La morte di Luigi Caiafa, 17enne napoletano, per mano di un poliziotto, mentre stava compiendo una rapina con un complice il 4 ottobre 2020, è solo uno degli ultimi episodi di cronaca che hanno contribuito ad accendere un riflettore sul problema della devianza minorile a Napoli. Quello di Luigi non è un caso isolato: nel capoluogo partenopeo è a rischio il futuro di numerosi minori.
In un mese, dal 20 gennaio al 20 febbraio 2021, sono 18 i reati commessi da ragazzini non ancora maggiorenni nell’area metropolitana di Napoli. Escludendo il 2020, anno segnato dalla pandemia e dai lockdown, nel 2019, secondo quanto riportato dalla Polizia, sono stati denunciati 268 minori e 33 sono stati arrestati. A questi vanno sommati poi i dati dei Carabinieri, secondo cui nel 2019 gli under 18 finti dietro le sbarre sono stati 51.
A Napoli i reati più gravi commessi da minori
Da questi dati emerge un aspetto interessante: nel capoluogo partenopeo, si consuma un numero di reati in linea con quello delle altre grandi città come Milano o Roma. È quanto emerge anche dal terzo rapporto Criminalità e sicurezza a Napoli a cura di Giacomo Di Gennaro e Riccardo Marselli, entrambi docenti all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Considerando il biennio 2016-2017, con 5.080 segnalazioni, Roma è la prima città per numero di minorenni denunciati/arrestati non solo rispetto alla macroarea di riferimento, cioè il Centro Italia, ma anche a tutto il territorio nazionale. Segue Milano con 3.897, che si attesta prima in classifica in tutto il Nord-Ovest. Terza Napoli con 3.707 segnalazioni: il capoluogo partenopeo è la prima città del Sud Italia.
Ma la situazione è tutt’altro che rassicurante, perché a Napoli la tipologia dei reati commessi è più grave. Nello stesso report della Federico II, è stato calcolato il “rapporto di gravità dei reati minorili”: un indice derivato dal rapporto tra l’ammontare delle pene medie edittali (il valore della pena media edittale è il risultato della media tra la pena massima e quella minima prevista dal Codice penale per ciascun reato) relative alle segnalazioni raccolte in un anno e il corrispondente ammontare complessivo dei reati denunciati nello stesso arco di tempo.
Da questo calcolo emerge che Napoli occupa, da diversi anni, le prime posizioni nella classifica delle città dove vengono commessi i reati più gravi. Secondo le informazioni generate da questo indice, infatti, per ogni reato commesso qui tra il 2004 e il 2017 corrisponderebbe l’applicazione di una pena pari a circa quattro anni (49,2 mesi). Un valore medio che si distanzia molto da quello rilevato per il totale della metroarea (espressione utilizzata per indicare la somma dei valori corrispondenti alle singole città metropolitane) che si attesta invece a 42,7 mesi.
«Non è quindi – si legge nel rapporto – l’addensamento quantitativo dei reati che rende Napoli una città dove il problema della devianza grave minorile desta preoccupazione, quanto l’addensamento qualitativo dei crimini commessi in un tessuto sociale già fortemente inquinato dalla presenza di clan di camorra». L’intervento educativo si rivela molto difficile, perché questi ragazzi vengono arruolati dalla criminalità organizzata che è in grado di fornire risposte a molti dei loro bisogni.
Salvatore Iodice, dalla “palude” della droga a Miniera: storia di un riscatto
Lo scoppio della pandemia non ha fatto che rendere ancora più preoccupante la condizione dei minori a Napoli. «La nostra è una realtà veramente difficile – ha spiegato Maria De Luzenberger, procuratore della Repubblica per i minorenni a Napoli – e temo che questa pandemia abbia determinato, e determini ancora, una battuta di arresto, un arretramento di quello che si è fatto in questi anni». È per questo che realtà, come quella del laboratorio Miniera nei Quartieri Spagnoli, meritano di essere raccontate e portate all’attenzione della società.
Miniera, nasce nel 2006 con l’obiettivo di dare un futuro ai ragazzi di uno dei quartieri più difficili del capoluogo partenopeo, insegnando loro ad utilizzare martello, seghe e pennelli coi quali riqualificare mobili ed altri oggetti. Bambini ed adolescenti che altrimenti rischierebbero di finire per strada, assoldati dalla camorra. Il fondatore è Salvatore Iodice, consigliere della Municipalità 2 per Europa Verde con una storia di tossicodipendenza alle spalle.
È durante la sua permanenza in carcere, a causa di una rapina, che Salvatore decide di dare una svolta alla sua vita fondando il laboratorio in Vico Tre Regine, da cui poi è nata anche un’associazione culturale.
«A differenza di quanto accaduto a me – spiega Salvatore – che da piccolo ero incuriosito dalla bottega di un falegname che, però, non mi ha mai permesso di entrate, io ho aperto le porte del mio laboratorio a tutti. Invitiamo i ragazzi a frequentarlo anche solo per dargli modo di conoscere gli attrezzi».