macchina. Eppure nessuno di questi è il caso di Corinaldo. Qui Emma Fabini, Daniele Pongetti, Asia Nasoni, Mattia Orlandi, Benedetta Vitali ed Eleonora Girolimini hanno trovato la morte in una serata come tante altre. Ma qualcosa è andato storto. La discoteca di Ancona, infatti, aveva venduto 1.400 biglietti per il concerto di Sfera Ebbasta, ma la capienza rasentava gli 800 posti. Non solo, alcune delle apposite uscite di sicurezza erano chiuse e la calca si è diretta verso l’unica porta disponibile. Il sovraffollamento ha generato così il cedimento della balaustre del passaggio che consentiva la via di fuga ai presenti.
Insomma da Nord a Sud non ci sono eccezioni, la sicurezza nei luoghi pubblici è la piaga di tutta Italia. Dopo l’ultima tragedia le Regioni e i Comuni hanno però messo le mani avanti: in Campania sono stati moltissimi i controlli a tappeto che hanno smascherato due discoteche del litorale, solite ad accogliere persone oltre la capienza massima autorizzata. Mentre a Milano la magistratura si è già impegnata a controllare i locali pubblici affinché siano garantite le misure previste dalla legge. A Roma, invece, la Cassazione ha stretto la morsa sui gestori delle discoteche già nel lontano 2015. Il verdetto della suprema corte era stato emesso dopo il ricorso partito da Nepentha (discoteca meneghina frequentata all’epoca da personaggi famosi), sequestrata a causa di varie irregolarità nel locale, tra cui un numero di persone superiore alla capienza ed ingenti anomalie nelle uscite d’emergenza.
Esattamente due anni dopo nella Capitale è approdato il protocollo territoriale Sicurezza nelle discoteche, finalizzato ad elevare le garanzie di salvaguardia all’interno e in prossimità delle discoteche. Tra le novità: divieto d’accesso per quanti abbiano assunto nello stesso locale comportamenti pericolosi e l’ordine pubblico; previsione di un numero minimo di addetti ai servizi di controllo nei locali; installazione di apparati di videosorveglianza; previsione di corsi di formazione volti a prevenire l’abuso di alcool non solo per gli addetti ai servizi di controllo, ma anche per quanti somministrano bevande alcoliche. «Un buon punto d’arrivo e allo stesso tempo di partenza» esultava Franco Cecconi, Presidente Aiss (Associazione Italiana Sicurezza Sussidiaria). Nonostante ciò i tempi non sono cambiati, il Belpaese sembra ancora carente sul tema. E i casi di cronaca purtroppo ci danno ragione. A cosa serve dunque rispettare tutte queste regole, se poi il buttafuori di turno si lascia persuadere da qualche spiccio?