L’accusa è di “associazione con finalità di terrorismo” per i due cittadini egiziani di 51 e 23 anni, padre e figlio, residenti in provincia di Como. Sayed Fayek Shebl Ahmed, 51 anni, è stato arrestato all’alba di venerdì 26 gennaio nella sua abitazione, mentre il figlio maggiore Saged Sayed Fayek Shebl Ahmed è latitante in Siria, dove ha combattuto a fianco dell’Isis.
Problemi anche per la moglie dell’uomo arrestato, una quarantacinquenne marocchina, che è stata rimpatriata nel suo paese d’origine, con un provvedimento firmato dal ministero dell’Interno, per “motivi di sicurezza pubblica”.
Il capo della Digos di Milano, Claudio Ciccimarra, spiega che «una famiglia così radicalizzata non ci era mai capitata. Erano esclusi solo il figlio 22enne e la figlia 20enne.» Il padre era stato combattente jihadista durante la guerra in Bosnia e dalle intercettazioni nella loro casa di Fenegrò, in provincia di Como, emerge come l’uomo avesse spinto Saged ad arruolarsi nelle file dell’Isis in Siria, sostenendo che un figlio combattente vale più di mille preghiere. Per mantenere il giovane radicalizzato il padre gli inviava anche un assegno mensile di 200 euro.
Con il figlio minore Hamza, inserito nella società occidentale e lontano dalle ideologie estremiste diffuse nella sua famiglia, Ahmed usava parole durissime, definendolo «un cane» e spiegandogli che viveva «nel peccato» perché aveva una compagna italiana.
L’ultima persona ad essere arrestata con l’accusa di terrorismo in Italia era stata una 35enne di origine marocchina, fermata dalla Digos di Milano lo scorso 24 dicembre all’aeroporto di Malpensa, dopo essere stata in Siria con i figli per arruolarsi nell’Isis. (af)