Milano, 30mila in piazza contro violenza sulle donne e patriarcato

Milano scende in piazza contro i femminicidi. Oltre 30 mila persone in largo Cairoli per il presidio “Il patriarcato uccide”, convocato il 25 novembre, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. A scandire la manifestazione il rumore di cori, pentole, fischietti e soprattutto mazzi di chiavi, simbolo del pericolo che spesso si cela tra le mura di casa. E poi, un lungo momento di silenzio, mentre dal palco venivano letti i nomi delle 107 donne vittime di femminicidio nel 2023. Terzultimo quello di Giulia Cecchettin, la 22enne uccisa a coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta. 

Il presidio in piazza

Diversi i volti noti: dall’attore Claudio Santamaria alla giornalista Francesca Barra, sino all’influencer Chiara Ferragni, in piazza con il cartello “We should all be feminists”. Presente anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che dal palco ha letto il nome di Giulia Tramontano, la giovane incinta di sette mesi uccisa lo scorso 27 maggio dal compagno e padre del bambino Alessandro Impagnatiello. 

 

Cominciato intorno alle 11.00 e proseguito senza disordini, il presidio si è concluso verso le 12.30, con i manifestanti che intonavano slogan come “L’assassino non è malato, è il figlio sano del patriarcato” e “Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”. Nel defluire, molte persone si sono unite in un corteo spontaneo che si è spostato verso il Duomo, passando da via Dante. Quella di Milano non è stata comunque l’unica mobilitazione: in piazza anche a Roma, Napoli, Firenze, Torino, Genova, Palermo, Parma e in molte città d’Italia.

Le proposte dei manifestanti

A Milano erano presenti persone di tutte le età: giovani, adulti, ma anche anziani e bambini. Molti di loro con il volto dipinto da una mano rossa o un segno di rossetto sulla guancia. Se tutti concordano sulla necessità di agire per risolvere il problema, diverse però sono le opinioni circa le misure da adottare e le cause alla radice del fenomeno. Beatrice, ad esempio, ritiene che il ddl femminicidi appena varato dal Governo non serva a nulla: «Sono già state adottate delle misure per inasprire le pene, ma quel che serve sono riforme concrete per aumentare l’indipendenza delle donne, anche a livello economico». Anna, da giurista, aggiunge che «l’inasprimento delle pene non rappresenta una soluzione. A noi serve agire prima».

 

Una delle soluzioni potrebbe essere la cosiddetta educazione affettiva. «Oltre alle leggi – sottolinea Greta – si dovrebbe cambiare il modo di pensare. E l’insegnamento nelle scuole potrebbe portare a un cambio di mentalità». Dello stesso avviso anche Beatrice: «È importante parlare ed essere coscienti del problema. Però non è risolutivo». Altri invece esprimono posizioni più radicali: «Il patriarcato è un parente stretto del capitalismo», afferma Vanessa. «Bisogna superare questo sistema economico».

La colpa è degli uomini?

In questi giorni si è poi parlato del ruolo degli uomini e delle colpe che indirettamente avrebbero nei femminicidi. Celebrità del calibro di Francesco Renga e Claudio Marchisio si sono ad esempio scusati sui social a nome di tutto l’universo maschile. Ma alcuni non sembrano apprezzare l’iniziativa. «Delle scuse non ce ne facciamo niente – commenta Anna – soprattutto se poi non c’è una presa di responsabilità da parte di tutti». Come sottolinea Beatrice, «è sbagliato colpevolizzare l’uomo in generale. Solo alcuni sono arretrati, non tutti».

 

Gualtiero, uomo e padre di tre figlie, ricorda invece il ruolo fondamentale della famiglia nella lotta alla violenza di genere: «Per educare i nostri figli bisogna esserci, bisogna parlarci e partecipare alle loro vite. L’educazione affettiva – aggiunge – può essere utile, ma senza le famiglie non serve a niente».

Al di là delle divergenze d’opinione, il presidio “Il patriarcato uccide” rappresenta un segnale nella lotta alla violenza di genere. Un primo passo verso una presa di coscienza reale circa la gravità del problema. Un vero e proprio messaggio lanciato da persone di tutte le generazioni. «Questa energia mi dà speranza e tanta voglia di fare», commenta infatti Mariangela. «Non bisogna fermarsi al tuono: bisogna scatenare una tempesta».

A cura di Thomas Fox, Andrea Carrabino e Alessandro Dowlatshahi

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