Morto in carcere Totò Riina. Maria Falcone: «Non gioisco ma non perdono»

Totò Riina è morto nel reparto detenuti dell’ospedale Maggiore di Parma. Il “Capo dei Capi” aveva compiuto ieri 87 anni. È morto alle 3.37 della notte tra il 16 e il 17 novembre. Operato due volte nelle scorse settimane, le condizioni del boss si erano aggravate una decina di giorni fa dopo l’ultimo intervento, quando era entrato in coma. La Procura di parma ha disposto l’autopsia sulla salma perché, spiega il procuratore Antonio Rustico, «il decesso è avvenuto in ambiente carcerario e quindi richiede completezza di accertamenti, a garanzia di tutti». Nonostante i familiari del boss avessero ricevuto un permesso straordinario dal ministro della Giustizia, non sono riusciti a incontrarlo prima che morisse.

In detenzione al 41 bis da 24 anni, per gli inquirenti Totò Riina era ancora il capo di Cosa nostra. Stava scontando 26 condanne all’ergastolo per decine di omicidi e stragi tra le quali quella di viale Lazio, gli attentati del 1992 in cui persero la vita Falcone e Borsellino e quelli nel Continente del 1993. L’ultimo processo a suo carico, ancora in corso, era quello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, in cui è imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato.

«Non gioisco per la sua morte, ma non posso perdonarlo», dice Maria Falcone. «Come mi insegna la mia religione – continua la sorella del giudice ucciso nella strage di Capaci – avrei potuto concedergli il perdono se si fosse pentito, ma da lui nessun segno di redenzione è mai arrivato. Il forte rimpianto che in vita non ci abbia svelato nulla della stagione delle stragi e dei tanti misteri che sono legati a lui».

«Totò Riina, uno dei capi più feroci e spietati di Cosa nostra, è morto», commenta il presidente del Senato Pietro Grasso. «La pietà di fronte alla morte di un uomo – aggiunge Grasso su Facebook – non ci fa dimenticare quanto ha commesso nella sua vita, il dolore causato e il sangue versato. Porta con sé molti misteri che sarebbero stati fondamentali per trovare la verità su alleanze, trame di potere, complici interni ed esterni alla mafia, ma noi, tutti noi, non dobbiamo smettere di cercarla».

Per Riina «un funerale pubblico non è pensabile», dichiara don Ivan Maffeis, portavoce della Cei. «Ricordo – aggiunge Maffeis – la scomunica del Papa ai mafiosi, la condanna della Chiesa italiana che su questo fenomeno ha una posizione inequivocabile. La Chiesa non si sostituisce al giudizio di Dio ma non possiamo confondere le coscienze».

«Morto Riina: mi auguro abbia anche sofferto». E ancora, «doveva essere ammazzato prima», «marcisci presto». Nessuna pietà Totò Riina dal popolo di Twitter e Facebook. Secondo altri utenti, per la morte del boss «bisogna solo festeggiare». Altri postano una foto di Falcone e Borsellino, con la didascalia «Quando muore un assassino noi ricordiamo le vittime. Viva gli onesti».

 

Un’esplosione di frasi su Twitter e Facebook, tutte (salvo rarissime eccezioni che invocano il silenzio ma non certo il perdono) cariche di disprezzo verso il mafioso responsabile di omicidi e attentati, al quale non si risparmia neanche l’insulto postumo: «Ci ha messo pure tanto, alla fine era ora che smettesse di rubare ossigeno a chi se lo merita davvero»; «Così dovrebbero morire i mafiosi: anni in un buco a morire tra atroci sofferenze, soli e disprezzati, senza alcun briciolo di potere. Che la terra non ti sia lieve»; «Finalmente Riina è morto. Marcisci presto», «Dovevi crepare prima pezzo di merda».

 

(FG)

No Comments Yet

Leave a Reply