A distanza di un mese dall’intervento, Alessandro Montresor, Alex, sta bene e verrà dimesso oggi, 24 gennaio, dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Il bambino è stato sottoposto con successo al trapianto di cellule staminali di midollo osseo da genitore. Si tratta di una tecnica sperimentale, nella quale l’ospedale della capitale è un’eccellenza a livello mondiale.
Il piccolo Alex è nato con una rara malattia scoperta poco tempo fa, la linfoistiocitosi emofagocitica, e la mancanza di un donatore in breve tempo gli sarebbe costata la vita. In casi come questi, come accade per le leucemie, il trapianto ha come prima scelta quella di un fratello o di una sorella compatibili. Il bambino però è figlio unico e, dopo che la ricerca di un donatore compatibile di midollo osseo è risultata vana, si è ricorso al padre.
In Italia, sono state migliaia le persone che si sono mobilitate con una gara di solidarietà, per sottoporsi volontariamente ai test messi a disposizione dall’Admo, ma nessuna di loro è risultata compatibile.
Durante il ricovero all’Ospedale Great Ormond Street di Londra, città in cui il piccolo Alex vive con i genitori, il bambino era stato curato con un farmaco sperimentale, la cui efficacia tende però a diminuire nel tempo. Si era reso necessario, pertanto, arrivare al più presto possibile al trapianto. Si sono così avviati i primi contatti con il professore Franco Locatelli, direttore del dipartimento di oncoematologia e medicina trasfusionale al Bambino Gesù. Il bimbo è stato trasferito a Roma, dove è stato sottoposto all’intervento che ha visto come donatore il padre.
Ora Alex sta bene e, come scrive l’Ospedale romano, è «in buone condizioni di salute. Le cellule del padre, a distanza di un mese dal trapianto, hanno perfettamente attecchito, ripopolando adeguatamente il sistema emopoietico e immunitario del paziente». Non si sono dunque registrate complicanze «né sul piano infettivo, né sul piano del rigetto, il problema principale per situazioni di questo tipo» continua la nota.
Alex dovrà continuare a essere monitorato accuratamente con visite periodiche nel reparto di Day Hospital del Bambino Gesù, prima a cadenza settimanale, poi via via, sempre più distanziata.
«Siamo rimasti affascinati dall’empatia e dall’intensità che tutte le persone del “Bambino Gesù” mettono nei casi che seguono – ha commentato il papà di Alessandro. E siamo grati a tutti gli italiani che si sono mobilitati per aiutare Alex. La cultura del dono è qualcosa che viene insegnata dai genitori, noi non abbiamo fatto nulla. Forse abbiamo solo rappresentato, in maniera più semplice, che la donazione non è qualcosa di invasivo che mette a rischio la vita delle persone».